Pomodori e plastica: le mani della mafia sugli imballaggi
Sequestrati 45 milioni di euro al "re degli imballaggi" Puccio Giombattista. Il mercato della cassette di plastica per l'ortofrutta è in mano alle agromafie.
Una filiera agroalimentare letteralmente inquinata dalle mafie e dalla plastica. Il pomodoro ciliegino, principe delle nostre tavole, prodotto in Sicilia, a Vittoria, in provincia di Ragusa, è l’emblema della penetrazione della criminalità organizzata. Criminalità che, in assenza di controlli, si è fatta impresa.
Il sequestro di 45 milioni di euro nei giorni scorsi da parte della Guardia di Finanza di Catania (qui il comunicato della procura) che ha congelato attività commerciali, immobili e autovetture, oltre che la disponibilità finanziaria del “re degli imballaggi” Puccio Giombattista, classe 1960, detto “Titta U Ballerinu”, ne è solo la ratifica.
L’accusa per Puccio, attualmente detenuto nel carcere di Siracusa è, scrivono gli inquirenti, la responsabilità della creazione di un vero e proprio “cartello mafioso di imprese”, “finalizzato all’acquisizione di posizioni dominanti nel settore economico della realizzazione di imballaggi destinati alle produzioni ortofrutticole di Vittoria, intestazione fittizia di imprese e traffico illecito di rifiuti”.
“Piatto ricco, mi ci ficco”
Già nel 2017 il V rapporto sui crimini agroalimentari in Italia aveva registrato, anche se come “relativamente nuovo”, l’interesse delle agromafie per le plastiche da confezionamento e da imballaggio. E la provincia di Ragusa come una di quelle dal più alto indice di permeabilità mafiosa in Italia. “Piatto ricco mi ci ficco”, sintetizzò efficacemente allora Giancarlo Caselli, l’ex magistrato a capo della Procura di Palermo e Torino, oggi responsabile scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare di Fondazione Coldiretti. A testimonianza della pervasività del tessuto criminale nei settori economici in crescita come quello dell’agroalimentare e della plastica.
“Abbiamo considerato ogni singolo episodio criminale a sé stante, ma abbiamo sbagliato, le mafie sono molto più avanti di noi”. Paolo Borromenti – giornalista d’inchiesta, direttore del sito La spia, presidente di Articolo21, sotto scorta dal 2014, proprio per le ritorsioni, aggressioni e minacce subite da parte delle famiglie mafiose di quei territori, non ha mai smesso di denunciare ciò che succede, in quella parte della Sicilia che dovrebbe essere ricca e rigogliosa, ed è invece terra di sfruttamento.
“Questo ennesimo sequestro a Vittoria dimostra che il sistema messo in atto dalla criminalità organizzata è certosino e copre l’intera filiera produttiva del pomodoro. Che va dalla gestione dei caporali nei campi, fino alla tavola”, racconta Borrometi a Valori.
Il business delle imprese mafiose
Nella mancanza di controlli e della presenza dello Stato, le mafie agiscono in modo quasi indisturbato, fino all’intervento della magistratura. “Dal controllo della manodopera, attraverso ogni tipo di sfruttamento da parte dei caporali al soldo mafioso”. Uno dei personaggi chiave è Puccio detto “u ballerino” che deve il suo soprannome alla sua bravura negli affari, in equilibrio tra la Stidda e Cosa nostra. Tanto che insieme ad altri come Elio Greco, i Donzelli, i Ventura, ha creato una serie di società non concorrenti tra loro”.
Un regime di oligopolio, ora congelato dalla magistratura: sono sette le società commerciali poste sotto sequestro che gestiscono l’ingrosso e il dettaglio di prodotti per l’agricoltura e la fabbricazione di imballaggi: M.P. Trade srl, Società cooperativa Giza A.R.L. (già M.P. Trade), International Packing srl, G.Z.G. srl, GR Trade srl, Società cooperativa Agro Bio Service A.R.L., Alba Società Cooperativa Agricola a.r.l. Oltre le società individuali Puccio Giombattista, Puccio Luigi; l’impresa agricola Salvatore Asta, la Soc. Coop. Decaplast e la Ecoline srl.
Come denuncia la Procura di Catania, da decenni il mercato degli imballaggi di Vittoria è in mano a imprese mafiose che, “attraverso l’opera diretta degli affiliati al clan Dominante-Carbonaro, impongono agli operatori del settore, con la forza dell’intimidazione e senza ricorrere, quasi mai, all’uso della violenza, l’acquisto di cassette di plastica per l’ortofrutta da aziende conniventi a loro riconducibili”. E le aziende che non accettano tali condizioni vengono tagliate fuori dal mercato.
A tutta plastica!
“La cassetta di plastica diventa così una partita di giro. Prima c’è quella che viene usata per il raccolto in campo, che viene acquistata dai produttori ma che viene ripagata quando entra al mercato”, precisa Borrometi. “Tutto ricade nelle tasche del consumatore, anche lo smaltimento illecito. Eppure il produttore ha un guadagno in media di soli 0,40 centesimi al kg di pomodorino. Che noi paghiamo in media, dai 6 ai 10 euro al kg al supermercato”. Una filiera inquinata, quindi, che vede coinvolti direttamente o indirettamente grossisti, concessionari, intermediari, chi tiene i rapporti con la grande distribuzione.
Sullo sfondo, il sistema di agricoltura forzata che ha innescato meccanismi economici e sociali distorti. “La plastica non è solo quella delle cassette o degli imballi. E’ l’elemento principale per la costruzione e la manutenzione delle colture nelle serre. Nel circondario di Vittoria, ci sono così tante serre che finora non si è neppure riusciti a quantificarle”. Una filiera con un guadagno enorme che in realtà usa il caporalato per il controllo dei lavoratori e inquina il territorio.
La plastica impiegata in agricoltura, infatti, essendo impregnata di fertilizzanti, fitofarmaci e pesticidi, è considerata rifiuto speciale altamente tossico. Il suo smaltimento dovrebbe essere eseguito in impianti specifici, che trattano il materiale con diversi cicli di lavaggio, in modo da bonificarlo per il successivo reimpiego.
“Gli inquirenti ci dicono che il sequestro a 45 milioni di euro a Giombattista Puccio è una parte irrisoria dell’enorme giro di affari di questo businness – conclude Paolo Borrometi – in cui sono coinvolte aziende tutt’ora operanti come quella dei Donzelli, guidata da Giovanni Donzelli, condannato per associazione mafiosa, nell’ambito dell’operazione “Piazza Pulita” . Alla quale vanno aggiunti negli ultimi anni i sequestri di beni fatti ai Consalvo ) , ai Ventura.
L’altra faccia dell’illegalità e del crimine di impresa, ancora una volta, nell’assenza di controlli e della presenza delle istituzioni è proprio lo smaltimento illecito, con fortissime ricadute sull’ambiente e sulla salute, come conferma a Valori, Eliana Giudice, del Fai Antiracket e Antiusura di Vittoria.
Oltre le discariche abusive e non a norma, scoperte nelle varie indagini, gli incendi dolosi, il traffico di ogni tipo di rifiuti nel territorio. “Da anni denunciamo la presenza di fuochi, qui chiamati “fumarole” che vanno avanti da troppo tempo: colonne di fumo denso e nero prodotte dalle migliaia di tonnellate di plastica delle serre, cumuli di plastica che anziché essere smaltiti in modo adeguato vengono bruciati, con l’emissione in atmosfera di diossine”.
In una azione congiunta con le organizzazioni sindacali e di categoria e il mondo del volontariato, tra cui CNA, CGIL, Libera, WWF, Fare Verde, Italia Nostra e le associazioni del territorio, Fai Antiracket e Antiusura chiede e sollecita le istituzioni ad un cambio di passo, contro l’illegalità diffusa, il caporalato, il disprezzo per l’ambiente e la salute.
“Non ci stiamo a essere identificati come una nuova Terra dei Fuochi, come la capitale dell’agromafia -denuncia Eliana Giudice- per questo lanciamo una mobilitazione a difesa della nostra salute, del nostro territorio e per il ritorno ad economia davvero sostenibile”. Occorrerà non lasciarli soli.