Un oceano di tonni da salvare. Ma le banche remano contro
Greenpeace rivela quali sono le banche che finanziano la pesca selvaggia dei tonni: un disastro per l'equilibrio dei nostri oceani.
L’impatto dei finanziamenti concessi dalle banche occidentali alle aziende coinvolte nella pesca dei tonni è disastroso. Per la fauna e più in generale per gli oceani. A rivelarlo è un rapporto di Greenpeace Unearthed, piattaforma di giornalismo investigativo dell’associazione ecologista.
Unearthed ha indagato in merito ai finanziamenti forniti da alcune banche a cinque aziende implicate nell’overfishing (la pesca incontrollata) e nella lavorazione del tonno nell’ultimo decennio. Si tratta di Mitsubishi Corporation, Marubeni Corporation, Dongwon Industries, Nutreco e Thai Union Group.
4,1 miliardi di dollari ai colossi della pesca dei tonni
È stato stimato che le banche occidentali abbiano fornito circa 4,1 miliardi di dollari a sostegno di tali imprese, che praticano pesca intensiva. E non risparmiano neppure alcune specie di tonno a rischio estinzione. Il primato? È quello del colosso americano Citigroup, che ha concesso finanziamenti per quasi 2 miliardi di dollari. Benché si tratti di cifre relativamente esigue, se commisurati ai giri d’affari delle banche coinvolte, per le imprese si tratta di quantitativi enormi.
La metodologia dell’indagine dei giornalisti di Greenpeace prende spunto da quella utilizzata nel rapporto “Banking on Climate Change” del Rainforest Action Network. Che rivelato come, nei quattro anni successivi all’approvazione dell’Accordo di Parigi, le banche abbiano concesso al settore delle fonti fossili la cifra astronomica di 2.700 miliardi di dollari.
Nel caso di Unearthed, per ogni finanziamento è stato presa in considerazione solo la quota utilizzata dalla società ricevente per investimenti nel settore della pesca e della lavorazione del tonno. In altre parole, il sostegno finanziario totale è stato diviso per la quota di guadagni che l’impresa ha ricevuto dalle sole attività legate alla compravendita e all’allevamento di tale materia prima.
Il tonno, vittima di una pesca scellerata
L’agire di queste banche solleva sincere preoccupazioni sul rispetto dei principi di sostenibilità e codici di condotta che hanno sottoscritto. Proprio Citi bank, nel suo Environmental and Social Policy Framework, afferma inoltre di riconoscere l’importanza di proteggere “aree di significativa biodiversità“. Allo stesso modo, sostiene di essere a conoscenza dei meccanismi con i quali la finanza mondiale mette a rischio gli ecosistemi.
Tra i clienti di Citi figura Mitsubishi Corporation, la più grande società commerciale del Giappone: il Giappone consuma l’80% di tutto il Pacific Bluefin, Atlantic Bluefin e Southern Bluefin pescato nel mondo e gran parte di esso è venduto da Mitsubishi. L’Unione internazionale per la conservazione della Natura considera queste tre specie rispettivamente vulnerabile, in pericolo e a rischio estinzione.
Non solo pesca illegale, ma anche pseudo-acquacoltura
Con la crescente diminuzione di esemplari di tonno negli oceani, colpa anche delle pratiche di pesca illegale, è sempre più necessario servirsi di “tonno rosso di acquacoltura” per mantenere determinati standard quantitativi sul mercato. L’acquacoltura consiste essenzialmente nel catturare esemplari selvatici, rimpinguarli e detenerli in recinti marini. Dopodiché li si prelevano e li si immettono sul mercato alimentare.
Gli esperti considerano anche questa pratica estremamente problematica. Per Jessica Meeuwig, direttrice del Center for Marine Futures presso l’università dell’Australia occidentale questo «è allevamento, non acquacoltura. Questi animali non avranno mai la possibilità di riprodursi in natura e di contribuire alla rigenerazione della specie».
Alcune banche occidentali, dunque, finanziano aziende che basano la propria produzione sulla pseudo-acquacoltura dei tonni. O forniscono credito per progetti volti a supportare questa attività. Ancora una volta, Citigroup fa da capofila: nell’ultimo decennio ha fornito sostegno finanziario alla sola Marubeni Corporation per 1,2 miliardi di dollari. L’azienda rappresenta la più grande produttrice giapponese di farina di pesce, nutrimento per il tonno del Pacifico d’allevamento.
Politiche di sostenibilità
Alla luce delle indagini di Greenpeace, gli esperti hanno invitato le banche ad attuare rigorose politiche di sostenibilità che le tutelino dal rischio di supportare lo sfruttamento degli oceani.
Rashid Sumaila, professore di Economia degli oceani e della pesca presso l’università della British Columbia, ha affermato che «tutte le banche devono avere dei principi. Norgesbank, la banca centrale norvegese, ne ha sviluppati specificatamente per il finanziamento alle imprese, con l’obiettivo di salvaguardare gli oceani. È necessario accelerare il progresso e promuovere questi esempi virtuosi».
Nonostante gli impegni per una maggiore trasparenza finanziaria, però, permane poca chiarezza in merito alla destinazione del denaro fornito dalle banche. Quando sono stati contattati da Unearthed, gli istituiti di credito coinvolti hanno rifiutato di specificare le motivazioni della richiesta di finanziamenti. Più facile appellarsi al fatto che qualsiasi sostegno finanziario a un’impresa va comunque, direttamente o indirettamente, a beneficio dell’intera gamma delle loro attività.