È possibile conciliare sicurezza energetica e transizione ecologica in Europa?

Lavorare per garantire la sicurezza energetica in Europa è l'occasione per attuare la transizione ecologica

Federica Casarsa
Vecchi e nuovi modi di produrre energia nei Paesi Bassi © untitled photo/Unsplash
Federica Casarsa
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La guerra in Ucraina sta comportando pesanti ripercussioni sui mercati internazionali dell’energia. Le economie dei Paesi occidentali e della Russia sono strettamente interdipendenti per via delle forniture di petrolio e di gas naturale. Le sanzioni imposte alla Russia e la minaccia del Cremlino di interrompere le forniture hanno fatto salire drasticamente i prezzi dei combustili fossili, che erano già alti dall’anno scorso

Tutto ciò ha serie implicazioni per l’Unione europea, che nel 2021 ha importato dalla Russia circa il 40% del gas consumato per produrre energia e riscaldare gli edifici. Per l’Unione, quindi, è diventato urgente mettere al sicuro gli approvvigionamenti energetici. A meno di due settimane dall’inizio della guerra la Commissione europea ha pubblicato un piano per tagliare le importazioni di gas naturale dalla Russia di due terzi entro il 2022

La transizione ecologica e sicurezza energetica in Europa

Guardando alle misure proposte e alle dinamiche in atto, la domanda da porsi è se sia possibile conciliare sicurezza energetica e transizione ecologica. E inoltre: se sia possibile raggiungere la prima attraverso la seconda.

Sembra poco realistico che ciò possa avvenire nel breve periodo. Almeno per quest’anno, infatti, la priorità dell’Unione europea non è consumare meno gas, ma comprarlo altrove. Anche in forma di gas naturale liquefatto. Altro punto è riempire gli impianti di stoccaggio entro l’inizio dell’autunno. 

Persino un temporaneo prolungamento del ricorso al deleterio carbone non è escluso, come ha spiegato il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans. Per molti Stati membri il gas naturale – un combustibile fossile – avrebbe dovuto rappresentare un passaggio intermedio tra il carbone (che emette circa il 50% di CO2 in più) e le rinnovabili. Già nel 2021, inoltre, molte centrali elettriche hanno trovato conveniente convertirsi al carbone per far fronte all’aumento dei prezzi del gas. Il rischio è che la tendenza continui.

L’apporto delle rinnovabili e dell’efficientamento energetico potrà essere limitato per quest’anno

Come suggerito anche da recenti stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, accelerare l’installazione di pannelli fotovoltaici e abbassare di un grado il riscaldamento degli edifici (per quanto utili) farebbero risparmiare rispettivamente solo 2,5 e 10 miliardi di metri cubi di gas. Nel 2021 l’UE ne ha importati dalla Russia ben 155 miliardi. 

Ampliando la prospettiva al 2030, invece, la transizione energetica potrebbe rappresentare uno strumento efficace per ridurre significativamente i consumi di gas. In base ai piani della Commissione, da solare ed eolico potrebbe arrivare una quantità di energia in grado di sostituire 170 miliardi di metri cubi di gas all’anno entro il 2030. Potenziare la produzione di biometano e di idrogeno permetterebbe di risparmiare ogni anno rispettivamente 35 e 35-70 miliardi di metri cubi di gas. Inoltre, nei prossimi cinque anni l’UE vuole installare 10 miliardi di pompe di calore per ridurre il fabbisogno energetico delle abitazioni. 

Reti, batterie, burocrazia: i nodi da sciogliere per la transizione ecologica

Per liberare questo potenziale, l’UE deve sciogliere alcuni nodi. Anzitutto, un sistema basato sulle rinnovabili ha bisogno di reti flessibili e di batterie per immagazzinare gli eccessi di produzione. Sviluppare nuove tecnologie e realizzare le infrastrutture richiede cospicui investimenti: i governi degli Stati membri devono creare incentivi adeguati sui mercati per convincere gli investitori che puntare qui conviene. Anche se questo comporta approvare leggi impopolari. O scontentare certi settori produttivi.

Secondo nodo: ridurre la burocrazia. Ne è un esempio l’Italia, dove scontri di competenze tra autorità locali e lungaggini amministrative hanno portato i tempi di concessione per un progetto eolico o fotovoltaico a una media di cinque anni.

Terzo: l’energia prodotta con le rinnovabili non è ancora sufficiente a generare le temperature necessarie in alcune lavorazioni industriali. Secondo stime citate dall’Economist, solo il 40% del gas impiegato a livello industriale in Europa può essere già sostituito da elettricità verde. L’idrogeno potrebbe risolvere questo problema, oltreché essere impiegato per immagazzinare energie rinnovabili. Prima di poterlo impiegare su vasta scala, però, ci vorrà ancora almeno un decennio