Sappiamo già tutto su come tassare i miliardari e finanziare la lotta contro le disuguaglianze e la crisi climatica

Il rapporto dell’economista Gabriel Zucman traccia una possibile strada per tassare i miliardari e rendere più equo il sistema fiscale

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Firmando per #LaGrandeRicchezza si può chiedere un'imposta europea sui grandi patrimoni © Plashing Vole/Flickr
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Tra 200 e 250 miliardi di dollari all’anno di gettito fiscale da un’imposta minima del 2% sui patrimoni dei circa 3mila miliardari globali. Ulteriori entrate erariali per 100-140 miliardi di dollari all’anno, se il tributo fosse esteso anche ai titolari di ricchezza netta superiore a 100 milioni di dollari. Sono le stime contenute nel rapporto a cura dell’economista Gabriel Zucman, direttore dell’Osservatorio fiscale europeo, commissionatogli dalla presidenza brasiliana del G20 in vista del G20 Finanze che si terrà a Rio de Janeiro a fine luglio.

Cosa dice il rapporto Zucman sulla tassazione dei miliardari

Una simile imposta minima sui patrimoni miliardari è tecnicamente fattibile? Secondo il rapporto Zucman la risposta è sì, grazie ai recenti progressi nella cooperazione internazionale in materia fiscale. Anzi, tale nuovo standard globale per la tassazione degli ultra ricchi può essere attuato anche in mancanza di partecipazione da parte di tutti i Paesi, se si rafforzano le discipline domestiche di exit taxation e si prevede l’esistenza di un esattore di ultima istanza. Del resto, è lo stesso iter che ha permesso di arrivare a una global minimum tax per le grandi multinazionali. Certamente, si rende necessario rafforzare lo scambio automatico di informazioni tra le amministrazioni fiscali per permettere di ricostruire i patrimoni assoggettati al prelievo e limitare il rischio di evasione.

La misura contribuirebbe a ridurre la regressività al vertice dei sistemi di imposizione che vede contribuenti più facoltosi in molti Paesi, tra cui l’Italia, versare, in proporzione al proprio reddito o patrimonio, minori imposte dirette, indirette e contributi rispetto a cittadini con redditi più bassi o patrimoni più esigui. Negli ultimi quarant’anni, i miliardari hanno registrato, in media, un rendimento nominale annuo lordo del 7,5% e corrisposto ogni anno all’erario l’equivalente irrisorio dello 0,3% del valore dei propri patrimoni. La misura proposta da Zucman produrrebbe, in media, un calo del rendimento annuo netto per i miliardari dal 7,2% al 5,5%. Gli impatti avversi sulle scelte di risparmio e investimento, dunque, sarebbero limitati.

L’appello di Oxfam Italia in vista del G20

«Il rapporto di Gabriel Zucman traccia nitidamente una possibile strada che consentirebbe di riconciliare la globalizzazione con una maggiore giustizia fiscale, impedendo agli ultra ricchi di eludere i propri obblighi tributari e continuare a finanziare in maniera insufficiente le istituzioni pubbliche. È nell’interesse economico strategico di ogni governo sostenere ora lo sforzo della presidenza brasiliana del G20, volto a definire un nuovo standard globale per la tassazione dei super-ricchi», ha dichiarato Mikhail Maslennikov, policy advisor di Oxfam Italia sui dossier di giustizia fiscale, commentando il rapporto.

«Se i governi del G20 si impegnassero ad attuare forme di tassazione personale più equa e progressiva, darebbero seguito alle richieste provenienti da milioni di cittadini di tutto il mondo, indignati per lo scarso contributo dei più abbienti al bene comune e persino ai richiami di molti ultramilionari stessi che, preoccupati per i rischi di tenuta dei sistemi democratici, ascrivibili ai crescenti divari sociali, chiedono di aumentare il prelievo sui più ricchi».

«Tassare maggiormente gli ultra ricchi potrebbe generare significative risorse da investire nel contrasto alle disuguaglianze e nella lotta al cambiamento climatico. Per ridurre le opportunità di abuso serve rafforzare la cooperazione amministrativa in materia fiscale, come non dimentica di sottolineare Zucman. Il suo rapporto ci ricorda come sistemi fiscali più equi possano dare un valido contributo per sanare le divisioni che segnano le nostre società».