Tassonomia, su gas e nucleare Bruxelles potrebbe rinviare la decisione
Secondo una nuova bozza, l’inclusione di gas e nucleare nella tassonomia europea potrebbe essere di fatto accantonata dalla Commissione
A pochi giorni dalla presentazione ufficiale, da parte della Commissione europea, di un primo atto delegato che dettaglierà i criteri della tassonomia delle attività economiche sostenibili, sembra profilarsi un passo indietro. Secondo quanto indicato dalla stampa internazionale, infatti, l’organismo esecutivo dell’Unione europea sarebbe orientato a rinviare a Parlamento e governi nazionali (all’interno del Consiglio europeo) le decisioni sul gas naturale che sul nucleare. Questi ultimi sarebbero infatti non esclusi dalla tassonomia, quanto piuttosto posti in stand-by.
Niente più atti delegati, gas e nucleare verso l’iter legislativo ordinario
Di fronte alla “resistenza” di dieci Stati membri, capeggiati dalla Polonia, che nei mesi scorsi hanno chiesto a gran voce che il gas naturale fosse considerato un’energia di transizione, Bruxelles potrebbe dunque, alla fine, alzare le braccia. O meglio chiamarsi fuori dalla scelta. E rimettere la questione nelle mani del Consiglio europeo. Al contempo, la decisione sul nucleare, anch’essa oggetto di grande dibattito – con la Francia in particolare che chiede sia incluso tra le attività sostenibili – è già stata rinviata. Probabilmente alla fine dell’anno.
Una buona notizia? Dipende. Il fatto che la Commissione, che in una precedente bozza risalente allo scorso mese di marzo, aveva incluso il gas nelle attività sostenibili, abbia deciso di rimandare la decisione, va senz’altro incontro alle richieste di numerosi esponenti politici e associazioni ecologiste. Ma al contempo la scelta, se confermata, sarà soprattutto procedurale. Anziché trattare il nodo delle fonti di energia negli atti delegati, il tema dovrebbe infatti essere “stralciato”. E rinviato all’iter legis ordinario dell’Unione europea, che coinvolge il Parlamento e il Consiglio.
Sulla questione delle fonti di energia si potrebbe ripartire da zero
Tale opzione comporta infatti conseguenze politiche, ma anche pratiche. In primo luogo, si tratta di fatto di un “prendere tempo” da parte della Commissione. Scelta che non piacerà né agli Stati membri che difendono il nucleare, né a quelli che vorrebbero includere nella tassonomia il gas. Il processo legislativo ordinario ripartirebbe infatti da zero (il Consiglio non sarebbe infatti chiamato solo a ratificare una scelta della Commissione). È per questo che, secondo alcune fonti, questi due gruppi di Stati “antagonisti” potrebbero tentare in extremis di convincere Bruxelles a non presentare il testo in tale forma. Anche perché, ad esempio, le bioenergie sarebbero presenti anche nelle ultime bozze.
Altro tema da verificare è cosa accadrà, tecnicamente, nel caso in cui davvero si opterà per lo stralcio. Il Consiglio europeo può infatti deliberare, a seconda dei temi, a maggioranza semplice, a maggioranza qualificata o all’unanimità. Nel primo caso, almeno 14 membri del Consiglio devono votare a favore. Nel secondo deve farlo il 55% degli Stati membri (almeno 15 paesi su 27). E gli Stati membri che appoggiano la proposta devono rappresentare almeno il 65% della popolazione totale dell’Unione. Nel terzo caso, ovviamente, occorre un accordo di tutti i governi. Un’unanimità richiesta per le questioni considerate “sensibili” dagli Stati membri. Di norma, ad esempio, quelle relative alla politica estera e di sicurezza comune, alla cittadinanza, all’armonizzazione fiscale o ancora al bilancio.
Tassonomia, in Europa posizioni opposte sull’energia
Nel caso della tassonomia, si può ritenere che la decisione investa anche «il sistema delle risorse proprie dell’Ue» e il «quadro finanziario pluriennale» (articoli 311 e 312 Trattato sul funzionamento dell’Ue). Poiché gli investimenti, anche pubblici, saranno orientati proprio dalla tassonomia. E per temi di questo genere si richiede appunto, l’unanimità. Va detto poi che le istituzioni europee optano per un processo decisionale di carattere intergovernativo in un certo numero di settori d’intervento specifici, “sensibili” dal punto di vista politico. Tra questi sono citati proprio l’energia (articolo 194, paragrafo 2 del Trattato) e l’ambiente (articolo 191, paragrafo 3).
Il rischio è che, nonostante il Trattato di Lisbona del 2007 abbia allargato il campo di applicazione delle decisioni adottate mediante il voto a maggioranza qualificata, in seno al Consiglio ci si trovi di fronte ad uno stallo sostanziale imposto da veti incrociati. Anche perché, in linea generale, il Consiglio tende a ricercare l’unanimità anche quando non è tenuto a farlo. Questa tendenza risale al «Compromesso di Lussemburgo» del 1966, che pose fine a una controversia nata fra la Francia e gli altri Stati membri. Parigi aveva infatti rifiutato di passare dall’unanimità al voto a maggioranza qualificata in determinati settori (la famosa politica della sedia vuota di Charles De Gaulle).
Il rischio di veti incrociati in seno al Consiglio europeo sulla tassonomia
Il testo del Compromesso recitava: «Qualora, nei casi di decisioni che possano essere adottate a maggioranza su proposta della Commissione, siano in gioco rilevanti interessi di uno o più Stati, i membri del Consiglio devono adoperarsi per giungere entro un congruo termine a soluzioni che possano essere approvate da tutti i membri del Consiglio, nel rispetto dei loro interessi reciproci e di quelli della Comunità». Tanto che, per superare il requisito dell’unanimità, gli Stati membri hanno concluso accordi internazionali al di fuori dell’ordinamento giuridico dell’Ue». Il documento è stato superato dall’Atto unico europeo del 1987, ma la tendenza alla ricerca politica del consenso è rimasta.
Da come funzionerà il processo legislativo, se questa sarà la decisione della Commissione, dipenderanno certamente i tempi e forse la sorte stessa di un bel pezzo della tassonomia europea. Per la parte “rimanente” – che resta corposa, trattando questioni agricole, industriali o ancora di mobilità – il documento entrerà in vigore, a meno che una maggioranza qualificata di Stati membri o assoluta di eurodeputati non decisa di opporsi.