Nucleare, Macron promette 14 nuovi reattori. Un piano ad alto rischio

Emmanuel Macron punta sul nucleare con 14 nuovi reattori EPR2: cosa sono, quanto costano e perché i tempi indicati appaiono irrealistici

Emmanuel Macron punta sul nucleare con i nuovi reattori EPR2 © Radu Razvan/iStockPhoto

Giovedì 10 febbraio il presidente della Francia Emmanuel Macron ha annunciato la volontà di costruire 6 nuovi reattori nucleari. Si tratta di impianti  del tipo EPR2 che dovrebbero vedere la luce entro il 2050, con l’avvio del primo reattore nel 2035. Inoltre, il leader centrista ha evocato la possibilità di costruire ulteriori 8 impianti, per un totale di 14. «Riprendiamo la grande avventura del nucleare», ha dichiarato.

Cosa sono gli EPR2 promessi da Emmanuel Macron

Per comprendere appieno gli annunci del presidente transalpino, occorre tenere conto di tre fattori: l’imminenza delle elezioni presidenziali (previste per il mese di aprile), la natura degli EPR in questione e, infine, i problemi del gestore elettrico EDF. 

Gli EPR2 rappresentano una versione “ottimizzata” del reattore EPR. Quest’ultimo, lo European Prussurized Reactor, è stato pomposamente ribattezzato “Evolutionary Power Reactor”. Lo studio di tale reattore fu lanciato da EDF nel 2015. Gli EPR2 dovrebbero presentare una potenza di 1.670 MW. A fronte dei 900 MW della maggior parte dei vecchi reattori che compongono il parco nucleare francese. Si tratta di strumenti che promettono di essere più semplici in termini di costruzione rispetto, ad esempio, agli EPR attualmente in cantiere a Flamanville, sulla Manica, e a Hinkley Point, in Gran Bretagna.

«Una sfida gigantesca per un’industria che non avvia un nuovo reattore in Francia dal 1999»

Ora, la proposta di Macron rappresenta l’ipotesi più ambiziosa studiata dal gestore della rete elettrica transalpina RTE. «In altre parole, si tratta del carico massimo che, in teoria, l’industria francese è in grado di sopportare», ha affermato il quotidiano Les Echos. Giornale vicino agli ambienti confindustriali e mai schierato contro il nucleare.

La stessa testata sottolinea che «per mantenere una tale tabella di marcia, per soddisfare gli standard qualitativi richiesti dall’Autorità per la sicurezza nucleare (ASN) e per rispettare i budget previsti, la sfida è gigantesca. Soprattutto per un’industria che non è mai riuscita a mettere in servizio un nuovo reattore in Francia dal 1999. Le difficoltà riscontrate regolarmente a Flamanville mostrano che la perdita di know-how nel settore nucleare è enorme». 

La Corte dei conti di Parigi ha sottolineato, inoltre, come dal punto di vista finanziario si tratti di un programma gigantesco. Il costo delle prime tre coppie di reattori EPR2 è stato stimato tra 46 e 64 miliardi di euro. Ma i magistrati contabili, sulla base degli enormi ritardi e delle esplosioni dei costi riscontrati nei cantieri dei reattori EPR europei, hanno sottolineato come esista una «incertezza in termini di capacità di costruire un nuovo parco di reattori in tempi e a costi ragionevoli».

Costo dei primi 6 reattori: tra 46 e 64 miliardi di euro. «E c’è incertezza»

Ad oggi, EDF presenta inoltre un’esposizione debitoria che tocca i 42 miliardi di euro. È inevitabile, dunque, che la compagnia debba bussare alla porta del suo principale azionista: lo Stato. «Sono numerosi – prosegue Les Echos – i temi che restano sul tavolo. Tra questi la condivisione dei rischi finanziari, i probabili sovraccosti e, soprattutto, il business plan dei cantieri, che dovrà ottenere il via libera della Commissione europea e assicurare ai francesi un costo accettabile dell’energia elettrica».

impianto nucleare
Il presidente della Francia Macron punta decisamente sul nucleare, a pochi mesi dalle elezioni presidenziali © TomasSereda/iStockPhoto

Dal punto di vista procedurale, inoltre, qualsiasi progetto di costruzione di nuovi EPR2 dovrà essere autorizzato dall’ASN. «Tali reattori, derivati dall’EPR – ha spiegato l’Autorità secondo quanto riportato dal quotidiano Le Monde – presentano numerosi e significativi cambiamenti. Perciò necessitano della concessione di una nuova licenza».

Concretamente, occorrerà superare numerose tappe. Innanzitutto una consultazione delle parti in causa, con un dibattito pubblico su ciascun progetto. In secondo luogo, EDF dovrà depositare una domanda ufficiale di autorizzazione al governo. Tale richiesta, a quel punto, verrà istruita dall’ASN. Che precisa: «La procedura prevede un’analisi di tre anni prorogabili di ulteriori due anni. Include un’inchiesta pubblica e si conclude infine con un decreto di autorizzazione».

Le prime autorizzazioni potrebbero arrivare soltanto nel 2027

Ammettendo anche che EDF presentasse il progetto al governo oggi stesso (cosa impossibile), per il via libera dell’autorità di controllo potrebbe essere necessario attendere il 2027. Solo a quel punto si potrebbe cominciare a ipotizzare la creazione di un primo cantiere. E benché la costruzione simultanea di più impianti possa far supporre l’emergere di un’economia di scala, le tempistiche indicate da Macron (primo avvio nel 2035) appaiono estremamente difficili da rispettare. Al contrario, la crisi climatica necessita di risposte, immediate, concrete e soprattutto certe.

emmanuel macron francia
Il presidente francese Emmanuel Macron © Pietro Naj-Oleari/European Union 2018-EP/Flickr

È qui che sembrano innestarsi ragioni più prettamente elettorali. Fra due mesi, infatti, i francesi saranno chiamati a scegliere un presidente per il prossimo quinquennio. Con la sinistra che si presenterà in ordine sparso, per Macron i pericoli maggiori provengono dal campo dei conservatori (con la repubblicana Valérie Pécresse) e dell’ultradestra. Non solo con la sempre presente Marine Le Pen (nuclearista convinta), ma anche con l’astro nascente dell’estremismo francese Eric Zemmour (anch’egli nuclearista convinto).

5 ex primi ministri del Giappone: «Il nucleare non è né sicuro, né economico, né pulito»

Di qui la probabile necessità per l’attuale presidente di “invadere” i programmi elettorali energetici del campo conservatore. Il che rappresenta, tra l’altro, un dietrofront diametrale: nel 2017, all’epoca candidato per la prima volta alle presidenziali, Macron dichiarò testualmente che lo sviluppo del nucleare «non è una cosa buona per la Francia». Da quelle dichiarazioni si è passati a quelle del 10 febbraio: «Dobbiamo riprendere il filo della grande avventura del nucleare civile». Nonostante la lettera accorata di cinque ex primi ministri giapponesi che si sono di recente rivolti alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dopo l’approvazione della tassonomia. Spiegando che «il nucleare non è sicuro, non è economico e non è pulito».

A ciò si aggiunge, infine, il problema del parco nucleare esistente. Investire in 14 nuovi reattori significherà, inevitabilmente, limitare i fondi concessi allo sviluppo delle energie rinnovabili. La Francia dovrà poi, forzatamente, prorogare il mantenimento in servizio dei vecchi e vecchissimi reattori esistenti.

«Allo stadio attuale – aggiunge il quotidiano Les Echos – nulla garantisce che EDF sia in grado di prolungare la vita dei reattori ben al di là del mezzo secolo». Il presidente dell’ASN, Bernard Doroszczuk, in questo senso, è stato chiarissimo: «Alcuni candidati alle presidenziali propongono di prolungare il servizio fino a 60 anni, se non di più. Ma ad oggi EDF non ha avviato alcuno studio su un tale scenario».

Il nucleare francese che invecchia, i reattori chiusi e la produzione in calo

Lo stato attuale del parco nucleare transalpino lascia tra l’altro numerosi, legittimi dubbi. Numerosi reattori sono infatti chiusi per problemi di corrosione. Dapprima si è trattato di cinque impianti. E il gruppo EDF, che gestisce il parco nucleare francese, era di conseguenza stato costretto a rivedere al ribasso le previsioni di produzione per l’intero 2022. Passando «da 330-360 a 300-330 TWh», proprio «a causa del prolungamento del blocco di tali reattori». Il tutto in un periodo in cui il mercato dell’elettricità è particolarmente sotto pressione in tutta Europa.

Successivamente, se ne sono aggiunti altri tre. Il che ha portato ad un ulteriore calo della produzione prevista a 295-315 TWh. Di conseguenza, la Francia si è vista costretta ad emanare un decreto con il quale viene autorizzato l’uso più intensivo del carbone. Proprio per “tamponare” le mancanze del nucleare. E malgrado il fatto che lo stesso Macron avesse promesso di chiudere, entro il 2022, tutte le centrali ancora in attività alimentate dalla fonte fossile più dannosa in assoluto per il clima.