Il Nobel per l’Economia 2024 alle ricerche sulle disuguaglianze tra Paesi

Cosa dicono gli studi di Daron Acemoglu, Simon Johnson e James A. Robinson, insigniti del premio Nobel per l’Economia nel 2024

Daron Acemoglu, Simon Johnson e James A. Robinson, insigniti del premio Nobel per l’Economia nel 2024 © Niklas Elmehed/Nobel Prize Outreach

Immaginiamo di suddividere gli Stati del mondo in gruppi a seconda della loro prosperità. Da un lato c’è il 20% dei più ricchi, all’estremo opposto il 20% dei più poveri. Ebbene, la ricchezza dei primi è circa 30 volte quella dei secondi. Un divario che persiste nel tempo, nonostante i passi avanti fatti dai Paesi economicamente più svantaggiati. Perché? Questa è la domanda a cui cercano di rispondere gli studi di Daron Acemoglu, Simon Johnson e James A. Robinson, insigniti del premio Nobel per l’Economia nel 2024.

Il premio Nobel per l’Economia 2024

Il premio per le Scienze economiche in memoria di Alfred Nobel è l’unico che non era previsto dal testamento di Alfred Nobel. Lo ha istituito nel 1968 la Sveriges Riksbank, la Banca centrale svedese, per celebrare i suoi trecento anni di storia. Per il resto, la procedura per l’assegnazione è la stessa prevista per gli altri cinque premi Nobel (Chimica, Fisica, Medicina, Letteratura e Pace). Esiste quindi un comitato che propone dei candidati e delle candidate all’Accademia reale svedese delle scienze, che li sceglie a maggioranza. A elargire il premio in denaro è la Sveriges Riksbank: si tratta di 11 milioni di corone svedesi (poco meno di 970mila euro), divisi in parti uguali.

Nel 2024 i vincitori sono tre, tutti docenti presso atenei statunitensi. Il turco Daron Acemoglu e il britannico Simon Johnson sono entrambi professori presso il Massachusetts Institute of Technology di Cambridge, in Massachusetts. James A. Robinson, sempre britannico, lavora invece all’università di Chicago, in Illinois. Acemoglu e Robinson sono autori di “Perché le nazioni falliscono. Le origini di potenza, prosperità e povertà”.

Sono le istituzioni a determinare la disuguaglianza tra nazioni

Secondo i tre studiosi premiati con il Nobel per l’Economia, l’assetto istituzionale è la spina dorsale della prosperità delle nazioni. Se le istituzioni non garantiscono lo stato di diritto e opprimono la popolazione, anche la crescita economica ne esce compromessa. Per dimostrare che non si tratta soltanto di correlazione ma esiste un rapporto di causa-effetto, Acemoglu, Johnson e Robinson hanno studiato la storia dell’espansione coloniale europea. Scoprendo che, spesso, questo processo ha rovesciato le sorti economiche dei territori: quelli originariamente più popolari e ricchi di risorse si sono impoveriti e viceversa.

La differenza sta proprio nel cambiamento istituzionale. Nei primi, infatti, piccoli gruppi di colonizzatori europei hanno avuto campo libero nello sfruttare le risorse locali a beneficio di pochi, limitando fortemente i diritti politici dei popoli indigeni. Nei secondi, gruppi più numerosi e strutturati di coloni hanno insediato istituzioni stabili, investendo in quella che ritenevano come la loro nuova patria. Un fenomeno, quello del ribaltamento della prosperità, che nella storia si riscontra soltanto nelle ex-colonie.

La democrazia e l’inclusione contribuiscono allo sviluppo economico

Al di là delle ovvie considerazioni in termini di equità e diritti umani, dunque, questi studi sostengono che i sistemi democratici e inclusivi, che tutelano lo stato di diritto, siano anche quelli che più contribuiscono allo sviluppo economico nel lungo termine. Al contrario, sfruttare le risorse e intascare i proventi può sembrare la strada più semplice e profittevole ma soltanto nel breve periodo e per la minoranza che detiene il potere.  

Ma come fa un Paese a uscire dalla trappola di un sistema estrattivo coniugato a un basso livello di sviluppo economico? Pur se deprivata del potere politico formale, la popolazione ha dalla sua parte la forza delle masse. Masse che possono mobilitarsi, in modo più o meno pacifico. L’élite dominante può provare a placarle promettendo riforme, ma difficilmente riesce a risultare credibile: in tal caso, l’unica via d’uscita può essere quella di allargare il potere alla popolazione.

Uno schema che i tre premi Nobel hanno applicato per spiegare l’avvento della democrazia nell’Europa occidentale tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Conclude il comunicato del comitato del Premio Nobel per l’Economia: «I loro risultati, che mostrano come le istituzioni influenzino la prosperità, evidenziano che sostenere la democrazia e le istituzioni inclusive rappresenta un’importante strada da percorrere per promuovere lo sviluppo economico».