Cosa ha detto davvero l’IEA sul ruolo del nucleare nella transizione energetica
Chi sostiene il nucleare ha esultato dopo la pubblicazione di un rapporto dell'IEA. Che però evidenzia tutte le criticità della fonte
Il 30 giugno l’IEA – l’Agenzia Internazionale dell’Energia – ha pubblicato un approfondimento sul ruolo del nucleare nella transizione energetica, il report intitolato “Nuclear Power and Secure Energy Transitions”. Il documento è la naturale prosecuzione del precedente report “Net Zero by 2050 – A Roadmap for the Global Energy Sector” (NZE 2050), pubblicato nel 2021. Che tracciava la tabella di marcia per realizzare lo scenario «più tecnicamente fattibile, più efficiente dal punto dei vista dei costi, e più accettabile socialmente» per giungere a emissioni nette nulle (net zero) di CO2 entro il 2050. Consentendo di limitare la crescita della temperatura media globale a +1,5°C.
Lo scenario NZE 2050: non servono fossili. Rinnovabili al 90% nel 2050
Lo scenario NZE 2050 – divenuto un punto di riferimento per governi e istituzioni – affermava con chiarezza che non abbiamo bisogno di investire in nuovi impianti di estrazione di gas e di petrolio (e nemmeno di carbone). Che le rinnovabili potranno coprire il fabbisogno elettrico mondiale al 90% e che nel 2050 il solare potrà essere la fonte più importante di energia (e non solo di elettricità) a livello globale. Secondo l’IEA, infatti, per poter raggiungere l’obiettivo net zero entro il 2050 la produzione di elettricità da fonti fossili dovrà crollare. Mentre le rinnovabili faranno la parte del leone, aumentando di otto volte la produzione. E andando a raggiungere quasi il 90% della generazione elettrica totale entro il 2050.
Ad una prima lettura, per il nucleare lo scenario NZE 2050 sembra offrire segnali di speranza: secondo lo scenario il nucleare dovrà raddoppiare la quantità di elettricità prodotta da qui al 2050; ma guardando con più attenzione la situazione appare meno rosea. Infatti, tenendo conto del fatto che la produzione elettrica mondiale triplicherà, questo significa che il nucleare andrà a rivestire un ruolo sempre più marginale in termini relativi, coprendo nel 2050 il fabbisogno elettrico globale per meno del 10% (in calo).
Nucleare a meno del 10% del mix energetico mondiale
E questo nonostante il fatto che, per raggiungere questo risultato, si richiede che il ritmo delle nuove installazioni annue passi dai 6 GW dell’ultimo decennio a 24 GW, quadruplicando: un obiettivo estremamente sfidante.
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Inoltre è importante distinguere: secondo l’IEA la crescita del nucleare avverrà in larghissima parte nei mercati emergenti (Cina in primis) mentre la produzione nelle economie avanzate crescerà ben poco. Andando a dimezzare il suo contributo (dal 18% attuale al 10%) in termini relativi. Gran parte dei nuovi reattori che entreranno in funzione nelle economie avanzate andrà a rimpiazzare quelli che inevitabilmente dovranno chiudere per raggiunti limiti di età.
La crescita del nucleare nelle economie avanzate sarà minima
Il nuovo report appena pubblicato è stato accolto con un certo favore tra i sostenitori del nucleare, che hanno apprezzato l’accento che IEA mette sul suo potenziale nel raggiungere la net zero a costi inferiori (rispetto ad uno scenario in cui il nucleare si sviluppi di meno). In realtà, ad uno sguardo più attento, il report si focalizza sulle difficoltà del settore in termini di costi, performance, sicurezza, gestione delle scorie, e capacità di raccogliere investimenti. E conferma e approfondisce quanto già delineato per il nucleare nel NZE 2050, e in particolare:
- nonostante si preveda un raddoppio dell’elettricità da nucleare (da 2.700 an 5.500 TWh), nel 2050 la quota del nucleare sul totale della produzione elettrica mondiale scenderà all’8%, ai minimi dal 1980;
- la crescita per il nucleare nelle economie avanzate sarà minima, solo +15% in termini di produzione in 30 anni, con gran parte del nuovo installato che servirà a sostituire gli impianti che verranno chiusi, e che sarà concentrato nei Paesi già attivi (Stati Uniti, Francia, ecc.);
- come ha ricordato il direttore esecutivo dell’IEA Fatih Birol, le economie avanzate hanno perso la loro market leadership: dei 31 reattori la cui costruzione è iniziata dal 2017, solo 4 non sono di concezione cinese o russa.
L’IEA sottolinea i problemi legati a costi e tempi. E la necessità di ingenti risorse pubbliche
Soprattutto, l’IEA stessa dice che il nucleare potrà registrare questo sviluppo – comunque limitato come si vede – solo se l’industria sarà in grado di invertire la tendenza riducendo costi e tempi, e se ci sarà forte supporto, anche finanziario, da parte dei governi.
In tempi in cui le finanze degli Stati sono sempre più in difficoltà appare poco probabile che – almeno in Occidente – molti Paesi possano dedicare ingenti risorse pubbliche alla costruzione di impianti che potranno realisticamente entrare in funzione tra circa 10-15 anni. E quando lo saranno non saranno nemmeno competitivi. Anche nel recente report l’IEA conferma infatti che nel 2050 l’elettricità prodotta dal nucleare occidentale costerà da 3 a 4 volte quella prodotta da solare ed eolico.
Solare ed eolico da 3 a 4 volte meno cari
Si pensi che le recenti aste del Regno Unito hanno visto assegnare tariffe a eolico e solare per importi tra le 37 e le 46 sterline/MWh. Contro le 92,5 (più inflazione: oggi la tariffa è già salita a 110 GBP/MWh) che saranno garantite per 35 anni ai due reattori di Hinkley Point C. La cui costruzione è già in ritardo e over budget: i reattori costeranno di più, in euro per MW, del reattore finlandese di Olkiluoto, diventato famoso per ritardi ed extra costi record.
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Non casualmente il governo britannico ha recentemente annunciato un investimento di circa 60 miliardi di euro per ammodernare la rete elettrica. E renderla in grado di poter sfruttare al meglio il potenziale delle rinnovabili: è il più grande investimento in questo senso dagli anni Sessanta. Richiederà solo cinque anni per essere portato a termine. E costerà l’equivalente di poco più di due impianti come quello di Hinkley Point C.
Dal nucleare risparmi dello 0,4% sugli investimenti e dello 0,2% sulle bollette
Come detto, secondo l’IEA il nucleare potrà consentire risparmi nel raggiungere la net zero nel 2050 solo se l’industria riuscirà a ridurre i costi di installazione di nuovi impianti. di circa il 50% in Europa e di circa il 10% negli Stati Uniti. Se l’obiettivo oltreoceano appare ragionevole (anche se va considerato il fatto che in realtà ad oggi i costi degli unici reattori americani in costruzione sono molto simili a quelli del più costoso reattore europeo in costruzione: Flamanville), il track record dell’industria nucleare europea, che vede costi e tempi in crescita da anni, non induce all’ottimismo. E anche la recentissima introduzione del nucleare nella tassonomia per gli investimenti green non potrà da sola cambiare le cose.
È però anche interessante osservare a quanto ammonterebbero, secondo la stessa IEA, i risparmi consentiti dall’utilizzo del nucleare. Si tratta di 500 miliardi di dollari in termini di investimenti (da oggi al 2050), e di circa 20 miliardi di dollari annui in termini di bolletta elettrica.
Nello scenario NZE 2050 IEA stima che gli investimenti necessari per raggiungere la net zero ammonteranno a circa 140mila miliardi di dollari. E che al 2050 le bollette elettriche annue ammonteranno a 8.500 miliardi di dollari. Di conseguenza, il nucleare consentirebbe risparmi dello 0,4% sugli investimenti dello 0,2% sulle bollette.
Probabilmente i reattori rimarranno concentrati nei paesi che già li utilizzano
Sono numeri rilevanti? Non pare, sinceramente. Infine, e non casualmente, l’Agenzia sottolinea che il modo più efficiente ed efficace di investire nel nucleare è estendere la vita degli impianti già in funzione, laddove le condizioni di sicurezza lo consentano. Il che porta inevitabilmente a ritenere che il nucleare resterà concentrato nei Paesi che già lo utilizzano.
A questo proposito, si noti che il report dell’IEA non è un invito a investire nel nucleare – IEA afferma chiaramente che rispetta appieno la scelta di quegli Stati che hanno deciso di avvalersi della tecnologia – ma un documento che contiene raccomandazioni per quei Paesi che hanno già deciso di sceglierlo.
In conclusione, quello di IEA appare come un appello all’industria nucleare dei Paesi occidentali (e ai governi che dovranno sostenerla). Perché riesca finalmente a invertire la tendenza e a costruire nuovi impianti con costi e tempi competitivi. Ma, considerando che in Occidente negli ultimi 20 anni è iniziata la costruzione di soli 6 reattori (per meno di 9 GW totali), ognuno dei quali ha scontato fortissimi ritardi e sforamenti di budget, e nessuno dei quali è ancora entrato pienamente in funzione, il successo dell’impresa appare tutto tranne che scontato.