Opl245, l’avvocato del petrolio pagato con “un bambino da 6,1 milioni”

Così in una mail l'avvocato Granier-Deferre chiamava il pagamento milionario effettuatogli dal ministro nigeriano, Dan Etete. A rivelarlo, lo stesso legale interrogato nel processo Eni-Shell

Luca Manes
Luca Manes
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Richard Granier-Deferre è un avvocato svizzero che per anni ha lavorato nell’ambito del trading petrolifero. Per sua stessa ammissione, è dal 1994 un grande amico dell’ex ministro del Petrolio Dan Etete – titolare di fatto della società Malabu, che ha venduto a Eni e Shell la licenza OPL 245 – del quale è stato a lungo consulente. Collegato in videoconferenza da Ginevra, Granier-Deferre ha reso una lunga testimonianza, resa a tratti ostica da una traduzione un po’ incerta. Visti i precedenti non proprio lusinghieri quest’ultima non è esattamente una notizia, mentre lo è la parziale ritrattazione dell’avvocato svizzero rispetto alle dichiarazioni rese nel 2016 ai pm Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale.

Etete era la Malabu

Granier-Deferre aveva con sé proprio il verbale di quel primo interrogatorio, che insieme al suo legale ha consultato in alcuni momenti dell’udienza. Una pratica tutt’altro che ortodossa, come non ha mancato di sottolineare il presidente della corte Marco Tremolada. Ma un “vantaggio” al quale l’oil trader ormai in pensione ha preferito non “rinunciare” nel corso dell’esame, arrivando perfino ad affermare di voler cambiare quattro punti della deposizione, resa “sotto pressione” e quindi non del tutto rispondente alla realtà dei fatti.

È nel 2001 che Granier-Deferre viene a conoscenza dell’affare OPL 245, perché lo stesso Etete gli chiede una mano per vendere la ricca licenza. Etete parlava in nome della Malabu perché di fatto era la Malabu, non a caso, conferma lo svizzero, non si è mai relazionato con nessun altro esponente della società. Nei dieci anni di rapporti di affari c’è un momento che non è stato menzionato in udienza, ma che è tutt’altro che risibile: nel 2007 Etete e il suo sodale svizzero vengono dichiarati colpevoli di riciclaggio di denaro da una corte parigina. La colpa di Granier-Deferre consisteva nell’aver aiutato l’ex ministro e la famiglia del dittatore Sani Abacha a spostare ingenti somme di denaro dalla Nigeria in Europa nel corso degli anni Novanta.

Due amici intraprendenti

Uno spiacevole incidente di percorso che non frena certo l’intraprendenza dei due amici. Così nel 2009 Granier-Deferre viene contattato dall’ex diplomatico russo Ednan Agaev. Ad Agaev – anch’egli imputato – serviva un buon contatto per arrivare a Etete al fine di negoziare in nome di Shell.

Ma che il russo fosse uomo di Shell l’avvocato svizzero ora sembra non saperlo – mentre nell’interrogatorio del 2016 lo dava come un dato acquisito. Sta di fatto che Granier-Deferre organizzò e partecipò a vari incontri a cui presero parte Etete e Agaev, in particolare a uno nel 2009 a Vienna si materializzò anche l’intermediario nigeriano Emeka Obi. Granier-Deferre sapeva che Obi aveva una «relazione con l’Eni», ma non aveva nessun contratto in essere con la multinazionale italiana, così come era al corrente del fatto che Etete conosceva il “numero due” di Eni, ma non se fosse il numero due della casa madre – in quel caso Roberto Casula – o della filiale nigeriana.

Tangenti o mere ipotesi?

«Ci tengo a precisare che io non ho mai, mai, mai incontrato alcun esponente di Eni». Ribadisce con estrema enfasi l’avvocato, impegnato poi a negare qualsiasi tipo di riferimento al Cane a sei zampe e al suo omologo anglo-olandese in vari documenti presentati nel corso dell’udienza e sequestrati nel 2015 durante la perquisizione dell’abitazione ginevrina di Granier-Deferre.

Alcuni sono scritti di suo pugno, uno in particolare sembra spiegare lo schema di pagamento tra la Malabu e le due multinazionali, indicate come “M1 e M2”, prevedendo dei “flussi di ritorno” – leggi mazzette – anche al management dell’Eni.

Dalle parole di Granier-Deferre apprendiamo però che tutti questi foglietti sono una sorta di mero “esercizio di stile”, quasi di possibili scenari che lui ha abbozzato nei ritagli di tempo dei vari incontri. Nulla di concreto, insomma, mentre M1 e M2 sarebbero dei conti da intestare a Malabu per far arrivare il fiume di denaro relativo al pagamento della licenza.

Bambini grassi fra le braccia di papà

Ma visto che la Malabu era in effetti una società “inesistente”, ha spiegato lo svizzero, era difficile aprire dei conti correnti bancari. Brevi note a margine: almeno c’è una voce qualificata che in pratica spiega che eseguire una due diligence sulla Malabu forse non era proprio un’impresa titanica, poi va ricordato che il problema di far arrivare le centinaia di milioni di dollari frutto del deal alla Malabu fu risolto abbastanza brillantemente.

Finiti i pizzini, si passa a un’email, quella del “bambino di 6,1 chili”. Che poi, per ammissione dello stesso Granier-Deferre, un bambino non è, ma un bonifico di 6,1 milioni di dollari arrivato “sano e salvo” a destinazione “da parte di papà” (come viene chiamato Etete in varie di queste comunicazioni).

Del perché sia impiegato questo lessico così buffo non è dato sapere, mentre qualcosa in più del motivo del pagamento sì. Soldi dovuti per quasi dieci anni di consulenze su OPL 245, ma che non comprendevano la fase finale del negoziato, in cui Granier-Deferre sostiene di non aver giocato alcun ruolo, nonché alcuni anticipi usciti dalla tasca dell’avvocato. Come quello per il viaggio di ritorno in Nigeria, che Granier-Deferre avrebbe pagato all’amico nel novembre del 2010 in relazione a un incontro tenutosi a Milano. Non proprio un meeting qualsiasi, ma un abboccamento urgente dopo che i negoziati per l’affare si erano bloccati.

Eppure lo svizzero nega di sapere il reale motivo della presenza in Italia di Etete, con cui avrebbe solo cenato quasi per una pura coincidenza – «mia moglie ama Milano e spesso ci rechiamo lì». Scopriamo così che l’ex ministro del Petrolio della Nigeria a fine 2010 si trovava in “difficoltà economiche” tanto da farsi organizzare e pagare i viaggi dall’amico. Qualche mese dopo le cose cambieranno radicalmente, grazie al fiume di denaro di Eni e Shell.