“Riso meno nutriente per colpa del clima”. E Trump fa occultare gli studi “scomodi”
Politico.com: la Casa Bianca ordina di non divulgare le analisi del Dipartimento Agricoltura che confermano i danni del climate change su coltivazioni e salute
Donald Trump e il cambiamento climatico. Un rapporto decisamente conflittuale, talvolta schizofrenico. Dopo aver trascinato gli USA fuori dall’Accordo di Parigi sul clima, aver voluto rilanciare le centrali a carbone come asset energetico, un nuovo sconcertante capitolo di questa relazione viene svelato da Politico.com, una delle testate americane più influenti e ben informate sui retroscena della Casa Bianca.
Secondo quanto sostiene Politico, infatti «l’amministrazione Trump ha rifiutato di pubblicizzare dozzine di studi finanziati dal governo che diffondono avvertimenti sugli effetti del cambiamento climatico, sfidando la prassi consolidata di promuovere tali risultati elaborati da acclamati scienziati interni del Dipartimento dell’Agricoltura».
L’USDA rinnega sé stesso e promuove i report “amici” dell’industria
In pratica l’USDA – il dipartimento dell’agricoltura statunitense, una tra le principali fonti di informazione scientifica a livello mondiale per agricoltori e consumatori – si sarebbe piegato alle derive negazioniste di The Donald sul global warming. Non solo ha favorito la divulgazione di studi che minimizzano l’aspetto delle emissioni di gas serra provenienti dal settore agricolo, o che criticano la riduzione del consumo i carne dal punto di vista dell’apporto proteico, ma ha operato consapevolmente in senso opposto. Si è infatti rifiutato di dare adeguata pubblica risonanza a studi nei quali si trovano “verità scomode” che riguardano gli effetti ad ampio raggio dell’aumento del biossido di carbonio (ovvero la CO2) in atmosfera, l’incremento delle temperature e la variabilità del clima.
Ad esempio la scoperta – definita “rivoluzionaria” – che il riso perde vitamine in un ambiente ricco di carbonio o che i cambiamenti climatici potrebbero esacerbare le stagioni in cui gli agricoltori subiscono una riduzione di qualità del foraggio, fondamentale per l’allevamento del bestiame. «Politico ha scoperto che, nel caso del rivoluzionario studio sul riso, i funzionari dell’USDA non solo hanno trattenuto la propria versione già pronta, ma hanno attivamente cercato di impedire la divulgazione dei risultati da parte dei partner di ricerca dell’agenzia».
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E così è stato sottratto al dibattito nella comunità scientifica uno studio sul riso condotto per oltre 2 anni tra USA, Australia e Giappone, e sono state taciute informazioni critiche sulle potenziali ricadute per la filiera agricola e del cibo. Basti ricordare i 600 milioni di persone in tutto il mondo la cui dieta consiste principalmente di riso o il peso economico-finanziario che attualmente ricopre il sistema dell’allevamento intensivo nel mondo.
Il silenzio dei vertici, le preoccupazioni degli scienziati
Alle domande sull’argomento da parte dei giornalisti, il segretario all’agricoltura Sonny Perdue, riconosciuto come un negazionista climatico fin dal suo insediamento, non ha risposto. Mentre il portavoce dell’USDA ha respinto l’ipotesi che l’ente stia dando seguito a direttive interne che scoraggiano la diffusione della conoscenza scientifica relativamente al clima. I ricercatori sarebbero di diverso avviso.
Politico riporta infatti la loro opinione: l’amministrazione starebbe «tentando di limitare la circolazione delle prove dei cambiamenti climatici e di evitare la copertura della stampa, che potrebbe sollevare dubbi sulla posizione dell’amministrazione sulla questione». Di più. Secondo Michael Mann, uno dei principali scienziati del clima presso la Pennsylvania State University, «L’intento è di cercare di sopprimere un messaggio. In questo caso, il crescente pericolo connesso ai cambiamenti climatici causati dall’uomo».
L’USDA così facendo compromette la stessa credibilità del proprio servizio di ricerca agricola (Agricultural Research Service o ARS), che vanta un budget annuale superiore al miliardo di dollari. Anche perché, secondo le rilevazioni della testata americana, nel passaggio dall’amministrazione Obama a quella di Trump si è verificato un crollo delle pubblicazioni incentrate sulla scienza del clima.
Un boomerang contro gli agricoltori
«Che l’amministrazione Trump fosse di stampo negazionista non è purtroppo una novità» sottolinea Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia. «Ha cominciato ponendo un freno all’attività delle agenzie scientifiche statunitensi, e poi con gli annunci dell’uscita dall’Accordo di Parigi sul clima. Mentre il problema è che non possiamo più permetterci di aspettare. Perché i primi che ci andranno di mezzo saranno proprio gli agricoltori. Agricoltori americani compresi».
L’agricoltura, del resto, è parte in causa provocando molte delle emissioni dei gas serra, ma è lo stesso comparto che ne subisce gli effetti peggiori. «Preoccupa che il dipartimento per l’agricoltura statunitense abbia promosso uno studio in cui si assolve in qualche modo la carne, sottolineando la necessità di avere un apporto calorico di proteine animali. Al contrario, sulla base delle proiezioni delle emissioni dell’intero comparto agricolo al 2050, dobbiamo dimezzare la produzione e il consumo di carne e di prodotti di origine animale».
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Già adesso il sistema agricolo considerato nel suo complesso è responsabile di circa il 25% delle emissioni di gas a effetto serra globali, «ma nel 2050 questa percentuale salirà al 50%. Mettere un bavaglio alla scienza – conclude Ferrario – è la misura peggiore che possiamo adottare, oggi che dobbiamo invece correre per cambiare il sistema. La ricerca serve per modificare le pratiche attuali insostenibili. Il comparto agricolo avrà sempre più necessità di adattarsi al clima, dovrà affrontare sempre più repentini cambi di temperatura, calore intenso e fenomeni estremi per quanto riguarda l’apporto idrico, sia nel senso di una carenza che di eventi alluvionali».