Rendicontazione non finanziaria, migliaia di aziende potrebbero sfuggire alle nuove regole
L'Unione europea pensa di ammorbidire le proprie regole sulla rendicontazione extra-finanziaria, cambiando le soglie per le Pmi
Aggiornamento 6 novembre 2023: la Commissione europea ha aumentato del 25% i criteri dimensionali che permettono di definire la categoria a cui appartiene un’impresa (micro, piccola, media e grande). Migliaia di aziende sfuggiranno così a determinati requisiti in termini di rendicontazione finanziaria e extrafinanziaria.
Nel suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato le prime proposte legislative del nuovo anno. In particolare quelle volte a ridurre del 25% gli obblighi di rendicontazione non finanziaria per le piccole e medie imprese (Pmi). Tra le prime cose da fare c’è la revisione delle soglie utilizzate per classificare un’azienda come piccola o grande.
Un impatto non da poco. Poiché molte imprese che secondo l’attuale proposta legislativa sarebbero obbligate a dichiarare il proprio impatto sull’ambiente e sulle persone, se dovessero entrare in vigore le proposte di modifiche presentate da von der Leyen, semplicemente non ci rientrerebbero più. E stiamo parlando di migliaia di aziende.
Cosa prevede la direttiva sulla rendicontazione non finanziaria
Ad agosto, dopo tre anni di lavoro, la Commissione europea ha completato il lavoro sugli standard di rendicontazione ESG (ambientale, sociale e di governance). A partire dal 2024, come è scritto nell’atto delegato, l’obbligo di «includere in un’apposita sezione della loro relazione sulla gestione le informazioni necessarie per comprendere l’impatto della società sulle questioni di sostenibilità e le informazioni necessarie alla comprensione del modo in cui le questioni di sostenibilità incidono sullo sviluppo, sui risultati e sulla situazione dell’impresa» si applica «alle grandi imprese e alle piccole e medie imprese (PMI) quotate in Borsa nonché alle società madri di grandi gruppi».
La nuova direttiva europea sulla rendicontazione obbligatoria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 16 dicembre 2022 ed entrata definitivamente in vigore lo scorso 5 gennaio, ha esteso l’obbligo del “reporting di sostenibilità” a tutte le grandi imprese.
Ma come si stabilisce chi è una grande impresa e cosa, invece, è una PMI? La soglia per definire “grande” un’impresa è quella fissata dalla direttiva contabile n. 34/2013, ovvero superare alla data del bilancio economico-finanziario due dei seguenti tre criteri: 20 milioni di euro di totale attivo; 40 milioni di fatturato; 250 addetti medi annui. L’estensione della direttiva a queste imprese ha fatto sì che crescesse il numero di società obbligate a presentare un report consolidato circa il proprio impatto ambientale: da 11mila a circa 49mila aziende in Europa. In Italia si sarebbe passati da 200 a circa 4-5mila. Applicando il principio di proporzionalità, la stessa regola si sarebbe applicata anche alle PMI quotate in Borsa (quelle non quotate, invece, sono esenti dalla CSRD).
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Ma la Germania punta a cambiare le cose
Insomma, finora i criteri erano molto chiari. Ma ora rischia di cambiare tutto. Sono in molti, infatti, a puntare il dito contro la Germania. Il Financial Times, per esempio, scrive che il governo tedesco starebbe cercando di esentare migliaia di aziende di piccole e medie dimensioni dalle regole di rendicontazione. Così facendo, Berlino starebbe spingendo su Bruxelles per estendere la definizione di Pmi dagli attuali 250 a 500 dipendenti. Secondo il think tank Center for European Policy Studies della Commissione europea, così facendo quasi 8mila imprese sfuggirebbero alla rendicontazione non finanziaria.
Come riporta Les Echos, a Bruxelles i sostenitori del capitalismo sostenibile sono molto preoccupati. Sulla testata francese, Pascal Durand, eurodeputato del gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici, e relatore della direttiva CSRD, avverte: «La presidente della Commissione ha riaperto il dibattito su uno degli elementi chiave del Green Deal. Rischia di ridurre significativamente l’attuazione di un testo sugli impegni non finanziari, ma anche di penalizzare migliaia di imprese che hanno iniziato a riorganizzare le loro attività per soddisfare i nuovi standard di sostenibilità e rendicontazione, escludendole da futuri finanziamenti» .
Una manovra in vista delle prossime elezioni europee?
La Germania ha un tessuto economico costituito da molte Pmi di grandi dimensioni. C’è chi ha fatto notare che la mossa tedesca sarebbe stata proposta per dare sollievo alle aziende già alle prese con l’inflazione. Ma se il problema fosse l’inflazione si potrebbe intervenire sul fatturato o sui ricavi, non modificando i parametri che riguardano il numero di dipendenti.
«La marcia indietro di Bruxelles sui rapporti di sostenibilità non è poi così sorprendente», scrive il giornalista Laurence Boisseau su Les Echos. «Le Pmi non hanno mai smesso di fare pressione sui politici europei e di mettere in guardia dai “pericoli” della direttiva, temendo una “valanga burocratica”. Mancano solo nove mesi alle elezioni europee e la presidente della Commissione ha voluto prendere un impegno con la destra europea».