«Ora o mai più». L’IPCC indica la strada per salvare il clima della Terra

Pubblicata la terza parte del Sesto rapporto dell’IPCC sui cambiamenti climatici. Ecco cosa dobbiamo fare per vincere la battaglia

Per l'IPCC occorre puntare su eolico e solare, i cui costi sono crollati negli ultimi anni © Stefan Dinse/iStockPhoto

«Ultima possibilità». «Bivio». «Calo drastico e immediato». Ciò che colpisce di più, nel comunicato con il quale l’IPCC ha accompagnato la pubblicazione della terza ed ultima parte del suo Sesto rapporto (AR6), è la difficoltà nel trovare le parole. Nel veicolare in tutta la sua drammaticità i contenuti di un lavoro che ha coinvolto 278 scienziati provenienti da 65 nazioni di tutto il mondo. Che hanno analizzato migliaia di studi e quasi 60mila commenti di esperti. Concludendo che «senza un’azione immediata ed epocale in termini di riduzione dei gas ad effetto serra in tutti i settori» non potremo centrare gli obiettivi climatici che si è fissata la comunità internazionale. 

Gia superati gli 1,1 gradi di riscaldamento globale

Si tratta dell’ennesimo campanello d’allarme in arrivo dal Gruppo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite. Che, appunto, ha già consumato tutte le parole, le metafore e gli esempi a disposizione per tentare di convincere i governi ad agire. 

La prima parte del rapporto è stata pubblicata nell’agosto del 2021, e si è concentrata sull’accelerazione senza precedenti del riscaldamento globale. La temperatura media sulla superficie degli oceani e delle terre emerse ha infatti superato già gli 1,1 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali. E potrebbe arrivare a 1,5 gradi, secondo uno studio pubblicato dalla rivista Nature, già nel 2031. Mentre l’Accordo di Parigi chiede(va) di non oltrepassare tale soglia alla fine del secolo. 

Per l’IPCC dobbiamo puntare su solare e eolico, i cui costi sono crollati

La seconda parte è invece arrivata alla fine dello scorso mese di febbraio, e descrive gli impatti sempre più generalizzati e devastanti per le popolazioni e gli ecosistemi del Pianeta. Ora, l’ultimo macro-capitolo del rapporto – intitolato “Climate Change 2022: Mitigation of climate change” – è dedicato alle soluzioni. A ciò che possiamo ancora fare, concretamente, per ridurre le emissioni e mitigare, almeno in parte, i cambiamenti climatici. Partendo da un dato: tra il 2010 e il 2019 la media annuale di emissioni di CO2 nell’atmosfera ha raggiunto i livelli più alti della storia dell’umanità. Ma il ritmo della crescita, per lo meno, è diminuito

Una piccola speranza alla quale aggrapparsi. Assieme al fatto che «a partire dal 2010, si sono registrati enormi cali nei costi della produzione di energia solare ed eolica». L’abbattimento è arrivato anche all’85% del totale. E anche le batterie, utili per accumulare l’energia e sopperire così all’intermittenza delle due fonti rinnovabili, costano sempre meno. Inoltre, prosegue l’IPCC, «un crescente numero di leggi e regolamentazioni ha migliorato l’efficienza e ridotto i tassi di deforestazione».

L’IPCC: occorre agire in ogni settore

Ciò nonostante, ha spiegato il presidente dell’organismo Hoesung Lee, «siamo ad un bivio. Le decisioni che assumiamo oggi posso rendere sicuro e sostenibile il futuro. Abbiamo a disposizione gli strumenti e le conoscenze necessarie per limitare il riscaldamento globale. E sono incoraggianti alcune scelte adottate da numerosi governi. Se verranno incrementate e applicate in modo ampio ed equo, potremo sostenere la riduzione delle emissioni e stimolare l’innovazione». 

In che modo? Agendo in ogni settore. A partire da quello energetico, «con una riduzione sostanziale dell’uso di fonti fossili, un’elettrificazione generalizzata, migliorando l’efficienza e l’uso di combustibili alternativi come l’idrogeno». «Con le politiche giuste – ha commentato Priyadarshi Shukla, co-presidente del Terzo gruppo di lavoro dell’IPCC – possiamo ridurre del 40-70% le emissioni entro il 2050. Sappiamo tra l’altro che i cambiamenti nei nostri stili di vita possono garantirci più benessere e salute». Un apporto fondamentale può arrivare inoltre dalle città, che possono abbattere i consumi, elettrificare i trasporti e puntare su fonti a basso impatto. 

Al contempo, l’industria – settore dal quale dipende un quarto delle emissioni globali – è chiamata ad utilizzare materiali più sostenibili, a puntare sul riciclo e il riutilizzo, nonché a minimizzare i rifiuti. Mentre per le materie di base come l’acciaio, quelle chimiche o utilizzate nell’edilizia, ci si dovrà basare su processi ad impatto zero o limitato. Allo stesso modo, l’agricoltura, la gestione delle foreste e l’uso del suolo dovranno provvedere «ad una riduzione delle emissioni su larga scala.

Dobbiamo ottenere un picco delle emissioni entro il 2025: «Ora o mai più»

Tutto ciò dovrà essere effettuato nei prossimi anni. «Negli scenari che abbiamo individuato, la limitazione dell’aumento della temperatura media globale ad 1,5 gradi impone un picco delle emissioni non oltre il 2025. E una riduzione del 43% entro il 2030. Allo stesso tempo, l’uso di metano dovrà essere abbattuto di un terzo». Ma l’IPCC precisa che «anche se lo faremo, è quasi inevitabile ormai che supereremo temporaneamente tale soglia di riscaldamento globale. Potremo però tornare all’obiettivo di qui alla fine del secolo». 

La siccità è una delle conseguenze più drammatiche dei cambiamenti climatici
La siccità è una delle conseguenze più drammatiche dei cambiamenti climatici © piyaset/iStockPhoto

L’aumento, infatti, si stabilizzerà una volta che sarà raggiunto l’azzeramento delle emissioni nette per l’obiettivo degli 1,5 gradi occorrerà arrivarci entro il 2050.se ci si porrà invece accontentare di non superare i 2 gradi, la carbon neutrality sarà necessaria non oltre il 2070. 

«Siamo all’ora o mai più. Senza un’azione urgente e drastica sarà impossibile», ha sottolineato l’altro co-presidente del Terzo gruppo di lavoro, Jim Skea. Serviranno però investimenti giganteschi nella transizione, che andranno moltiplicati rispetto ad oggi. Ciò consentirà di limitare fortemente l’impatto dei cambiamenti climatici sulle economie, che anzi potranno beneficiarne e svilupparsi in modo sostenibile. Se invece non si agirà, dovremo aspettarci gravi cali dei Prodotti interni lordi di numerose nazioni di tutto il mondo. 

«Questo rapporto – ha commentato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima e energia del WWF – mostra che benché alcuni settori stiano andando nella giusta direzione,  il cambiamento climatico si sta muovendo molto più velocemente di noi. Non possiamo più aggrapparci ai combustibili fossili inquinanti che stanno rovinando il nostro clima e distruggendo il mondo naturale da cui tutti dipendiamo. Se non agiremo subito per tagliare rapidamente le emissioni di gas ad effetto serra, mancheremo l’obiettivo cruciale di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. Un obiettivo che ci riguarda molto, perché il Mediterraneo è tra le regioni del mondo maggiormente a rischio. Ogni momento, ogni politica, ogni investimento, ogni decisione conta per evitare ulteriore caos climatico».