Il fondo pensioni (d’oro) degli eurodeputati che investe in armi e fossili

Centinaia di eurodeputati godono di un fondo pensioni il cui passivo grava sui contribuenti. Due ministri e molti nomi tra gli italiani

Agli europarlamentari è stata a lungo data la possibilità di aderire ad un particolare fondo pensionistico ©AdrianHancu/iStockPhoto

La spesa pensionistica è da tempo un tema caldo nell’Unione Europea. Il combinato disposto di invecchiamento della popolazione e politiche di austerity ha portato negli anni a drastici tagli degli importi e a numerosi casi di innalzamento dell’età pensionabile nella gran parte dei Paesi mediterranei. Di recente, è la riforma delle pensioni voluta dal presidente francese Emmanuel Macron ad aver occupato le prime pagine dei giornali continentali, con l’esplosione di proteste di piazza come non se ne vedevano dai tempi dei gilet gialli.

Esiste una specifica categoria, però, per la quale il dibattito ha preso tutta un’altra piega. Per la quale le pensioni, invece di ridursi, aumentano tramite curiose operazioni finanziarie. E il cui costo grava sulla fiscalità generale europea, benché le perdite accumulate siano, in realtà, tutte private. È lo scandalo delle pensioni d’oro al Parlamento Europeo.

Un fondo privato, tanti vantaggi e conti in rosso

Questa vicenda comincia nel 1991. Quell’anno viene data agli europarlamentari la possibilità di aderire ad un fondo d’investimento che integrasse la pensione pubblica, all’epoca di competenza dei singoli Stati. Il fondo ha sede nel Lussemburgo ed è gestito dal 1994 da una società a capitale variabile.

Le condizioni offerte ai parlamentari europei sono ottime. Inizialmente è sufficiente contribuire al fondo per soli 5 anni per assicurarsi una lauta pensione parallela vita natural durante. Per chi ha aderito al momento giusto, il ritorno mensile è sostanzialmente pari a quello della pensione di base. Che di fatto, dunque, raddoppia.

Secondo i calcoli del sito di giornalismo d’inchiesta Investigate Europe, un deputato che abbia versato contributi per 19 anni, grazie al fondo, potrebbe raddoppiare la pensione. Arrivando a ben 13.640 euro: 6.866 di pensione base e altri 6.774 dal fondo. E se normalmente il trattamento di un pensionato è inferiore ai salari incassati durante la vita lavorativa, per gli eurodeputati aderenti al fondo è vero il contrario. Ciò considerando il loro stipendio netto base di 7.647 euro durante l’esercizio delle loro funzioni parlamentari.

Un affare, insomma. Ma economicamente sostenibile? La risposta arriva nel 2003, ed è negativa. In quell’anno ci si rende conto che il fondo opera fortemente in perdita. Nel 2004 l’Europarlamento triplica i contributi che già versava periodicamente al sistema, ma non basta. I debiti continuano ad accumularsi e nel 2009 arriva lo stop.

Il fondo chiude le porte a nuovi ingressi, e l’età pensionabile – quella in cui scatta l’erogazione della pensione integrativa – viene alzata prima a 63, poi a 65 anni. Ma allo stesso tempo il Bureau dell’Europarlamento si impegna a «garantire i diritti degli eurodeputati aderenti al fondo anche una volta esaurito». In caso di ammanchi, insomma, i soldi in qualche modo si troveranno.

300 milioni di buco e la trasparenza che manca

Si arriva così ad oggi. Il buco di bilancio continua a crescere, ed è stimato ora attorno ai 300 milioni di euro. Il 2025 è l’anno in cui è atteso il default del fondo. Molti eurodeputati hanno nel tempo ritirato volontariamente la loro adesione. Molti, ma non tutti.

C’è un problema di trasparenza. Non è completamente chiaro chi e quanti siano i membri attuali del fondo. La piattaforma d’inchiesta Investigate Europe ha pubblicato una lista parziale di 660 persone, in larghissima parte ex deputati. Ma il Parlamento Europeo stesso parlava di 914 membri ad aprile 2023, e fonti di IE attestano gli iscritti a quota 908. Pochi tra loro siedono ancora nell’Europarlamento: appena 21. Il resto della platea è composto da ex membri dell’assemblea comunitaria.

A prescindere dal numero di aderenti, però, rimane il problema della bancarotta imminente. E quella promessa fatta nel 2009 che obbligherebbe il Parlamento stesso (ovvero i contribuenti europei) a ripianare i debiti accumulati.

Le ipotesi per il futuro

Cosa fare ora? Il 17 aprile di quest’anno il Bureau del Parlamento Europeo ha iniziato a discutere del futuro del fondo. Le ipotesi, secondo fonti citate da Investigate Europe, sono fondamentalmente tre.

La prima è il bailout (salvataggio) totale. L’Unione Europea si fa carico integralmente del rosso nel bilancio e tutela così l’investimento degli eurodeputati. La seconda ipotesi, al contrario, vede i parlamentari investitori come maggiori danneggiati: il fondo pagherebbe coi capitali rimasti un’ultima rata, una tantum, e poi cesserebbe le attività. La terza ipotesi, apparentemente la più probabile, è un mix delle due precedenti. Si tratterebbe di un parziale salvataggio pubblico accompagnato da un taglio delle pensioni integrative.

Investimenti sporchi

Intanto, però, anche la sostenibilità di carattere etico ed ecologico del fondo è finita sotto la lente della stampa. EUobserver racconta in un’indagine come i soldi degli eurodeputati siano andati nel tempo anche all’industria delle armi e del fossile. Tra le aziende coinvolte ci sono complessi militari statunitensi come Raytheon, Honeywell International, Textron Inc – impegnati tra l’altro nel settore delle munizioni a grappolo – e il gigante dell’oil&gas anglo-olandese Royal Dutch Shell.

Investimenti in una certa misura “pubblici“. Secondo le stime, infatti, il contribuente europeo ha versato al fondo 118 milioni di euro dal 1991 al 2009. Per ogni euro investito dagli eurodeputati ne corrispondono due provenienti dall’Unione, scrive Investigate Europe.

I nomi eccellenti, anche italiani

Ma chi sono gli eurodeputati coinvolti nel fondo? Come detto, non è facile capire quanti siano i membri e quanti abbiano abbandonato l’investimento nel tempo. Il quotidiano Domani ha riportato nello scorso mese di gennaio, ad esempio, il nome della verde Monica Frassoni tra quelli dei fuoriusciti.

Partiamo allora dalla lista diffusa da Investigate Europe. Al suo interno ci sono nomi di assoluto rilievo. Su tutti l’alto rappresentante per la politica estera europea Joseph Borrell e l’ex primo ministro maltese Joseph Muscat. L’Italia è ben rappresentata, con 79 figure in lista. Tra queste ben due ministri del governo Meloni: il titolare degli Esteri Antonio Tajani, eletto a Strasburgo con Forza Italia, e il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, salito allo scranno europeo nel 1994 nelle file di Alleanza Nazionale.

Anche nomi della destra euroscettica nell’elenco

C’è spazio anche per un po’ di paradossi politici. La stampa anglosassone ha molto ironizzato sull’adesione al fondo di Nigel Farage, tra gli artefici della Brexit. Fa riflettere la presenza del leader euroscettico per eccellenza in un fondo così lautamente finanziato dal Parlamento comunitario. Una simile polemica è nata in Francia. Tra i beneficiari d’oltralpe c’è Jean-Pierre Raffarin, autore di una discussa riforma pensionistica durante la presidenza Chirac nel 2003. Stesse critiche vengono mosse a Brice Hortefeux, eurodeputato al suo quinto mandato per Les Républicains ed ex ministro delle Politiche migratorie nell’esecutivo Sarkozy. Mentre si assicurava la sua ricca pensione integrativa, Hortefeux ha sostenuto in patria la draconiana legge sulle pensioni di Emmanuel Macron.

Cortocircuiti politici che riguardano anche il nostro Paese. Tra i beneficiari tricolori risultano euroscettici di peso come il leghista Mario Borghezio e il comunista Marco Rizzo. Ma anche chi ritiene insostenibile il sistema pensionistico italiano come il radicale Marco Cappato. Altri nomi notevoli sono la storica esponente del Partito Democratico Rosy Bindi, l’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli, l’ecologista Gianfranco Amendola e l’ormai ex iscritto ad Articolo 1 Antonio Panzeri, indagato nell’ambito del cosiddetto Qatargate.

E ancora nomi noti come Claudio Martelli, Enrico Boselli, Marco Taradash, Francesco Speroni, Adriana Poli Bortone, Gabriele Albertini.

Va detto che la lista in questione è datata 8 marzo 2023, e che risulterebbe essere aggiornata al 31 dicembre scorso. Non è dato sapere se, nel frattempo, qualcuno dei beneficiari abbia deciso di rinunciare alla pensione integrativa.

«Una forma di furto»

Lo scandalo delle pensioni d’oro ha indignato molti anche dentro il Parlamento Europeo stesso. Investigate Europe riporta le dichiarazioni critiche di molti eurodeputati. «Con una forza quasi criminale, è stato creato un sistema che era destinato a fallire fin dall’inizio», dice il verde tedesco Daniel Freund. Un parere condiviso dalla collega e conterranea Ingeborg Gräßle, del Partito Popolare: «Queste pensioni extra sono una forma di furto davvero scandalosa».

Come detto, nel 2009 il Bureau dell’Europarlamento si era impegnato a farsi carico delle pensioni private dei deputati. Nel 2011 la plenaria ha invece espresso parere opposto. Ma resta dibattuto il valore legale della prima decisione, e se sia da ritenersi vincolante.

Delle pensioni d’oro private riservate ai parlamentari europei sentiremo parlare ancora.

Di seguito è riportata la lista completa degli italiani inseriti nel fondo così come appare nel documento diffuso da Investigate Europe.

Vincenzo Aita, Gabriele Albertini, Emma Aglione Vertemati, Gianfranco Amendola, Alfredo Antoniozzi, Claudio Azzolini, Alessandro Battilocchio, Sergio Berlato, Egizia Bigliardo Di-Narda, Rosaria Bindi, Andrea Bonetti, Vito Bonsigliore, Mario Borghezio, Enrico Boselli, Ines Braghetto, Marco Cappato, Giorgio Carollo, Massimo Carraro, Luigi Cocinovo, Felice Contu
Paolo Costa, Fiammetta Cucurnia, Cesare de Piccoli, Michl Ebner, Carlo Fatuzzo, Lucia Ferri Caselli, Alessandro Foglietta, Mario Forte, Marcelle, Fregosi Padovani, Leda Frittelli, Daniella Gallone, Giuseppe Gargani, Riccardo Garosci, Jas Giawronski, Vitaliano Gemelli, Umberto Guidoni, Francesco Iacono, Vincenzo Lavarra, Silvana Logiudice Tuttobene, Pia Elda Locatelli, Andrea Losco, Lucio Manisco, Mario Mantovani, Andrea Manzella, Alfonso Luigi Marra, Claudio Martelli, Mario Mauro, Luciana Meneghini, Roberto Mezzaroma, Luisa Morgantini, Roberto Musacchio, Carlos Maria Muscardini, Francesco Musotto, Antonio Mussa, Sebastiano Nello Musumeci, Manuela Olivieri Mennea, Ida Panusa Zappala, Pier Antonio Panzeri, Aldo Patriciello, Umberto Pirilli, Guido Podesta, Danilo Poggiolini, Adriana Poli Bortone, Giovanni Procacci, Vittorio Prodi, Marco Rizzo, Francesco Rutelli, Amalia Sartori, Gabriele Sboarina, Carlo Setti, Francesco Errico Speroni, Gianluca Susta, Antonio Tajani, Marco Taradash, Francesco Turchi, Luciano Vecchi, Riccardo Ventre, Donato Tommaso Veraldi, Marcello Vernola.