Il Barcellona e il sogno dei lemming verso il precipizio

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

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La conferma che il pallone abbia oramai poco a che fare con l’economia e molto con la finanza e i suoi giochi di prestigio arriva dal presidente del Barcellona. Nella conferenza stampa di inizio anno Joan Laporta ha dichiarato: «Tutti nel mondo dovrebbero prepararsi, il Barça è tornato». Dopo l’annuncio di Ferran Torres, arrivato dal Manchester City per 55 milioni, ha fatto capire che in estate sbarcherò Erling Haaland: se anche il cartellino del fenomeno norvegese costasse “solo” 75 milioni, andrebbero aggiunti 30-40 milioni di commissione al procuratore e al padre, e altri 30-40 milioni di stipendio al giocatore per cinque anni. Un’operazione che sfiora i 300 milioni. Tutto bene, in fondo il Barça ha sempre preso grandi giocatori.

Proviamo però a riavvolgere il nastro. È agosto e Laporta, tornato presidente da pochi mesi, annuncia: «Il debito reale del club è di 1 miliardo e 482 milioni. Quando sono arrivato ho dovuto chiedere un prestito per pagare gli stipendi». È settembre, e dopo aver perso a parametro zero un certo Lionel Messi, venti anni con la stessa maglia, trentacinque trofei e oltre quattrocento gol, il Barcellona manda via in prestito anche Griezmann e Pjanic per risparmiare sugli ingaggi. La situazione è disastrosa. È ottobre, il Barça approva il consuntivo per la stagione 2020-21: una perdita di 481 milioni, spese aumentate del 19% e ricavi diminuiti del 26%; debiti per 1,35 miliardi di cui la metà con le banche. E anche le previsioni di bilancio per il 2021-22 sono pessime. È dicembre, in campionato si gira al quinto posto, in Champions non si supera il girone arrivando dietro Bayern e Benfica. Tutto lascia presagire sia la fine di un’epoca.

E invece no, il Barça rilancia. Ecco il clamoroso annuncio: un piano da 1,5 miliardi di euro per costruire il nuovo stadio del Camp Nou. Con quali soldi? Ma con altri debiti, ci mancherebbe. Un finanziamento da 1 miliardo e mezzo di euro, garantiti con un prestito pluridecennale dalla stessa Goldman Sachs che in agosto aveva già prestato alla società 585 milioni di euro per ristrutturare i vecchi debiti. Quasi il 90% dell’assemblea dei soci vota entusiasta a favore di questa mossa spericolata. Poi gli annunci di Torres e Haaland: «Il Barça è tornato».

Ecco la ricetta del pallone nell’epoca della sua riproducibilità finanziaria: meno soldi e più debiti si hanno, più conviene indebitarsi ancora, in un gioco al massacro che porterà alla catastrofe definitiva. Alla guida di un gregge di lemming (i piccoli roditori che si buttano nel mare, credenza popolare che non ha fondamento scientifico ma rende bene l’idea) il Barcellona si dirige verso il precipizio. E nel farlo può ancora sognare e godere con gli assist di Torres e i gol di Haaland. Poi cadrà, come tutti.