Se gli occhi della finanza puntano il settore agroalimentare
Nel 2005 pochi grandi fondi investivano nel settore agroalimentare, oggi sono in 750 a farlo. E in futuro si prevede un'ulteriore crescita
I tentacoli della finanza si stanno allungando sempre più anche sul settore agroalimentare. A oggi, nel mondo, sono 730 i fondi che investono nel comparto. Secondo le stime di Le Déméter, pubblicazione annuale francese che analizza l’andamento di questo mercato, la crescita è stata esponenziale. Nel 2005, infatti, ad essersi lanciati erano soltanto 50 fondi.
Si tratta di fondi specializzati, ma non mancano anche i colossi del settore. Come nel caso dell’americano BlackRock, di alcuni fondi sovrani e fondi pensione. In termini di capitali investiti, l’incremento è altrettanto evidente: si è passati dai 4,2 miliardi di dollari del 2005 ai 7 del periodo 2011-2015, ai 9,7 del quinquennio 2016-2020. E se, per ora, all’industria agroalimentare arriva ancora meno del 2% di capitali investiti dai grandi attori finanziari, lo studio francese prevede una crescita sempre più marcata prossimi anni.
Un settore fondamentale dell’economia globale
Dell’importanza dell’industria si sono già resi conto alcuni ultra-ricchi come Bill Gates e Ted Turner. Il fondatore di Microsoft nel 2021 è diventato il più grande proprietario di terreni agricoli degli Stati Uniti . Con quasi 250mila ettari di terre coltivabili. Il tycoon della CNN, invece, possiede due milioni di ettari, che equivalgono a un piccolo impero grande quasi quanto il Belgio.
Nel mondo globalizzato del XXI secolo, l’industria alimentare rappresenta una fetta fondamentale dell’economia mondiale. E la finanza è pronta a cogliere la palla al balzo, come sempre. Secondo la Banca Mondiale, il mercato vale 8mila miliardi di dollari. Assorbe inoltre il 10% della spesa globale dei consumatori, occupa il 40% della forza lavoro ed è responsabile del 30% delle emissioni di gas serra mondiali. Non parliamo soltanto di agricoltura, ma di una catena del valore che include anche la trasformazione alimentare, il trasporto e la distribuzione. E che consente ai fondi di diversificare i propri investimenti lungo tutta la filiera.
Secondo Sébastien Abis, co-direttore di Le Demeter, «questi fondi non si accontentano solo di investire in società specializzate. Creano i loro fondi agricoli o agroalimentari, con l’obiettivo di verticalizzare i loro investimenti. E di gestire dalla A alla Z le operazioni, dalla produzione alla commercializzazione». Il caso di Singapore, in questo senso è emblematico della forza dei capitali. La città-Stato è sprovvista di risorse naturali, eppure è uno dei principali attori nel commercio mondiale di prodotti agricoli.
Un’industria redditizia e in crescita: bersaglio perfetto per la finanza
L’industria agroalimentare, infatti, cresce. Così come cresce la popolazione mondiale e, quindi, la domanda. Le bocche da sfamare sono in aumento, e il settore che vuole soddisfarle è considerato un campo sicuro per gli investimenti. In questo scenario la Cina gioca un ruolo-chiave. Nonostante la crescita della sua popolazione sia rallentata sensibilmente negli ultimi 30 anni, e possieda oltre il 10% delle terre coltivabili di tutto il Pianeta, la seconda economia più grande al mondo è comunque la più grande importatrice di cibo. E ogni anno che passa, la quantità di prodotti alimentari che varcano i confini cinesi aumenta ulteriormente.
Un settore sicuro, insomma. E anche assai redditizio. In questo momento, i prezzi delle materie prime agricole, in aumento, incoraggiano i fondi a investire nella produzione. Secondo il Food Price Index, calcolato dalla Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, il prezzo medio del cibo è cresciuto del 20% rispetto a un anno fa. E del 45% negli ultimi cinque anni. Musica per le orecchie degli investitori.
La finanza si concentra nei Paesi sviluppati
Secondo Le Déméter, l’intervento della finanza può dare un’iniezione positiva al settore, contribuendo alla crescita degli operatori anche più deboli. In realtà, gli investimenti sono sproporzionatamente concentrati nei Paesi più sviluppati dove, grazie alle migliori tecnologie, i margini di profitto sono più ampi. Due terzi di tutti i soldi investiti confluiscono, infatti, in America del Nord e in Europa.
Gli analisti francesi sostengono, inoltre, che i soldi della finanza potrebbero fare spazio a uno sviluppo sempre più sostenibile, con investimenti mirati a misure come la mitigazione del cambiamento climatico, la conservazione della biodiversità o lo sviluppo dell’innovazione. Neanche il 20% dei fondi analizzati nella ricerca, però, si definivano “a impatto”, mirati cioè a questi obiettivi. Di strada da percorrere in questa direzione ce n’è ancora moltissima.