Perché il Pnrr è debole e privo di una visione sul futuro
Secondo la parlamentare Rossella Muroni, Ii Pnrr non è sufficientemente coraggioso e non garantisce le future generazioni
Mobiliterà complessivamente 248 miliardi, una quantità di investimenti mai vista prima. Ma il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non è semplicemente una sommatoria di progetti, obiettivi e scadenze. Non è solo numeri. Il Pnrr ha a che fare – almeno questa è l’ambizione dichiarata dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, nelle sue comunicazioni alla Camera – con il destino del Paese, con le vite degli italiani e con i nostri valori civili, con un ritrovato gusto del futuro.
Eppure, nonostante queste aspirazioni, il Pnrr non riesce ad entusiasmarmi. Mi sembra debole dal punto di vista della visione, dell’indirizzo e di quel futuro che vuole costruire per le prossime generazioni. E, in questo suo non corrispondere alla aspettative, credo sconti molto, non solo la fretta, ma anche la mancanza di confronto con il Parlamento e con le forze politiche, economiche e sociali che ha caratterizzato la sua scrittura.
Luci e ombre del Pnrr
C’è stato evidentemente un problema di metodo, ma sui contenuti vanno riconosciuti gli interventi positivi, insieme ad alcune criticità. In positivo vorrei citare l’assenza di finanziamenti diretti al progetto di stoccaggio della CO2 di Eni a Ravenna (anche se dalle dichiarazioni del Ministro Cingolani mi sembra chiaro il tentativo di non escluderlo, ma di recuperarlo). E l’inserimento delle smart grid, degli elettrolizzatori per 1 GW, delle bonifiche per i siti orfani, delle comunità energetiche e dell’agrivoltaico. Come pure la tutela della biodiversità.
Quello che non convince, e anzi preoccupa, è lo sbilanciamento dei saldi sull’idrogeno e sull’alta velocità, che diventano così interventi prioritari. Nonostante un vero piano per il clima dovrebbe puntare maggiormente su rinnovabili, efficienza energetica, ricerca, trasporto pubblico locale, lavoro green.
Nel Pnrr si fa troppo poco per la parità di genere e per la salute
Per i giovani ci sono importanti investimenti aggiuntivi su scuola, università, ricerca e politiche del lavoro. Per la parità di genere, invece, si continua a fare troppo poco, come evidenziato dal network “Donne per la salvezza”. Manca un aspetto realmente attento al tema della parità di genere e al peso sostenuto durante la pandemia dalla donne. Che tra Dad e lavoro hanno visto aumentare il loro carico emotivo e lavorativo.
E forse rispetto ai 191 miliardi di solo Recovery Fund sono davvero esigui i 15,6 miliardi messi sulla salute per costruire quella società della cura invocata da tante associazioni. Dubbi che sono stati condivisi da noi di FacciamoECO con associazioni, partiti e movimenti esclusi dal confronto e da un serio e reale dibattito pubblico.
Il lavoro di Draghi per attuare il Recovery Plan inizia ora
L’invio del Piano a Bruxelles, però, segna solo l’inizio di questa partita. Da domani la sfida sarà mettere a terra i progetti e scrivere le riforme che consentiranno di realizzare il Recovery Plan. Penso alla riforma fiscale, alle semplificazioni e a una nuova legge sul dibattito pubblico. Ben coscienti dell’importanza della fase nuova che si apre ora, pur essendoci astenuti nel voto alla Camera, con i colleghi di FacciamoECO intendiamo essere utili e dare il nostro contributo nell’interesse del Paese. Ci impegneremo quindi a un costante monitoraggio sullo svolgimento dei temi, facendoci carico delle perplessità del mondo ambientalista, delle imprese, delle associazioni e della società civile. Per rendere il Piano davvero coerente con la “giusta transizione” che ci chiede l’Europa.
Rossella Muroni è vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera e capogruppo di FacciamoECO a Montecitorio