Sui media italiani poco clima e tante pubblicità di aziende inquinanti

I media italiani continuano ad essere molto poco attenti alla crisi climatica, salvo in caso di grandi eventi o catastrofi

I giornali italiani sono mediamente poco interessati ai cambiamenti climatici © BrianAJackson/iStockPhoto

La crisi climatica continua a occupare poco spazio su stampa e televisione italiane. In compenso sui principali quotidiani aumentano le pubblicità delle aziende maggiormente responsabili del riscaldamento globale. A conferma dell’influenza che queste aziende esercitano sul mondo dell’informazione. È ciò che emerge del nuovo studio commissionato da Greenpeace all’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione.

Lo studio è parte di un monitoraggio iniziato lo scorso anno per verificare in che modo la stampa e le televisioni parlano di crisi climatica, verificando l’influenza delle aziende e la correttezza e completezza delle informazioni. L’aggiornamento pubblicato il 29 marzo prende in considerazione il periodo settembre-dicembre 2022. Analizzando come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 e da un campione di programmi televisivi di approfondimento.

Sui principali quotidiani meno di 3 articoli al giorno parlano di crisi climatica

Negli ultimi mesi del 2022 è diminuito rispetto al periodo precedente il numero di articoli in cui si parla esplicitamente di crisi climatica. Nei quattro mesi tra settembre e dicembre la ricerca rileva una media di 2,5 articoli al giorno. Con un picco a novembre in occasione della Cop27 di Sharm el-Sheikh e dell’alluvione che ha colpito l’isola di Ischia.

In compenso, però, è aumentato lo spazio offerto dai giornali alle pubblicità delle aziende di settori maggiormente responsabili della crisi climatica: combustibili fossili, automotive, compagnie aeree e crocieristiche. La media è di oltre 6 pubblicità a settimana, cioè quasi una al giorno. Il doppio rispetto ai quattro mesi precedenti.

Analizzando i soggetti che hanno più voce nel racconto della crisi climatica si conferma l’influenza del mondo economico su quello dell’informazione. È solo grazie alla Cop27 se politici e istituzioni internazionali occupano il primo posto (27%) davanti alle aziende (15%) che superano associazioni ambientaliste (14%), esperti (10%) e politici e istituzioni nazionali (10%).

In base ai risultati della ricerca, Greenpeace aggiornato la classifica dei principali quotidiani italiani. Considerando la media dei cinque parametri valutati per ciascun giornale, solo Avvenire supera la sufficienza (3,4 punti su 5). Scarsi invece i punteggi de Il Sole 24 Ore (2,6) e La Stampa (2,4), bocciati invece il Corriere (2,2) e la Repubblica (2,0).

Il clima nei TG della sera e nelle trasmissioni di approfondimento

Nei telegiornali della sera si è registrato un lieve aumento della copertura. Anche se si è parlato di crisi climatica in meno del 3% delle notizie trasmesse. Il TG1 e il TG3 sono i telegiornali che hanno dedicato più spazio, mentre fanalino di coda si conferma il TG La7 di Enrico Mentana, con appena l’1,4% dei servizi trasmessi. 

Nei programmi televisivi di approfondimento si è infine dato spazio alla crisi climatica in 116 delle 450 puntate monitorate, pari al 26% del totale. In leggero calo rispetto al quadrimestre precedente. La trasmissione più virtuosa è Unomattina di Rai1, mentre in fondo alla classifica si trovano le due trasmissioni di La7: L’Aria che tira Otto e mezzo. La scarsa attenzione al problema mostrata dai programmi di La7 rispecchia una linea editoriale che privilegia il racconto della politica, in cui la crisi climatica, come documentato anche durante l’ultima campagna elettorale, è un argomento assai trascurato.