Questo articolo è stato pubblicato oltre 6 anni fa e potrebbe contenere dati o informazioni relative a fonti/reference dell'epoca, che nel corso degli anni potrebbero essere state riviste/corrette/aggiornate.

Roma, M5S e le promesse sui rifiuti: tanto fumo (tossico) e niente arrosto

I miasmi sollevati dall'incendio del TMB Salario svelano una realtà nella gestione rifiuti ben diversa dagli impegni pre-elettorali di Raggi & Co.

Roberto Ferrigno
Roberto Ferrigno
Leggi più tardi

L’incendio al Tmb salario e la densa nube nera e tossica che si è propagata sull’area nord della Capitale costituisce in ogni caso la pietra tombale della giunta M5S che “governa” Roma. E il motivo è ben più profondo dell’aumento della tariffa rifiuti (TARI) che la prima cittadina ha tempestivamente annunciato a poche ore dal rogo.

Virginia Raggi è stata eletta nel giugno 2016 col 67% dei voti: una vittoria schiacciante (seppure solo poco più della metà degli elettori era andata alle urne). Un trionfo dovuto più che altro allo scontento generalizzato dei romani, dopo oltre un decennio di abbandono, degrado, corruzione e criminalità che ha sfigurato la città, con le periferie rigidamente spartite in aree d’influenza mafiosaOstia ne è un chiaro esempio – e il quartiere-bene per eccellenza, i Parioli, divenuto zona privilegiata di consumo di cocaina e prostituzione minorile.

Le immagini dell’incendio al TMB Salario di RomaDalle promesse ai “proconsoli”

Il programma elettorale della sindaca era un’accozzaglia di promesse e proclami chiaramente irrealizzabili. Tranne la parte relativa alla gestione dei rifiuti. Sappiamo bene il perché. Quello che bisognerebbe oggi riconoscere è la ragione per cui le belle, limpide intenzioni programmatiche siano rimaste sulla carta, nonostante alcuni valorosi si siano sacrificati, in nome di una volontà di redenzione che, purtroppo, da sola, serve a niente.

Tutte le “mosse” post-elettorali del M5S hanno generato disastri. Perché – nella pura tradizione della “politica” asservita agli interessi costituiti – a Roma si è scelta la via proconsolare. In questo caso, impersonata da Luca Lanzalone, insieme a quella degli “intermediari” tra la sindaca e la parte più opaca della struttura amministrativa capitolina, raffigurata da Raffaele Marra, che Raggi aveva scelto come vicecapo di gabinetto e poi come capo del personale, prima che venisse travolto dall’inchiesta giudiziaria per corruzione che lo ha portato a una condanna, in primo grado, a 3 anni e mezzo di carcere.

https://valori.it/luca-lanzalone-luomo-della-raggi-in-acea-e-di-parnasi-sullo-stadio/

Le commistioni mai chiarite del presidente M5S della Commissione Rifiuti

A infettare poi inesorabilmente qualsiasi iniziativa positiva dell’assessorato all’Ambiente ci ha pensato la commistione mai chiarita tra Stefano Vignaroli (esponente M5S che come senatore attualmente guida la Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti), Paola Muraro (primo assessore all’ambiente della giunta Raggi, consulente decennale di AMA, poi dimessasi anche per le inchieste giudiziarie nei suoi confronti) e i rappresentanti di Manlio Cerroni, storico e tentacolare proprietario della discarica di Malagrotta.

Stefano Vignaroli, deputato M5S, attuale presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti, durante un intervento in aula nella passata legislatura.
Stefano Vignaroli, deputato M5S, attuale presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, durante un intervento in aula nella passata legislatura.

Certamente anche Pinuccia Montanari, attuale assessore che prese il posto della Muraro, ci ha messo del suo (qualcuno oggi le ricorderà il fatto che lei “non sentiva i miasmi” esalati dal Tmb Salario).

Certamente AMA è una bestia intrattabile, pedina del gioco che Caltagirone compie tramite ACEA, di cui Lanzalone è stato presidente, “dimissionato” a seguito dell’inchiesta giudiziaria sulla squallida storia dello stadio, e che trova sponde salde in Campidoglio.

https://valori.it/lintervista-a-berdini-ex-giunta-raggi-da-sempre-contrario-al-nuovo-stadio/

Nuovi blocchi di potere

Questi nodi gordiani si sarebbe potuto scioglierli solamente con la spada. Ma invece di usare quel 67%, di voti, mobilitare i cittadini a partire dai municipi “caldi”, denunciare la cloaca dei “servizi” municipali e chiamare i romani a raccolta, ci si è immediatamente arresi  al compromesso, al viscido, pervasivo “negoziato” con le stesse losche figure che, a parole, si dichiarava di voler combattere.

Raggi e il suo movimento si sono rifugiati nei comodi ed innocui post su facebook o nei cinguettii briosi su twitter, tranne che per un tardivo sussulto nei confronti del clan Casamonica, che spadroneggiavano tra il Quadraro e Cinecittà da oltre quaranta anni.

Tradimento a 5 Stelle

E che cosa è veramente cambiato da quell’estate del 2016? Proconsoli, capetti e “direttorio” hanno fatto solo danni. Il patrimonio elettorale non è stato trasformato in organizzazione e controllo territoriale. Si dirà che queste non appartengono al DNA del Movimento 5 Stelle.

Ma almeno si dovrebbe riconoscere che, con la scusa del movimento, alcuni individui e cricche più o meno variabili ma sicuramente riconoscibili, hanno tentato semplicemente di sostituire – se non integrare – quel blocco di potere che divora Roma quotidianamente da anni fatto di false cooperative, pezzi di sindacato compiacenti, criminalità organizzata, pubblica amministrazione inefficiente e, ahimé, in vari casi corrotta.

Il TMB Salario brucia. L’aria è irrespirabile anche nello storico, prestigioso polmone verde di Villa Ada, oggi in stato di crudele abbandono, ad oltre 6 chilometri di distanza dall’impianto.

Il Paese dei roghi si estende a Roma Capitale.Si sosterrà probabilmente che l’impianto anti-incendio era insufficiente o mal funzionante. Resta il fatto che a Roma si è consumato il tradimento del M5S.

Grillo, l’imperscrutabile famiglia dei Casaleggio e i loro proconsoli hanno ignorato l’appello di quei romani che avevano ancora fiducia nel cambiamento.