Gravidanza e caldo estremo: i rischi aumentano con i cambiamenti climatici

Uno studio mostra come il caldo estremo, aggravato dalla crisi climatica, aumenti il rischio di parto prematuro e altre complicanze in gravidanza

Benedetta Torsello
Il caldo estremo aumenta il rischio di parto prematuro e altre complicanze in gravidanza © Cassidy Rowell/Unsplash
Benedetta Torsello
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In Italia, i cambiamenti climatici fanno salire a una media di 22 all’anno i giorni di caldo estremo pericolosi per le donne in gravidanza. Lo rivela uno studio di Climate Central, che ha analizzato le temperature giornaliere registrate tra il 2020 e il 2024 in 247 Paesi e territori e 940 città. I dati ottenuti mostrano chiaramente come la crisi climatica stia aumentando la frequenza delle giornate in cui la gravidanza può essere esposta a rischi legati alle alte temperature.

Caldo estremo e gravidanza: i pericoli più gravi

I dati sono rappresentati su una mappa che illustra la situazione di ciascun Paese. In Europa, l’Italia registra un preoccupante record, insieme a gran parte degli stati meridionali del Continente. Da un punto di vista metodologico, lo studio ha utilizzato il sistema Climate Shift Index (Csi) per costruire uno scenario controfattuale, stimando quanti giorni a rischio si sarebbero verificati in un mondo senza cambiamenti climatici. Questi valori sono stati poi confrontati con i dati reali registrati tra il 2020 e il 2024, evidenziando l’impatto diretto della crisi climatica sulla salute materna.

Il caldo estremo non si limita a uccidere: può anche anticipare la nascita. Le temperature elevate aumentano il rischio di parto prematuro e mettono a dura prova la salute delle donne in gravidanza. Le conseguenze vanno dall’aumento dell’ipertensione gravidica al diabete gestazionale, fino a potenziali ripercussioni a lungo termine sulla salute del neonato e, nel peggiore dei casi, alla mortalità fetale

Le ondate di caldo sono uno degli effetti più evidenti e tangibili della crisi climatica. Nell’ultimo bollettino di Copernicus, il mese di giugno è stato proclamato il terzo più caldo a livello globale con una temperatura media dell’aria superficiale di 16,46 °C, ovvero 0,47 °C in più rispetto alla media del mese di giugno del periodo 1991-2020.  Questi dati non sorprendono se si pensa che la temperatura media in Europa, nell’ultimo decennio, è stata più calda di 2,19-2,26 °C rispetto al periodo preindustriale

Anche un solo giorno di caldo estremo può essere pericoloso

I giorni a rischio caldo in gravidanza sono caratterizzati da temperature massime superiori al 95% di quelle osservate in un determinato luogo: una soglia associata a un aumento del rischio di parto pretermine. «Anche un solo giorno di caldo estremo può aumentare il rischio di gravi complicazioni – ha dichiarato Kristina Dahl, vicepresidente di Climate Central –. I cambiamenti climatici stanno aumentando il caldo estremo, influendo sulle gravidanze, soprattutto dove l’assistenza medica è già scarsa. L’impatto sulla salute materna e infantile è destinato a peggiorare se non smettiamo di bruciare combustibili fossili e non affrontiamo con urgenza i cambiamenti climatici».

Dallo studio è emerso che, nel periodo compreso tra il 2020 e il 2024, quasi un terzo dei Paesi e territori analizzati (78 su 247) ha registrato, in media ogni anno, almeno un mese aggiuntivo di giornate di caldo estremo considerati a rischio per la gravidanza, proprio a causa dei cambiamenti climatici. In 222 Paesi tale numero è raddoppiato rispetto a un mondo senza cambiamenti climatici.

Cambiamenti climatici e salute pubblica: l’impatto sulla gravidanza

«La gravidanza è una finestra di esposizione all’inquinamento ambientale particolarmente importante e poco studiata – spiega a Valori.it il dottor Martino Abrate, ginecologo e membro Isde (Medici per l’ambiente) –. Il merito dello studio è aver messo a fuoco il tema dei cambiamenti climatici e l’aumento delle temperature in correlazione con le complicanze in gravidanza, in particolare il parto pretermine, dovuto a un meccanismo di infiammazione di basso grado della placenta. Come per l’inquinamento ambientale, spesso si sottovalutano le ripercussioni del caldo estremo dovuto alle attività antropiche».

Si tratta pur sempre di uno studio epidemiologico, mette in guardia il dottor Abrate: «Per definire con chiarezza un rapporto di causa-effetto occorrerebbero studi sperimentali. La valutazione degli studi epidemiologici è invece particolarmente complessa per il singolo indicatore, perché siamo esposti a numerosi elementi diversi, determinati anche da condizioni economico-sociali». 

Gli effetti del caldo estremo in gravidanza non sono uguali ovunque: dipendono dalla latitudine, dalle condizioni socio-economiche e dall’accesso ai servizi sanitari. Lo studio mostra che l’aumento più marcato dei giorni a rischio si concentra proprio nelle aree con minori risorse e opportunità di cura, come i Caraibi, alcune zone dell’America centrale e meridionale, le isole del Pacifico, il Sud-est asiatico e l’Africa subsahariana. Ancora una volta, è il Sud globale a pagare il prezzo più alto della crisi climatica.

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