Perché le disuguaglianze sono così dure da estirpare

Le disuguaglianze giovano di una serie di fattori economici e sociali. Che in alcuni casi illudono il "99%" meno ricco della popolazione

Leonardo Becchetti
Le disuguaglianze estreme rappresentano un problema anche per i ricchi © francescoch/iStockPhoto
Leonardo Becchetti
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I dati contenuti nel rapporto sulla ricchezza globale 2023 confermano gli effetti dell’onda lunga della globalizzazione con convergenza condizionata, al netto di fenomeni congiunturali come la riduzione degli ultraricchi in Paesi diversi dagli Stati Uniti per effetto della rivalutazione del dollaro.

La globalizzazione e il movimento della ricchezza nel mondo

La teoria della convergenza condizionata prevede che le imprese localizzino la produzione laddove i costi sono più bassi e dunque verso i Paesi poveri ed emergenti. Il fenomeno produce pertanto una crescita in quei Paesi superiore a quella dei Paesi ad alto reddito e tale crescita che si accumula determina le dinamiche della ricchezza globale.

Nei dati osservati questo significa essenzialmente cinque cose puntualmente osservate nel rapporto 2023:  i) la ricchezza mediana globale aumenta;  ii) la disuguaglianza di ricchezza tra Paesi cala; iii) la disuguaglianza di ricchezza all’interno dei Paesi aumenta con divari crescenti per livello d’istruzione; iv) la ricchezza nei Paesi poveri ed emergenti cresce.

Resta il dato impressionante delle disuguaglianze globali con la differenza tra i super-ricchi e i poveri. Per capirlo dobbiamo andare a fondo nella comprensione dell’atteggiamento nei confronti della disuguaglianza e dei meccanismi che la determinano o contrastano nei diversi Paesi.

Perché il 99% non ultra-ricco non vota compatto provvedimenti per ridurre le disuguaglianze?

Un punto di partenza molto interessante è il noto lavoro di Bonica ed altri autori “Why hasn’t democracy slowed rising inequality?”. Ovvero perché in democrazia il 99% non vota per provvedimenti che riducano le disuguaglianze (come nei casi di una tassa di successione per i super-ricchi, o provvedimenti di progressività fiscale).

La risposta è di due tipi. La prima è che le disuguaglianze non hanno sorprendentemente un impatto così negativo sulla felicità delle persone, anche di quelle con redditi più bassi. Decomponendo la disuguaglianza in quella che dipende da fattori su cui è impossibile incidere (nascita ad esempio) e quella che dipenda da fattori su cui è possibile incidere (effetti dell’istruzione), si evidenzia come la prima incida negativamente sulla soddisfazione di vita, la seconda no.

L’effetto-Hirschman e l’identificazione nelle vite dei potenti

Inoltre la disuguaglianza fa molto meno male quanto più c’è percezione (corretta o errata che sia) di mobilità sociale. Secondo l’effetto-Hirschman se ci sono due corsie di macchine bloccate per il traffico e la prima comincia a muoversi (quindi le disuguaglianze aumentano) per gli automobilisti della corsia ancora bloccata questa è una buona e non una cattiva notizia perché segnala che l’ingorgo è in via di risoluzione. Fuor di metafora la disuguaglianza può essere vista come opportunità e non come un male anche da chi è in fondo nella scala dei redditi. Per non parlare dell’identificazione degli ultimi nelle vite dei potenti che è un meccanismo ben noto dai magazine.

Il secondo meccanismo che fa persistere le disuguaglianze è quello della forza delle lobbies che le sostengono e della loro capacità di pressione sulla politica e sul mondo della comunicazione. Diventa pertanto non così sorprendente che provvedimenti come una tassa di successione per gli ultra-ricchi finiscano per essere avversati dalla maggioranza che ne trarrebbe vantaggio.

Le politiche di contrasto alla disuguaglianza passano necessariamente per una politica fiscale più progressiva e per un impegno nel combattere la disuguaglianza ex ante (quella che si determina prima della correzione fiscale). Due variabili-chiave in questo senso sono l’accesso all’istruzione e alla sanità pubblica e la loro qualità. Inutile dire quanto questo sia importante in questo momento nel nostro Paese.

Il ruolo della transizione ecologica e digitale

Fondamentali anche oggi le politiche di contrasto alla povertà e tutti i meccanismi di riqualificazione della forza lavoro per affrontare al meglio i processi di creazione e distruzione di posti di lavoro generati dalla transizione ecologica e digitale. La finanza etica e responsabile gioca e potrà giocare un ruolo molto importante favorendo accesso al credito degli ultimi e sollecitando il voto col portafoglio dei risparmiatori globali verso meccanismi di finanza più inclusivi a maggiore impatto sociale.

Le disuguaglianze estreme sono un problema non solo per chi è in basso nella scala del reddito e della ricchezza ma anche per i ricchi. Esse alimentano conflitti sociali, riducono la fiducia nelle istituzioni e generano effetti come quelli della mancanza di fiducia nei confronti della scienza e della politica alimentando fenomeni come il complottismo arrivati a livelli preoccupanti in Europa (quasi un terzo della popolazione globale).

L’impegno per combattere la povertà e contrastare le disuguaglianze è il modo migliore per essere generativi, avere impatto e dunque essere felici. Misure che aumentano il benessere di chi è in fondo alla scala sociale e riducono la disuguaglianza hanno l’impatto massimo sulla felicità collettiva e dunque sulla ricchezza di senso della nostra vita. Per questo non esiste missione più bella e capace di rendere una vita ricca di quella di lavorare per correggere questi meccanismi e migliorare le condizioni di chi sta peggio.