Trasparenza delle imprese: per una volta la Germania impari dall'Italia
di Mauro Meggiolaro e Sven Giegold* Il 22 febbraio scorso il governo tedesco ha approvato un progetto di legge con il quale si attuerà la IV ...
di Mauro Meggiolaro e Sven Giegold*
Il 22 febbraio scorso il governo tedesco ha approvato un progetto di legge con il quale si attuerà la IV direttiva anti-riciclaggio dell’Unione Europea, che dovrebbe portare maggiore trasparenza nel sistema economico. In base a quanto prevede la direttiva, i nomi dei proprietari effettivi delle società fiduciarie (normalmente utilizzate proprio per nascondere i veri beneficiari finali di un’impresa) dovranno essere pubblicati in appositi registri, a cui potranno accedere le autorità dei singoli Paesi e altri soggetti che possano dimostrare un “interesse legittimo”. In Italia lo schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva è stato approvato il 23 febbraio, un giorno dopo la Germania. È sicuramente una buona notizia: le nuove norme renderanno più facile la lotta contro l’evasione fiscale e il finanziamento del terrorismo, che si appoggiano molto spesso a grovigli societari opachi e inestricabili.
Alla fine però, in Germania come in Italia, solo un numero ristretto di soggetti potrà avere accesso ai registri: autorità di vigilanza, guardia di finanza, autorità giudiziarie ecc., oltre a «chiunque – si legge nel progetto di legge tedesco – dimostri di avere un interesse legittimo alla consultazione dei dati» (nel decreto italiano si parla di «soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi», come associazioni o comitati). Il ministero delle finanze tedesche si spinge ad individuare, tra chi può avere un interesse legittimo, «le organizzazioni non governative (ONG) e i giornalisti specializzati», sempre però che riescano a dimostrare la legittimità del loro interesse e comunque dietro pagamento dei relativi diritti.
Nell’iter legislativo che ha portato all’approvazione della IV direttiva anti-riciclaggio, il governo tedesco è stato uno dei più duri oppositori di un accesso pubblico alle informazioni. È solo grazie alla pressione del parlamento europeo che si è riusciti a prevedere l’istituzione dei “registri della trasparenza”. Non stupisce, quindi, che la Germania abbia poi optato per un’interpretazione restrittiva della direttiva a livello nazionale, limitando il più possibile la consultazione dei dati. Mentre è proprio in casi come questo – dove ci sono di mezzo la giustizia fiscale e la lotta alla criminalità – che sarebbe di fondamentale importanza un accesso pubblico, illimitato e gratuito ai dati. Grazie a un controllo diffuso delle informazioni sulle imprese può essere più facile mantenere i dati aggiornati. Inoltre, qualunque soggetto economico potrebbe approfittare dei registri per capire chi si nasconda effettivamente dietro un’impresa con la quale, per esempio, si sta firmando un contratto.
Ancora una volta la Germania non ha smentito la sua tradizionale opacità in campo economico, confermata anche dalla sua posizione nel Financial Secrecy Index (Indice di Opacità Finanziaria) aggiornato ogni anno dall’ONG Tax Justice Network. Per quanto riguarda la trasparenza dei dati delle imprese, Berlino è infatti agli ultimi posti in Europa. Prendiamo, per esempio, il registro delle imprese tedesco: i bilanci delle società non si possono scaricare e non è possibile fare una ricerca per nome di azionisti, consiglieri di amministrazione o manager.
È vero, un paio di numeri sono disponibili sul sito pubblico Bundesanzeiger, ma molto spesso si tratta solo di alcuni dati chiave dello stato patrimoniale. Del conto economico non c’è nessuna traccia. E spesso anche questi pochissimi dati non sono aggiornati.
In Italia, al contrario, i bilanci aggiornati di tutte le società a responsabilità limitata (Srl) e società per azioni (SpA) possono essere scaricati dal registro delle camere di commercio per 2,50 euro, senza che debba essere dimostrato alcun interesse legittimo. La trasparenza dei dati delle imprese italiane ha reso possibili decine di inchieste giornalistiche. In Germania un giornalista investigativo alla ricerca di dati aggiornati su imprese non quotate si scontra quasi sempre contro un muro di opacità e ingiustificata riservatezza. In Gran Bretagna, i bilanci e i nomi degli azionisti sono pubblicamente consultabili e, da poco, si possono addirittura scaricare gratuitamente. In Francia l’accesso ai dati delle imprese funziona in modo simile all’Italia. Perfino in Lussemburgo si possono scaricare i bilanci delle imprese in forma abbreviata. In Germania no e, in questo modo, il Paese economicamente più forte d’Europa impedisce ogni ricerca economica approfondita da parte di imprese, giornalisti e ONG. Il livello di trasparenza dell’economia tedesca è e rimarrà ridicolmente basso, anche dopo l’entrata in vigore della nuova legge anti-riciclaggio.
*Sven Giegold è parlamentare europeo dei Verdi tedeschi (Bündnis 90/Die Grünen) e portavoce sui temi finanziari del Gruppo dei Verdi/ALE al parlamento europeo.
Una versione breve di questo articolo è stata pubblicata sul blog di Mauro Meggiolaro ospitato da Il Fatto Quotidiano.
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