Paradosso Nigeria: il corrotto finisce per pagare la sua stessa tangente
Un'indagine internazionale rivela: nella vendita del giacimento Opl245 a Eni e Shell condizioni senza precedenti che hanno finanziato lo schema corruttivo e danneggiato i nigeriani
Sappiamo da anni delle accuse di corruzione internazionale per Eni e Shell nell’affare Opl245 in Nigeria. Ora emerge anche che le società avrebbero tratto un ingiusto profitto dai termini contrattuali che risalgono addirittura all’era militare.
Una nuova analisi presentata nella capitale nigeriana, Abuja, ha infatti scoperto che il controverso accordo per la vendita della licenza petrolifera includeva condizioni senza precedenti proprio per finanziare il presunto schema di corruzione. L’analisi è stata condotta dalla società di consulenza Resources for Development su commissione di Re:Common, Global Witness, HEDA e The Corner House utilizzando documenti di pubblico dominio, tra cui le valutazioni del blocco petrolifero da parte di Shell ed Eni.
Benefici per le compagnie a spese dei nigeriani
I termini dell’accordo del 2011 hanno replicato i contratti “Sole Risk” – ossia a rischio esclusivo del beneficiario senza il coinvolgimento del governo – dell’era del regime militare di Abacha e hanno rafforzato le valutazioni interne di Shell ed Eni sull’accordo petrolifero, così da giustificare il pagamento anticipato di 1,1 miliardi di dollari da parte delle società.
I pubblici ministeri italiani sostengono che l’importo di 1,1 miliardi di dollari versato da Eni e Shell per la licenza OPL 245 sia stato utilizzato per pagare l’ex ministro del Petrolio nigeriano Dan Etete e che fosse «destinato al pagamento del presidente Jonathan, ai membri del governo e ad altri funzionari pubblici nigeriani». Shell, Eni e alcuni dei loro alti dirigenti sono ora sotto processo a Milano, accusati di corruzione internazionale, con procedimenti penali in corso anche in altri paesi.
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L’assegnazione di contratti per i campi in acque profonde a grandi compagnie petrolifere internazionali sembra essere senza precedenti dall’avvento del governo civile in Nigeria nel 1999. L’accordo ha trasferito enormi benefici economici alle compagnie a spese del popolo nigeriano, cedendo il diritto della Nigeria alla sua quota del petrolio prodotto secondo termini che riprendono le condizioni dei contratti “a rischio esclusivo” concessi durante il governo militare solo alle compagnie nigeriane per l’esplorazione petrolifera nelle acque profonde della Nigeria.
Il Dipartimento nigeriano delle risorse petrolifere elenca attualmente la licenza OPL 245 come contratto del tipo “a rischio esclusivo” nella sua relazione annuale.
Forti limiti ai diritti di riacquisto
L’analisi dei documenti di valutazione della Shell e dell’Eni, preparati prima dell’accordo del 2011, sembra dimostrare che il trasferimento della quota nigeriana delle entrate future alle società è stato essenziale affinché le società fossero disposte a pagare anticipatamente oltre un miliardo di dollari, denaro che, secondo i pubblici ministeri, è stato utilizzato per pagare la maxi-tangente.
L’analisi ha inoltre rilevato che la capacità dello stato nigeriano di riacquistare i propri diritti è stata fortemente limitata nell’accordo con la Nigeria che dovrebbe pagare 650 milioni di dollari più gli interessi per riacquistare una partecipazione del valore stimato di 2 miliardi di dollari in entrate future.
Questi diritti lascerebbero comunque la Nigeria con una quota di produzione petrolifera molto inferiore a quella raccomandata dal Fondo monetario internazionale e inferiore del 15% o 3,5 miliardi di dollari rispetto ai termini precedenti per la stessa licenza.
Infatti, un’analisi pubblicata alla fine del 2018 dalla stessa Resources for Development ha dimostrato che i termini del contratto potrebbero ridurre le entrate del governo nigeriano dai campi petroliferi del blocco Opl245 di 5,86 miliardi di dollari per la durata del progetto rispetto ai termini standard del contratto di condivisione della produzione (PSC) in vigore in Nigeria dal 2005, ipotizzando un prezzo del petrolio di 70 dollari al barile.
Le proteste inascoltate del funzionario nigeriano
La pubblicazione di e-mail scambiate tra i dirigenti di Shell e Eni dell’epoca hanno dimostrato che questi erano consapevoli del fatto che l’accordo non avrebbe dato alla Nigeria diritti sulla quota di petrolio che è usuale negli accordi tra governi nazionali e società internazionali.
Il funzionario più importante del Dipartimento delle risorse petrolifere nigeriano nel 2011 si oppose con forza ai termini dell’accordo, definendolo «altamente pregiudizievole per gli interessi del governo federale», ma i ministri nigeriani sembrano aver ignorato queste preoccupazioni.
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L’ipotesi di un accordo transattivo per riavere Opl245
La Nigeria sta attualmente intentando azioni civili contro Shell ed Eni per l’accordo. Le autorità di Abuja sostengono che in questo «Shell ed Eni si siano impegnate con una ‘cospirazione corrotta e cospirazione illegale’ per danneggiare la Repubblica Federale della Nigeria e abbiano disonestamente assistito funzionari governativi nigeriani corrotti».
L’attuale procuratore generale nigeriano, Abubakar Malami, ha suggerito che la Nigeria potrebbe raggiungere un accordo transattivo con le aziende che includa la riacquisizione da parte della Nigeria di una partecipazione in OPL245. Ma il presidente Buhari, recentemente confermato per un secondo mandato, ha rifiutato qualsiasi accordo e ordinato di fermare lo sviluppo del blocco petrolifero fino a quando tutte le questioni siano state risolte e la giustizia abbia fatto il suo corso.