Inchiesta OpenLux: nel Lussemburgo 140mila società offshore
Un’inchiesta di 16 media internazionali indica che nel Lussemburgo operano 140mila holding finanziarie. Senza alcun legame con l’economia locale
Quasi la metà delle società commerciali presenti nel Lussemburgo, il 45% per l’esattezza, non ha alcun legame con il territorio. Si tratta infatti di 140mila holding finanziarie che la cui unica funzione è di essere proprietarie di partecipazioni in altre imprese. Un sistema offshore, esattamente come nel caso di noti paradisi fiscali, come le Isole Cayman o le British Virgin Islands. Ma nel bel mezzo dell’Unione europea, e in grado di sfuggire ai radar delle autorità di vigilanza.
6.500 miliardi di euro: cento volte il Pil del Lussemburgo
A rivelarlo è l’inchiesta OpenLux, lanciata dal quotidiano francese Le Monde e alla quale hanno partecipato sedici media internazionali: Süddeutsche Zeitung, Le Soir, IrpiMedia, McClatchy, Woxx, iStories, Arij, Krik, Bivol, Investigace.cz, Piauí, Tempo, Armando Info, La Nación e Inkyfada. Secondo i quali le società in questione concentrano da sole circa l’85% del totale degli asset lussemburghesi. Pari ad un valore di 6.500 miliardi di euro. Cento volte il Pil della nazione.
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Per giungere a tali conclusioni, i giornalisti che hanno lavorato all’inchiesta hanno analizzato una mole impressionante di informazioni. Circa 3,3 milioni di documenti resi pubblici e estratti del registro del commercio del Lussemburgo. Ovvero di uno dei Paesi più ricchi del mondo in termini di prodotto interno lordo per abitante (terzo nella classifica mondiale, dopo il Qatar e Macao). Ma che fonda ancora una buona fetta della propria ricchezza sulle cosiddette “società-cassetta delle lettere”. Realtà inesistenti. Se non, appunto, per un indirizzo postale.
In un solo edificio periferico hanno sede 1.804 società
Quest’ultimo, infatti, basta per ottenere il vero obiettivo. Quello spinge così tante aziende ad aprire una società nella piccola nazione di 640mila abitanti: i vantaggi fiscali. Altrimenti detto, le scarsissime (se non nulle) imposte sui dividendi o sui capital gains (i guadagni ottenuti tramite compravendite finanziarie). Politiche che arricchiscono il Lussemburgo ma costano alle altre nazioni europee (e non solo) miliardi di euro in termini di imposte eluse. Un “metodo” che continua imperterrito, nonostante una pandemia e una crisi globale senza precedenti.
L’inchiesta OpenLux di Le Monde«La maggior parte di tali 140mila imprese – conferma Le Monde – non possiede uffici, non risulta avere dipendenti né obiettivi economici. Si tratta di entità prive di ogni presenza fisica e rappresentate unicamente da società che concedono un domicilio». Così, ad esempio, «al numero 6 di rue Eugène-Rupper, in un immobile moderno in una zona periferica della capitale, hanno sede… 1.804 imprese! Il palazzo appartiene ad una società specializzata nella “domiciliazione” nel Granducato, la Intertrust, che, oltre alle cassette della posta, vende alle aziende un servizio chiavi in mano: tenuta della contabilità, consulenza fiscale, documentazione amministrativa, ecc.».
Un altro dato citato dal quotidiano francese conferma il carattere offshore di tali aziende: solo il 13% di esse è controllato da cittadini lussemburghesi. Il restante 87% è di proprietà di stranieri. Mentre le attività bancarie sono giudicate quattro volte superiori rispetto a ciò che ci si dovrebbe aspettare sulla base dell’economia locale.
Da Shakira al principe ereditario saudita, fino alla Lega di Matteo Salvini
«Certo – aggiunge l’inchiesta – la nazione europea non è più l’eldorado di dieci anni fa. Dopo lo scandalo LuxLeaks, nel 2014, il Lussemburgo è stato costretto ad applicare regole anti-ottimizzazione fiscale. I grandi gruppi hanno dovuto rinunciare a delocalizzare artificialmente i propri profitti. Ma OpenLux dimostra che il problema non è legato solo alle multinazionali e ai fondi d’investimento. Del sistema delle holding approfitta una clientela ben più ampia, senza che le autorità di controllo mondiali abbiano nulla da dire».
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Le Monde cita infatti numerosi nomi noti. Dal campione di golf Tiger Woods alla famiglia Hermès, dalla cantante Shakira al principe ereditario dell’Arabia Saudita (quello col quale Matteo Renzi si è amabilmente intrattenuto alla fine di gennaio). Senza dimenticare le società legate alle mafie italiana e russa. E «la Lega, il partito di estrema destra italiano, vi ha nascosto un tesoretto ricercato dalle autorità. Mentre persone vicine al regime venezuelano vi hanno riciclato fondi». Sorprendente, per una nazione da appena 2.586 chilometri quadrati, meno della metà della superficie della provincia di Roma.