L’esercito di lobbisti delle fossili che inquina la Cop28
Alla Cop28 di Dubai si sono presentati 2.456 lobbisti dell'industria fossile. Il quadruplo rispetto alla Cop27 di Sharm el-Sheikh del 2022
Erano 503 alla Cop26 di Glasgow, nel 2021. Sono diventati 636 alla Cop27 di Sharm el-Sheikh, lo scorso anno. E stavolta, alla Cop28 di Dubai, si sono presentati in 2.456. Parliamo dei lobbisti del settore delle fossili. Un esercito di persone addestrate e pagate con un obiettivo: far fallire i negoziati. Evitare che possano essere prese decisioni troppo stringenti in termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Scongiurare rischi di contraccolpi per le aziende che rappresentano.
I dati sui lobbisti delle fossili forniti da una coalizione di 450 organizzazioni non governative
A fornire i dati è un’analisi della coalizione Kick Big Polluters Out – della quale fanno parte 450 organizzazioni non governative, incluse Global Witness, Greenpeace, ActionAid e Transparency International – che ha calcolato il numero di accrediti chiesti per partecipare alla ventottesima Conferenza mondiale delle Nazioni Unite, negli Emirati Arabi Uniti.
Va detto che, quest’anno, il numero di partecipanti è cresciuto enormemente rispetto alle edizioni precedenti. A Dubai si sono presentati 88mila tra delegati, osservatori e giornalisti. Si tratta all’incirca del triplo rispetto alla Cop27. Ma, anche proporzionalmente, il totale di lobbisti delle fonti fossili è cresciuto ancora di più.
Come già accaduto in precedenza, si tratta della terza “nazione” più rappresentata alla conferenza. Anche perché, spiega la stessa coalizione, il numero è probabilmente sottostimato. Esso si basa infatti solamente sui dati pubblici. All’interno della Cop28 potrebbero essere presenti numerosi altri “emissari” di compagnie che sfruttano carbone, petrolio e gas, mascherati da innocui osservatori.
Solamente gli Emirati Arabi Uniti e il Brasile hanno inviato più delegati alla Cop28
Solamente il Brasile, che accoglierà la Cop30 nel 2025, si è presentato con una delegazione più nutrita (oltre tremila persone). La nazione sudamericana è seconda soltanto soltanto agli Emirati Arabi Uniti, che ospitano la conferenza e presentano 4.500 delegati, ai quali si aggiungono 4.900 invitati. Soprattutto, il numero di lobbisti presenti è nettamente superiore al totale degli delegati delle dieci nazioni considerate più vulnerabili di fronte ai cambiamenti climatici. Che hanno potuto far arrivare a Dubai solamente 1.509 rappresentanti. Per non parlare delle popolazioni indigene, che sono rappresentate soltanto da 316 persone.
Per far comprendere l’importanza che riveste la Cop28, basti pensare che l’Italia ha inviato funzionari di Eni, la Francia l’amministratore delegato di TotalEnergies, e in quota Unione Europea ci sono dipendenti di BP, ExxonMobil e della stessa Eni. Per conto di organizzazioni professionali, a Dubai si sono presentati anche lobbisti di Shell e Equinor.
Gli sponsor discutibili
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Non solo Big Oil, anche Big Meat
Secondo alcuni documenti esaminati da DeSmog e dal Guardian, anche i maggiori produttori mondiali di carne si sono organizzati per essere presenti in forze alla Cop28. Per «raccontare la nostra versione della storia e raccontarla bene». I documenti, prodotti dalla Global Meat Alliance (GMA), finanziata dall’industria, sottolineano il desiderio della lobby della carne di promuovere «le nostre prove scientifiche» durante il vertice.
Si stima che le emissioni delle tre maggiori aziende produttrici di carne al mondo siano significativamente maggiori di quelle dei giganti petroliferi Shell e BP, mentre il contributo del 3,4% dell’industria lattiero-casearia alle emissioni globali supera quelle del trasporto aereo.
A sostenere Big Meat nei suoi sforzi di pressione sarebbe la società di pubbliche relazioni Red Flag, che in passato ha esercitato pressioni sui regolatori dell’Ue per conto del gruppo americano dell’industria della carne e di un’importante azienda di tabacco.