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Salari minimi, disoccupazione, diritti: il Green Deal Ue è anche sociale?

L'Unione europea vuole diventare più sociale: il programma "verde" della Commissione von der Leyen è in grado di tenere insieme questa dimensione con i traguardi climatici?

Alexander Damiano Ricci
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen © archivio Parlamento europeo
Alexander Damiano Ricci
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All’indomani della crisi finanziaria del 2007/08, uno degli obiettivi della Commissione Juncker era “istituire un’Europa più sociale“: a questo proposito, uno degli slogan più gettonati era quello del “bilanciamento della dimensione economica e sociale” dell’Europa, insomma, di un’Ue più vicina ai bisogni dei cittadini. Oggi, la nuova Commissione Von der Leyen sembra volersi concentrare sulla creazione di un Green Deal europeo. “Green” è il nuovo rosso?

Il Green Deal europeo ha una dimensione sociale?

«All’interno del Green Deal europeo, la dimensione sociale ricoprirà un ruolo importante sia per quanto riguarda l’attuazione, sia per fissare gli obiettivi», rassicura Francesco Corti, post-dottorando all’Università di Milano che, precisa, «sono le classi meno abbienti ad essere più colpite dalle conseguenze dei cambiamenti climaticiVariazione dello stato del clima rispetto alla media e/o variabilità delle sue proprietà che persiste per un lungo periodo, generalmente numerosi decenni.Approfondiscisul piano della salute».

«Credo che la questione sia piuttosto se la Commissione europea si sia posta obiettivi sociali indipendentemente dal Green Deal». Corti è convinto che la risposta sia positiva: «La Commissione, tra gli obiettivi della nuova legislatura, ha menzionato la Direttiva quadro sui salari minimi, uno schema europeo sulla disoccupazione e una garanzia per i bambini».

Meno positivo è invece David Adler, coordinatore politico di Movimento per la democrazia in Europa 2025 (DIEM25). Alla vigilia delle scorse elezioni Ue, DIEM25 ha pubblicato un Green New Deal alternativo, senza però riuscire a ottenere seggi all’Europarlamento: «Il Green Deal [della Commissione] è stato salutato come una soluzione visionaria alla crisi climatica: gli obiettivi più ambiziosi del Pianeta, il primo continente al mondo con zero emissioni, il più ampio piano mai esistito per garantire una filiera dal produttore al consumatore. Purtroppo, il mondo ha messo l’asticella troppo in basso, e l’Ue non ha puntato abbastanza in alto».

Adler sostiene che il Green Deal della Commissione europea «non faccia alcuno sforzo per raggiungere le zone del continente più colpite da anni di austerità, disoccupazione, malattia», e aggiunge «semplicemente, si tratta di una strategia troppo limitata, lenta e bloccata su un modello di crescita che premia più lo sviluppo economico che la salute o le condizioni di vita».

Il Prospetto dei Diritti Sociali di SOLIDAR

Per quanto sia ancora attuale il dibattito sugli sforzi in campo sociale della Commissione Juncker, è innegabile che Ursula von der Leyen abbia ereditato dal suo predecessore almeno due importanti novità istituzionali: il cosiddetto piano Juncker (Piano europeo di investimenti per l’Europa) e il pilastro europeo dei diritti sociali (Peds).

Quest’ultimo nel 2017 è stato definito una pietra miliare da molti esperti Ue. Agli occhi dei responsabili politici, il Peds avrebbe spianato la strada per importanti innovazioni nel campo delle politiche sociali a livello europeo.

Tuttavia, nel novembre 2019, SOLIDAR (una rete europea di organizzazioni della società civile) ha pubblicato la sua relazione annuale “Social Rights Monitor”, uno studio basato su dati Eurostat che offre un approfondimento sulla situazione dei diritti sociali in 15 paesi Ue e in Serbia. Lo studio analizza le norme sociali per quanto riguarda le pari opportunità, condizioni di lavoro eque, la protezione e l’inclusione sociale. Elemento ancora più importante, il report analizza anche in che misura queste esigenze sociali alimentano le raccomandazioni specifiche per paese (CSR) rilasciate dalla Commissione europea nel contesto del meccanismo di governance del semestre europeo.

La figura 1 qui sopra fornisce una panoramica degli indicatori quantitativi su cui il prospetto si basa, mentre lo strumento interattivo di seguito mostra, per ogni stato membro Ue, le valutazioni qualitative dei Csr fornita da SOLIDAR, insieme ad altri dettagli.

Il Pilastro europeo dei diritti sociali ha ottenuto risultati inferiori alle aspettative?

La relazione afferma che è preoccupante che «nonostante l’introduzione del Social Scoreboard», uno strumento innovativo che ha lo scopo di monitorare le performance degli Stati membri istituito dopo l’approvazione ufficiale del Peds, «le raccomandazioni specifiche per paese della Commissione europea continuano a focalizzarsi sugli indicatori macroeconomici, senza riuscire a al centro gli obiettivi sociali europei».

Dato che la relazione è stata pubblicata quasi due anni esatti dopo l’approvazione ufficiale del Pilastro europeo dei diritti sociali (Peds), vale la pena chiedersi se le aspettative non sono state rispettate.

Secondo Laura Bonfils, coordinatrice della politica sociale per SOLIDAR, alla luce della creazione del Peds, «c’è stata un’evoluzione positiva del semestre». Tuttavia, ciò che abbiamo visto finora «non è abbastanza» e aggiunge che «le raccomandazioni [della Commissione europea] di solito pongono l’attenzione sulla dimensione economica». Bonfils rinnova l’appello a trovare «un migliore equilibrio tra la dimensione economica e le raccomandazioni sociali nell’ambito del Csr».

C’è la maggioranza adatta per cambiare le cose?

Ma la domanda rimane: è realistico immaginare che le cose possano cambiare rapidamente per il meglio in mezzo alle prospettive del Green Deal europeo? E nel contesto dell’attuale maggioranza nel Parlamento europeo, formata dal Partito Popolare Europeo (Ppe), l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) e i liberali (RE), chi dovrebbe essere considerato il vero responsabile per non essere riusciti a trasformare la promessa originaria di Juncker – rilanciare il modello sociale europeo – in realtà?

Dal punto di vista ideologico, sarebbe semplicemente naturale puntare il dito contro il gruppo S&D. Ma sapientemente, von der Leyen ha nominato Frans Timmermans, il leader del gruppo S&D e spitzenkandidat socialista in occasione delle ultime elezioni del Parlamento europeo, come vicepresidente responsabile del Green Deal europeo. In altre parole, Timmermans sarà impegnato con il verde e l’ecologia. Nel frattempo, parte dell’elettorato di S&D continuerà a giudicare lui e il suo gruppo per molto del rosso che verrà (o no) fuori da Bruxelles.


* L’articolo originale è stato pubblicato su VOXEUROP nell’ambito del progetto EDJNet. Licenza: Attribution 4.0 International (CC BY 4.0). Traduzione di: Andrea Torsello | VoxEurop.

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