Munich Re rompe con le alleanze per il clima: «Troppa incertezza legale»
Anche il colosso della riassicurazione Munich Re si sfila dalle principali coalizioni per il clima, descrivendole come ambigue e poco efficaci
Mentre scriviamo questo articolo, aprendo la home page del colosso della riassicurazione Munich Re compaiono in bella vista le previsioni sulla prossima stagione degli uragani negli Stati Uniti. Fanno parte di una serie di articoli seri e rigorosi sulle conseguenze dei cambiamenti climatici. Sempre nello stesso sito, nella sezione dei comunicati stampa, ce n’è uno del 6 giugno 2025 in cui la stessa Munich Re annuncia di aver lasciato quattro diverse coalizioni per il clima. Ritenendole «ambigue» in termini legali.

Crisi climatica: Munich Re sa bene quanto costa
Munich Re è una compagnia di riassicurazione. Ciò significa che le comuni società assicurative le cedono parte del rischio al fine di tutelarsi da fenomeni enormi, imprevedibili e costosi che non sarebbero in grado di coprire soltanto con le loro forze. Come, per esempio, le catastrofi naturali che il riscaldamento globale rende sempre più frequenti e distruttive. Questa “assicurazione delle assicurazioni” è indispensabile affinché il sistema resti stabile anche di fronte a shock gravi e improvvisi.
Di conseguenza, Munich Re ha una conoscenza profonda delle dinamiche e delle conseguenze della crisi climatica. Suo è uno dei più autorevoli rapporti annuali sugli eventi meteo estremi nel mondo. Il più recente riferisce che nel 2024 i disastri naturali hanno provocato perdite economiche totali pari a 320 miliardi di dollari, di cui circa 140 miliardi erano assicurati. Un dato, quest’ultimo, che è il terzo più alto registrato dal 1980 in poi.
Perché Munich Re abbandona le alleanze per il clima
Non stupisce dunque che Munich Re, oltre a essere tra i firmatari dei Principi per gli investimenti responsabili, abbia aderito – direttamente o tramite società controllate – alle principali coalizioni per il clima. Vale a dire la Net zero asset owner alliance (Nzaoa) che riunisce i proprietari del capitale investito. Climate Action 100+, con la quale gli investitori vogliono fare pressione sulle aziende che emettono le maggiori quantità di gas serra. La Net zero asset manager iniziative (Nzam) dedicata agli asset manager. E infine l’Institutional investors group on climate change che riunisce circa 400 investitori istituzionali. Ora, però, sceglie di abbandonarle in blocco.
«Osserviamo una crescente ambiguità nella valutazione delle iniziative private all’interno dei quadri normativi e regolatori vigenti nelle diverse giurisdizioni, con il rischio di requisiti normativi conflittuali e conseguente incertezza legale». L’azienda motiva così la sua decisione, precisando inoltre che «le divulgazioni legate al clima e gli obblighi amministrativi connessi sono diventati molto complessi, anche a causa della frammentazione delle normative e della varietà delle adesioni. Tali obblighi risultano, inoltre, sproporzionati rispetto all’impatto effettivo raggiunto in termini di protezione del clima». Insomma, Munich Re ritiene di poter perseguire i propri obiettivi climatici «in modo più mirato ed efficace agendo autonomamente».
Munich Re e l’esodo dalle alleanze per il clima
Non è nemmeno la prima volta. Già nel 2023 Munich Re aveva abbandonato la Net-zero insurance alliance (Nzia) paventando rischi legati alle normative sulla concorrenza. Da allora, la rete di assicurazioni per il clima si è sciolta per poi ripartire con un nuovo nome. Anche le altre coalizioni non se la passano molto meglio. Quella che riunisce gli asset manager è entrata lo scorso gennaio in una lunga pausa di riflessione dopo la defezione di BlackRock, il nome in assoluto più influente del settore. La Climate Action 100+ ha provato ad avviare una “fase 2” dei propri lavori, molto più ambiziosa, proprio mentre negli Stati Uniti si infittiva la battaglia anti-finanza sostenibile dei Repubblicani. Il risultato? Un esodo silenzioso e inesorabile.
Munich Re è una società tedesca e, dunque, finora non ha subito direttamente le azioni legali intentate da Stati e procuratori repubblicani statunitensi. Ma, nella sua nota, fa trasparire una certa disillusione sul senso di prendere parte a queste iniziative, in un momento storico in cui sembrano portare con sé più problemi che risultati reali. Questo è un tema, senza dubbio. Le varie coalizioni però sembrano piuttosto riluttanti all’idea di prenderlo di petto. Finora hanno preferito cercare di restare a galla, anche a costo di annacquare le regole e gli impegni che giustificavano la loro stessa esistenza.
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