La carta di credito, un oggetto rivoluzionario. Intervista ad Andrea Landi

La carta di credito è tra gli oggetti che hanno cambiato la nostra vita e il nostro immaginario. Ne parlerà Andrea Landi a Modena, durante FestiValori

Carta di credito © Farknot_Architect/Unsplash

Cos’ha in comune la carta di credito con la bicicletta, la radio, la televisione, il codice a barre e il personal computer? Sono tutti oggetti rivoluzionari. È questo il titolo di un ciclo di incontri promossi da Istituto storico di Modena, Fondazione Collegio San Carlo, Associazione Centro Documentazione Donna Modena, Comitato per la Storia e le Memorie del Comune di Modena e Fondazione di Modena. Conferenze pubbliche e videointerviste in cui ogni oggetto viene raccontato non solo per la sua storia in sé, ma anche e soprattutto per la sua capacità di cambiare la vita – le abitudini, i costumi e i riti – e l’immaginario delle persone e delle comunità.

Protagonista del prossimo incontro è la carta di credito, raccontata da Andrea Landi, docente presso il dipartimento di Economia dell’Università di Modena e Reggio-Emilia. L’appuntamento è alla Sala Verde della Fondazione Collegio San Carlo di Modena venerdì 20 ottobre alle 21:00, per chiudere la prima giornata di FestiValori 2023. In attesa di ascoltare dal vivo il professor Landi, gli abbiamo chiesto qualche anticipazione.

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Perché un incontro sulla carta di credito?

Si parte dalla carta di credito per allargare il discorso al ruolo che ha avuto nell’evoluzione dell’economia e della società, in particolar modo dal secondo Dopoguerra. Trattandosi di un sostituto temporaneo della moneta, anche la carta di credito rappresenta un tassello della rivoluzione che più ha caratterizzato la nostra società, cioè l’economia monetaria: la moneta funge da intermediario degli scambi e da riserva di valore che può essere trasferito tra le unità economiche nel tempo. Perché la moneta fosse in grado di sostenere lo sviluppo economico, era necessario creare quegli strumenti di pagamento che consentissero la sua diffusione.

Perché la carta di credito è così innovativa rispetto agli altri strumenti di pagamento?

La carta di credito è innovativa perché consente l’acquisto di beni e servizi e, al tempo stesso, incorpora un’operazione di credito. È da questa combinazione che nasce uno strumento che diventa ancora più importante se inserito nella fase storica del secondo dopoguerra. In quel periodo si afferma una società dei consumi e della produzione di massa: da un lato dunque c’è una produzione di beni in grande quantità e varietà, dall’altro lato il consumo che diventa prerogativa di larghe fasce della popolazione. È la produzione stessa a dover creare le condizioni perché questa domanda si realizzi.

Ci sono dunque risvolti sociali, oltre che finanziari?

Sotto il profilo finanziario, la carta di credito è una delle determinanti di questa crescita dei consumi e modifica nel profondo i comportamenti degli individui. Si passa da una società incentrata sui cittadini, con una dimensione partecipativa, a una società incentrata sui consumatori. Questo ha delle implicazioni dal punto di vista del rapporto tra beni collettivi e beni privati.

È importante ripartire da qui per pensare a una diversa prospettiva, a un cambiamento di comportamenti che si sono affermati nel tempo e che hanno avuto effetti in parte positivi (la cosiddetta democrazia del benessere) e in parte negativi, perché i consumi si sono rivelati insostenibili e poco consapevoli. Questo è un tema su cui bisogna riflettere ed essere propositivi, cercando di sensibilizzare i cittadini e i consumatori sulle implicazioni – ambientali e non solo – dei loro acquisti.

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Bisogna sensibilizzare i cittadini e i consumatori sulle implicazioni – ambientali e non solo – dei loro acquisti © Annaspoka/Unsplash

Questi acquisti sono possibili, di fatto, grazie all’indebitamento privato…

L’altro aspetto significativo collegato alla carta di credito è proprio il rapporto creditizio che sottende questo strumento e che rappresenta uno dei fattori di cambiamento della nostra società a partire dagli anni Settanta.

Il ragionamento è semplice: la produzione deve creare il proprio consumo. Finché aumenta la produzione, aumentano i redditi e aumentano i consumi, tutto funziona molto bene. A partire dagli anni Settanta, si modificano le condizioni di crescita dei Paesi sviluppati e ciò significa che è sempre più difficile alimentare questo circuito. Questo ha un impatto soprattutto in termini di redistribuzione dei redditi, con un relativo impoverimento della classe media dei lavoratori e della classe operaia. Tutto ciò ha delle implicazioni sulla riproducibilità di questo sistema di crescita.

Qui entra in gioco la leva del debito: se i redditi limitano i consumi, la leva del debito subentra per allentare questi limiti e favorire consumi crescenti, a fronte di debito crescente. La carta di credito gioca un ruolo non secondario, perché la sua diffusione impressionante, con la crescita dei prestiti al consumo, porta a un indebitamento delle famiglie paragonabile a quello strutturale delle imprese.

Questo avviene anche perché la democratizzazione del consumo non è stata accompagnata, se non in minima parte, da una democratizzazione dell’educazione finanziaria. Quali sono le conseguenze?

Quando si considerano le conseguenze sull’instabilità del sistema, si impongono riflessioni di tipo macroeconomico ma anche micro, che chiamano in causa anche i comportamenti delle famiglie e l’educazione finanziaria. Bisogna ragionare anche su come far sì che consumatori e famiglie assumano decisioni finanziarie consapevoli e compatibili con le loro prospettive di reddito futuro. Da questo punto di vista c’è molto da fare: si tratta di capire non solo come funziona la carta di credito, ma anche quali vincoli finanziari pone.

C’è anche da dire che l’educazione finanziaria, da sola, non può risolvere tutto. È un processo lungo e reso complesso dal fatto che la società dei consumi di massa ha interessato anche una diffusione crescente degli strumenti finanziari, sempre meno comprensibili ai non addetti ai lavori. Il cittadino si sente smarrito di fronte a questa grande quantità di informazioni e strumenti che gli vengono proposti. Di sicuro serve un lavoro di educazione finanziaria importante, ma è altrettanto importante che il consumatore sia tutelato e il sistema sia regolamentato. Compiti, questi ultimi, che spettano alle autorità di vigilanza.

Qual è la via d’uscita, dunque?

Per citare Giorgio Ruffolo, “il capitalismo ha i secoli contati”: esiste, tuttora sta funzionando (anche se con modalità diverse a seconda del contesto), ma bisogna capire quali strade percorrere per modificare certi meccanismi e certe conseguenze di un consumo poco consapevole. Per esempio, bisogna ribadire con forza quanto sia necessario salvaguardare (o, meglio ancora, accrescere) i beni collettivi. Questi ultimi diventano un punto di riferimento per una società meno ingiusta e più consapevole delle criticità di uno sviluppo che, se continua con questi ritmi, non sarà sostenibile nel prossimo futuro.

Un cambiamento ci deve essere e alcuni percorsi sono stati intrapresi. Oggi, per esempio, si assiste a un tentativo di orientare la finanza verso la sostenibilità, per fare in modo che le imprese vengano finanziate o sostenute nel riorientamento della propria attività produttiva verso il rispetto dell’ambiente e dei diritti umani. Ci sono dei segnali rilevanti: non sono ancora sufficienti, ma la strada da intraprendere è questa.