Il premier petroliere, la siccità e la crisi energetica scuotono il Marocco

Aziz Akhannouch è al contempo primo ministro del Marocco e principale azionista di Afriquia, azienda leader nella distribuzione di idrocarburi

Aziz Akhannouch, allora ministro dell'agricoltura (a sinistra) e Salaheddine Mezouare, ministro delle finanza (a destra) a una manifestazione per il sostegno al turismo marocchino nel 2011 © Magharebia/Flickr

La crisi energetica, provocata dalla ritrosia di troppi governi ad effettuare una vera transizione ecologica ed esacerbata dalla guerra in Ucraina, sta colpendo numerose nazioni di tutto il mondo. Nel caso del Marocco, tuttavia, la situazione è aggravata ulteriormente da una situazione grottesca. Che coinvolge direttamente il capo del governo Aziz Akhannouch. Il primo ministro del Paese nordafricano riveste infatti un doppio ruolo. Essendo anche amministratore delegato, nonché principale azionista, di Afriquia, azienda leader nel mercato locale della distribuzione degli idrocarburi.

Akhannouch ha negato l’esistenza di un conflitto di interessi

Nell’aprile 2022, Akhannouch è stato costretto a difendersi in parlamento, negando l’esistenza di un conflitto di interessi. E definendo come “menzogne” le critiche dell’opposizione riguardanti gli “enormi profitti” generati dall’azienda grazie all’impennata dei prezzi.

Secondo il quotidiano francese Le Monde, il prezzo del gasolio ha raggiunto i 14 dirham al litro, salendo del 3,3% rispetto all’anno scorso. L’inflazione, tra l’altro, non ha un impatto soltanto sul carburante: nei supermercati marocchini, anche i prodotti alimentari costano sempre di più.

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Il primo ministro del Marocco mantiene un doppio ruolo di amministratore pubblico e di dirigente d’azienda © hanhanpeggy/iStockPhoto

Al centro del dibattito parlamentare, non a caso, c’è stata la richiesta di limitare i margini – giudicati “esorbitanti” – dei distributori di carburante. Afriquia da sola nel 2021 ha fatturato l’equivalente di oltre 700 milioni di dollari. Nonostante il governo riconosca che il Paese disponga di bacini petroliferi inesplorati, il Marocco è ancora completamente dipendente dalle importazioni di idrocarburi. Fino al 2015, i sussidi statali assicuravano la stabilità dei prezzi alle pompe di benzina. Ora che il mercato è stato liberalizzato, però, i distributori di carburante sono tacciati di strappare margini “eccessivi”. Akhannouch si è trovato così sul banco degli imputati, impersonificando la collusione tra classe dirigente e mondo degli affari.

In Marocco inflazione in netto aumento nel 2022

Le accuse arrivano in un momento di crescente crisi per il Paese nordafricano, mai uscito dallo stato di emergenza per la pandemia dal marzo 2020. I prezzi dei prodotti alimentari sono saliti del 5,5% soltanto nel mese di febbraio, incidendo anche sui preparativi per il Ramadan. In vista del mese sacro ogni anno i prezzi sono di norma volatili e tendono a crescere. Ma una consistente siccità ha inasprito le prospettive per i marocchini, costretti ad accrescere anche le importazioni dei prodotti agricoli. Secondo una stima della banca centrale, nel 2022 l’inflazione toccherà il 4,7%. Mentre lo scorso anno si è fermata all’1,4%. 

Per far fronte alla crescente pressione, il governo di Akhannouch ha sborsato 200 milioni di euro in sussidi per i camionisti, promettendo un aumento del salario minimo per l’intero Paese.

Aziz Akhannouch è il tredicesimo uomo più ricco d’Africa

Con un patrimonio di oltre due miliardi di dollari e una carriera ininterrotta come ministro dell’Agricoltura dal 2007, Akhannouch è, secondo Forbes, il tredicesimo uomo più ricco dell’Africa e il secondo in Marocco. Nell’ottobre 2021, è stato nominato primo ministro dal re Mohammed VI, l’uomo più ricco del Marocco, dopo aver vinto le elezioni come leader del Raggruppamento Nazionale degli Indipendenti, partito liberale che controlla più di un quarto dei seggi in parlamento.

Un notevole salto di carriera, promosso dallo stesso sovrano che, già nel 2020, aveva destituito Driss Guerraoui, ovvero colui che, in quanto presidente del Consiglio della Concorrenza, aveva multato proprio Afriquia, insieme a multinazionali petrolifere come Shell e Total, per pratiche anticoncorrenziali. In quell’occasione, la società guidata da Akhannouch si vide cancellate le sanzioni che sarebbero ammontate al 9% del fatturato annuale.