Le aziende più trasparenti sono quelle che rispettano più i lavoratori

Un report mostra come le aziende che adottano maggiore trasparenza sono anche quelle più attente alla qualità del lavoro e ai fattori ESG

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La trasparenza è un elemento fondamentale per promuovere best-practices nelle aziende. Quelle che divulgano più informazioni, infatti, sono quelle che prestano più attenzione ai fattori ESG e alla qualità del lavoro. È quanto emerge dall’ultimo report di Shareaction, ong britannica che promuove la sostenibilità degli investimenti per un sistema finanziario al servizio del pianeta e delle persone.

Dal sondaggio realizzato sulla forza lavoro di 173 aziende, risulta evidente come la trasparenza vada a vantaggio dei lavoratori. Ma anche delle aziende stesse e degli investitori. Tra le società che hanno partecipato figurano la metà di quelle che compongono il principale indice di Borsa di Londra, il FTSE100. Esse rappresentano una capitalizzazione di mercato di 13mila miliardi di dollari e impiegano più di 11 milioni di persone.

Impegnarsi sulla trasparenza favorisce un processo virtuoso nel tempo

In generale, le aziende che aderiscono all’iniziativa da più tempo sono disposte a rispondere ad un numero maggiore di domande. E sono anche quelle più inclusive e con maggior diversità. Ma il fattore tempo influisce anche sulle risposte.

Ad esempio, per quanto riguarda le pratiche di due diligence sui diritti umani, esse vengono messe in atto dal 96% delle aziende che partecipano per la quinta volta. Ma solamente dal 75% di quelle che rispondono per la prima volta. E non è una questione irrilevante. Infatti, di quelle che conducono queste pratiche, quasi nessuna (6%) sfrutta il lavoro forzato, contro il 56% delle altre.

Una tendenza simile si ritrova anche nella differenza salariale tra donne e uomini (gender pay gap) e tra gruppi etnici (ethnicity pay gap). Questi sono rispettivamente al 14,3% e 18% per le imprese più “veterane”, e al 20,4% e 28% per quelle alla loro prima volta. Tra l’altro, chi non ha fornito dati sul gender gap non ha fornito nemmeno quelli sulle altre disparità. Suggerendo come il problema etnico venga affrontato solo dopo quello di genere.

Maggiore diversità nei Cda aziendali garantisce ambienti di lavoro più sani

Praticamente tutte le aziende hanno dichiarato di adottare misure per aumentare diversità e inclusione. Ma in poche hanno fornito dati che dimostrino il successo di queste politiche. In ogni caso, quello che emerge è che una leadership più diversificata comporta un minor grado di discriminazione e molestie.

Nelle aziende con almeno il 30% di donne nel consiglio di amministrazione, episodi di questo tipo vengono risolti in proporzioni maggiori rispetto alle altre aziende. Non è la prima volta che uno studio evidenzia l’impatto positivo di maggior diversità nei Cda. Ed è anche per questo che sono state adottate misure come quella assunta di recente dal Nasdaq.

Stipendi, equità, trasparenza: il lavoro da fare resta ancora molto

Ancora una volta risalta l’enorme differenza tra lo stipendio dell’amministratore delegato e quello del lavoratore. Il rapporto medio, benché inferiore all’anno scorso, si attesta ancora a 106 a 1. Persino basso, in confronto a quello delle aziende americane, 315 a 1. Questo dato è aumentato sproporzionatamente negli ultimi sessant’anni, soprattutto negli Stati Uniti.

Statistic: Aggregated CEO-to-worker compensation ratio for the 350 largest publicly owned companies in the United States from 1965 to 2020 | Statista
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Spesso queste differenze salariali vengono giustificate sulla base della performance del CEO e dei rendimenti per gli azionisti, ma nella pratica ciò non corrisponde a verità. Quello che emerge è che il rapporto è maggiore dove i lavoratori sono meno protetti. E che differenze molto grandi hanno un impatto negativo sul morale dei lavoratori, sui risultati aziendali e sulle preferenze dei consumatori.

Infine, si è osservata un’inversione di tendenza nella quantità di informazioni che le aziende hanno deciso di rendere di pubblico dominio. Mentre negli ultimi anni era aumentata fino ad arrivare all’85% delle risposte, nel 2021 è diminuita tornando a livelli più bassi del 2019 (65%). Probabilmente perché a causa della pandemia alcuni indicatori sono peggiorati a svantaggio dei lavoratori. I settori con le aziende più trasparenti sono quello energetico e l’immobiliare. Mentre dalla parte opposta della classifica troviamo il settore dei materiali e quello informatico.