Perché il reattore nucleare EPR in Cina è fermo da mesi

Da mesi ormai un incidente blocca un reattore nucleare EPR a Taishan, in Cina. Tra intrighi diplomatici e ipotesi di difetti di progettazione

La centrale nucleare di Taishan in Cina © Wikimedia Commons

Sono passati 5 mesi dall’incidente che ha costretto a bloccare un reattore nucleare di terza generazione (EPR) di produzione francese a Taishan, in Cina. Era la metà di giugno quando il governo di Pechino ammetteva il problema, affermando che si tratterebbe di un disfunzionamento di lieve entità.

Cosa si sa dell’incidente al reattore 1 di Taishan, in Cina

Secondo le informazioni diffuse dal ministero dell’Ambiente cinese e dalle autorità per la sicurezza nucleare, si sarebbe trattato di un aumento della presenza di gas rari radioattivi, xeno e kripton, nel circuito primario del reattore. Tecnicamente, l’uranio viene inserito in strutture metalliche e sembrerebbe che alcune di esse non fossero più a tenuta stagna. 

Nucleare
Un reattore EPR della centrale nucleare di Taishan, in Cina, è fermo ormai da mesi © dennisvdw/iStockPhoto

La centrale, situata a 140 chilometri da Hong Kong, è gestita dal colosso francese dell’energia EDF, assieme al gruppo cinese China General Nuclear Power Corporation (CGN). In servizio dal dicembre del 2018, il reattore Taishan 1, primo al mondo ad entrare in funzione tra gli EPR francesi, fornisce energia a circa 4 milioni di famiglie.

La soglie di sicurezza in Cina non sono le stesse imposte, ad esempio, in Francia

In una rubrica pubblicata dal quotidiano Le Monde, Isabelle Feng, collaboratrice scientifica del Centro Perelman dell’università di Bruxelles, ricorda che «nel dicembre del 2020 la National Nuclear Safety Administration, autorità per la sicurezza nucleare cinese, ha innalzato la soglia autorizzata relativa alla concentrazione di gas rari nel circuito primario a 324 gigabecquerel per tonnellata di acqua (GBq/t). In Francia il limite massimo è di 150 GBq». Il motivo? «Evitare il blocco del reattore in una regione che soffriva una mancanza di energia elettrica da parecchi mesi», secondo Feng.

Quando EDF venne avvisata di un problema a Taishan, la soglia era già a 290 GBt. Per risolvere il problema, tuttavia, non bastavano i tecnici transalpini: era necessario l’intervento degli ingegneri americani di Framatome (benché l’azienda sia controllata dal gruppo EDF): «In effetti – prosegue Feng – la tecnologia nucleare francese è di origine americana: Framatome è l’acronimo di “Franco-americana delle costruzioni atomiche”, il cui primo obiettivo du di sfruttare la licenza del colosso americano Westinghouse nel settore dei reattori ad acqua pressurizzata».

Un muro contro muro tra Usa e Cina potrebbe bloccare le riparazioni

Problema: Framatome può intervenire in Cina solo se una deroga specifica le viene concessa dal governo americano. Dal mese di agosto del 2019, infatti, la CGN è sulla blacklist voluta dall’allora presidente Donald Trump. Così, il 3 giugno Framatome informa il dipartimento dell’Energia di Washington, per poi chiedere (l’8 giugno) un permesso d’emergenza per «un rischio di fuga radioattiva imminente» a Taishan. Ma l’11 giugno l’amministrazione guidata da Joe Biden risponde di no. Secondo la Casa Bianca non si tratta di una situazione di crisi.

«EDF si trova così – racconta ancora Feng – in mezzo a un intrigo politico-diplomatico. E il 14 giugno si affretta ad affermare che “il reattore è attualmente in funzione e rispetta i livelli di sicurezza autorizzati”» (quelli cinesi, innalzati alla bisogna). Mentre un portavoce del governo di Pechino, il giorno dopo dichiara che «non c’è “alcuna anomalia” nella centrale. Eppure, il 22 luglio, al termine di un consiglio di amministrazione con il co-azionista cinese TNPJVC, EDF riconosce, in un laborioso comunicato, che “le procedure applicate al parco nucleare francese avrebbero condotto allo stop del reattore”».

La denuncia: il guasto dipende da un difetto di progettazione?

Una settimana più tardi, siamo al 30 luglio, la TNPJVC annuncia il blocco dell’EPR. Ufficialmente, per «facilitare la costruzione della rete elettrica della regione». Giustificazione oggettivamente poco convincente, soprattutto tenendo conto delle enormi mancanze di energia patite dalla Cina in numerose province. Da allora, il reattore non è mai stato rimesso in funzione.

Un ulteriore tassello nel mosaico della vicenda di Taishan l’ha posto poi la CRIIRAD, la Commissione di ricerca e di informazione indipendente sulla radioattività. L’associazione francese ha fatto sapere di aver ascoltato un whistleblower, secondo il quale la ragione dell’incidente al reattore EPR sarebbe dipeso da un difetto di progettazione. In particolare, a causare il problema sarebbero delle vibrazioni. Sempre secondo la CRIIRAD, i risultati di test effettuati da Framatome tra il 2007 e il 2008 avrebbero rivelato delle mancanze sulla “cuve”. Ovvero il “contenitore” del reattore.

https://twitter.com/CRIIRAD/status/1466766312219234316?s=20

Un problema “a monte” potrebbe bloccare l’avvio di altri reattori EPR

L’associazione ha per questo informato l’ASN, l’Autorità per la sicurezza nucleare. Spiegando che, qualora fosse confermata l’origine del problema, esso potrebbe «ipotecare l’avvio dei reattori EPR in costruzione a Flamanville, in Francia, e a Olkiluoto, in Finlandia». Ciò in quanto i lavori di riparazione di un difetto simile potrebbero risultare particolarmente complessi e onerosi «a patto che siano realizzabili».

Da parte sua, l’ASN ha spiegato che le analisi sul reattore di Taishan sono ancora in corso. Il vice direttore generale, Julien Collet, ha in particolare affermato che «allo stato attuale, non possiamo dire che quanto accaduto sia stato compreso totalmente, né che disponiamo di una soluzione».