Come funziona il Tropical Forest Forever Facility (Tfff), il fondo per le foreste lanciato alla Cop30

Dinamiche, potenzialità e limiti del Tropical Forest Forever Facility (Tfff), voluto dal Brasile per remunerare la tutela delle foreste

La presentazione del Tropical Forest Forever Facility (Tfff) alla Cop30 © Kiara Worth/UN Climate Change

Il supporto di 53 Paesi (tra cui 19 che potrebbero contribuire come investitori sovrani) e impegni di finanziamento annunciati (pledges) pari a 5,5 miliardi di dollari, con l’obiettivo dichiarato di arrivare a 125 miliardi. Questi i numeri del Tropical Forest Forever Facility (Tfff), l’innovativo fondo per la conservazione e il ripristino delle foreste tropicali che è stato lanciato ufficialmente il 6 novembre, durante il vertice dei leader che ha preceduto l’apertura della Cop30, la Conferenza delle parti sul clima in corso a Belém, in Brasile.

Un nuovo meccanismo finanziario per incentivare la tutela delle foreste

Il Tropical Forest Forever Facility si basa su un meccanismo finanziario pay-for-performance. Il problema strutturale dei servizi ecosistemici, infatti, è che non hanno un valore di mercato. Le foreste assorbono CO2 e rilasciano ossigeno, ospitano una ricca biodiversità, regolano il ciclo dell’acqua, sono fondamentali per la sussistenza e l’identità di comunità rurali e popoli indigeni. Ma lo fanno gratis. Paradossalmente, a incassare profitti sono le industrie estrattive che si impadroniscono di queste risorse comuni e le sfruttano a fini privati. Un’ulteriore prova della sottovalutazione del ruolo delle foreste sta nel fatto che oggi ricevono meno del 4% dei finanziamenti internazionali per il clima.

Questo fondo, che il governo del Brasile ha fortemente voluto, vuole far sì che proteggere e ripristinare le foreste diventi vantaggioso anche dal punto di vista economico. A differenza delle iniziative tradizionali, che erogano prestiti temporanei o finanziamenti a specifici progetti, è un veicolo di investimento permanente. Nelle intenzioni dei promotori, raccoglierà 125 miliardi di dollari. 25 da governi ed enti filantropici che si rendono disponibili ad assorbire eventuali perdite iniziali. Gli altri 100 da investitori (fondi pensione, fondi sovrani e compagnie assicurative) che acquistano le obbligazioni del fondo.

Il braccio finanziario dell’iniziativa, chiamato Tropical Forest Investment Fund (Tfif), investirà questi capitali in una serie di strumenti (escludendo quelli con un impatto ambientale negativo) che idealmente arriveranno a offrire un rendimento medio del 5,5% annuo per vent’anni. Dopo aver ripagato gli investitori e i Paesi donatori, qualsiasi ricavo aggiuntivo andrà ai Paesi in via di sviluppo dotati di foreste. Secondo le stime, si arriverà così a generare – al netto di costi e accantonamenti – un flusso di cassa di circa 3,4 miliardi di dollari all’anno. 4 dollari per ogni ettaro di foresta tropicale protetta. Le cifre superano il budget dei ministeri dell’Ambiente di molti Paesi beneficiari.

Chi partecipa al Tropical Forest Forever Facility (Tfff) e come

Dei 53 Paesi che hanno firmato la Tfff Declaration, 19 sono potenziali finanziatori. Più nel dettaglio, la Norvegia ha annunciato un impegno – seppure soggetto a determinate condizioni – di 3 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Brasile e Indonesia hanno riconfermato i rispettivi impegni pari a un miliardo di dollari ciascuno. Il Portogallo ha promesso un milione di dollari, la Francia valuta un contributo fino a 500 milioni di euro entro il 2030, i Paesi Bassi hanno stanziato 5 milioni di dollari per la segreteria. Anche la Germania dichiara di voler contribuire, ma non ha ancora definito le cifre. Non pervenuti Regno Unito e Italia. Il ministro delle Finanze brasiliano Fernando Haddad ha dichiarato di puntare a raccogliere 10 miliardi di dollari entro il prossimo anno. Una cifra dimezzata rispetto a quella ipotizzata inizialmente. La Banca mondiale funge da fiduciaria e gestisce ad interim il segretariato.

Gli altri 34 firmatari sono gli Stati che ospitano foreste tropicali nel proprio territorio, tra cui Brasile, Indonesia, Repubblica Democratica del Congo, Perù, Cina. Messi insieme, coprono oltre il 90% dell’intera superficie delle foreste tropicali nei Paesi in via di sviluppo. Per ricevere i finanziamenti, che in ogni caso non sostituiscono i programmi esistenti, questi Paesi (74 quelli eleggibili) devono dimostrare di avere un tasso di deforestazione inferiore allo 0,5%. Il monitoraggio satellitare verificherà ogni anno l’estensione della copertura forestale. I pagamenti saranno destinati solo alle aree in cui la copertura arborea supera il 20-30%: una soglia che però vari osservatori ritengono troppo bassa. In caso di deforestazione, degrado o incendi, il fondo decurterà i pagamenti in proporzione ai danni. Un altro dato rilevante, e molto pubblicizzato, sta nel fatto che almeno il 20% dei pagamenti andrà ai popoli indigeni e alle comunità locali.

L’entusiasmo del governo brasiliano per il lancio del Tropical Forest Forever Facility (Tfff) alla Cop30

«Il lancio del Tfff alla Cop30 segna un punto di svolta nella storia della conservazione delle foreste tropicali. Per la prima volta disponiamo di un meccanismo globale che riconosce il valore dei servizi ecosistemici delle foreste e offre incentivi permanenti per la loro tutela. È un risultato collettivo che pone il Brasile al centro della costruzione di soluzioni climatiche durature», ha dichiarato la ministra dell’Ambiente e dei cambiamenti climatici del Brasile, Marina Silva. Il ministro degli Esteri, Mauro Vieira, ha aggiunto: «Il TFFF riflette la visione diplomatica del Brasile, fondata sulla convinzione che i Paesi tropicali siano coloro che meglio conoscono come conservare le proprie foreste. Li rafforza, offrendo una fonte di risorse stabile e su larga scala per sostenere politiche ambientali di lungo periodo».

Anche Kirsten Schuijt, direttrice generale di Wwf International, parla di «un punto di svolta: ricompensa i Paesi affinché preservino le proprie foreste. Canalizza finanziamenti direttamente ai popoli indigeni e alle comunità locali, i veri custodi delle nostre foreste. Ed è progettato per essere scalabile e avere grande impatto, combinando finanza pubblica, privata e filantropica per proteggere oltre un miliardo di ettari di foreste tropicali in più di 70 Paesi».

Ma i fondi per le foreste sono soggetti ai rischi e alla volatilità dei mercati

Ben più critica la posizione di Teresa Anderson, Global Lead on Climate Justice di ActionAid. «Questo fondo è una scommessa nel casinò dei mercati finanziari. Le risorse pubbliche sono scarse e devono arrivare direttamente alle comunità forestali, invece di finire in complessi strumenti finanziari che non garantiscono né di raccogliere fondi né di portare benefici concreti alle persone sul territorio», ha dichiarato. «Purtroppo, questa iniziativa si basa sull’aumento del peso del debito per Paesi già in difficoltà e costantemente colpiti da disastri climatici. È una contraddizione rispetto ai principi di una finanza climatica equa».

Anche un’analisi di Carbon Brief sottolinea come la gerarchia metta comunque al primo posto i rendimenti degli investitori. I pagamenti destinati ai Paesi forestali vengono dopo e sono soggetti alla volatilità dei mercati. Concorda Frederic Hache, co-fondatore del think tank Green Finance Observatory: «Anche se un Paese soddisfa i criteri molto rigidi per ottenere questi fondi, l’accesso ai finanziamenti per la conservazione dipende comunque dalle condizioni dei mercati finanziari e dall’abilità di un gestore di fondi. Non è una soluzione molto generosa, né particolarmente adeguata».

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