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Tutti stretti a coorte per salvare CR7

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

Senza incassi serve flessibilità sugli stipendi, dice contrito in televisione il dirigente. Gli stipendi dei calciatori pesano il 70% del fatturato, titola sdegnato il quotidiano. Almeno cinque squadre di Serie A non riescono a pagare le mensilità, verga infuriato l’editorialista. E giù accorate richieste al governo perché intervenga aiutando la Serie A. E volete che un governo incapace di fare un gesto minimo come la patrimoniale non sia invece in grado di aiutare questi poveri disgraziati miliardari? Ce la farà di sicuro. E già che c’è aiuterà anche il padrone che per pura coincidenza versa lo stipendio al dirigente, al giornalista e all’editorialista e che ora finalmente risparmia su quello dei calciatori. Evviva. Poi ci sarebbe da dire che nel mondo reale nemmeno uno su mille ce la fa, come cantava Gianni Morandi. In Italia ci sono circa 8 milioni di persone tra i 20 e i 35 anni e solo 240 di queste giocano nella Serie A maschile; l’altro milione e passa di tesserati Figc gioca nelle serie minori. E se in Serie A lo stipendio medio è 2 milioni (dai 30 di CR7 in giù), in B si scende a 290 mila (anche se la metà viaggia sui 40 mila). In C lo stipendio minimo e più diffuso è 26mila l’anno (per gli over 24) e nei Dilettanti si viaggia sui 600 euro al mese. Le donne che giocano in Serie A non essendo professioniste “devono” guadagnare meno di 30mila euro l’anno, le altre figuriamoci. Ed è qui, nel calcio figlio di un dio minore, che gli stipendi da sempre sono un problema, con o senza pandemia. Ma ora siamo tutti stretti a coorte per salvare la Serie A maschile. Un giorno, di sicuro, ci occuperemo anche di quel calcio dove non batte il sole, non parla il dirigente, non titola il quotidiano, non verga l’editorialista e non si muove il governo.