Energy Charter Treaty. L’Italia costretta a pagare per lo stop al petrolio

L'Italia è stata condannata a risarcire la compagnia petrolifera britannica Rockhopper per aver sospeso le trivellazioni a Ombrina Mare

Daniele Guidi
Una piattaforma di trivellazione nell'Adriatico © Alessandro Mazza/iStockPhoto
Daniele Guidi
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Dopo cinque anni di arbitrato, è arrivata la sentenza. L’Italia deve risarcire la compagnia petrolifera britannica Rockhopper per la decisione presa dal nostro governo di ascoltare la voce della popolazione abruzzese. E porre fine a Ombrina Mare. Si trattava di un progetto di estrazione petrolifera che sarebbe dovuto sorgere nel Mar Adriatico, al largo della Costa dei Trabocchi, in provincia di Chieti.

La decisione di sospendere il piano di trivellazioni di Ombrina mare

Nel 2016, infatti, l’allora esecutivo guidato da Matteo Renzi decise di fare marcia indietro e sospendere il piano di trivellazione. Ciò dopo le proteste di cittadini e lavoratori preoccupati per i danni alla salute delle persone, all’ambiente e al clima. Per tutto questo, per una decisione che oggi appare ovvia, l’Italia deve pagare 190 milioni di euro alla Rockhopper. Più gli interessi, pari al 4% «calcolati dal 29 gennaio 2016, data in cui il decreto che ha fermato Ombrina è stato approvato, fino al giorno del pagamento», come riporta la newsletter “no trivelle” curata da Maria Rita D’Orsogna. La donna che in quegli anni ha lottato e lotta per impedire che l’Abruzzo venga ferito alla ricerca di combustibili fossili. Su terra come in mare.

D’Orsogna è un’attivista, ma anche fisica e docente universitaria. Che ha deciso di impegnarsi «mossa da un profondo senso di giustizia sociale e del dovere. Sentimento stancante ma da cui non ci si può sottrarre».

L’Energy Charter Treaty, il documento che trasforma gli Stati in bancomat per le multinazionali

Tornando alla sentenza, l’Italia ha dunque violato l’Energy Charter Treaty (il Trattato sulla Carta dell’Energia). Ovvero un accordo internazionale sugli investimenti – firmato nel dicembre del 1994 ed entrato in vigore nell’aprile del 1998 – che stabilisce un quadro multilaterale di cooperazione transfrontaliera nel settore dell’energia. Nato con l’obiettivo di globalizzare il settore energetico, oggi è diventato uno strumento nelle mani delle compagnie petrolifere per ottenere soldi dai governi che hanno intrapreso la transizione energetica verso un futuro libero dai combustibili fossili, principali responsabili della crisi climatica. Anche a costo di mettere fine a progetti già operativi.

Nonostante l’Italia abbia, in modo lungimirante, deciso di uscire dal trattato nel 2016, potrà essere perseguita fino al 2036 per violazioni compiute fino a quella data. Ciò per via di una clausola che è difficile modificare, visto che occorre l’unanimità dei Paesi aderenti.

Se per Rockhopper la conclusione dell’arbitrato è stata “positiva”, per D’Orsogna la scelta di bloccare le estrazioni petrolifere rimane una vittoria storica: «Abbiamo vinto in coraggio, in dedizione, in amore per il nostro mare, la nostra terra, le nostre generazioni future».