Karim Benzema, il Pallone d’oro non sarà mai pacificato

Karim Benzema, il Pallone d'oro, i francesi di origine algerina. E il ricordo di un massacro a Parigi nel 1961

Karim Benzema in un'immagine del 2020 © Real Madrid/Wikimedia Commons

17 ottobre 1961. Decine di migliaia di donne, uomini e bambini di origine algerina che violano il coprifuoco in nome della pace sono aggrediti dalla polizia nelle strade di Parigi. È un massacro. Centinaia di morti ammazzati, corpi buttati ad affogare nella Senna, altri impiccati e lasciati penzolare nei boschi, cadaveri ovunque per le strade. 17 ottobre 2022, esattamente sessantuno anni dopo, il francese di origine algerina Karim Benzema vince il Pallone d’oro.

È il primo dopo molti anni, il primo dopo Zinedine Zidane – anche lui di origine algerina – che glielo consegna, e subito la Francia cerca di intestarselo. Ma non è così. Benzema è un reietto, è un emarginato. Il nuovo Pallone d’oro non è e non potrà mai essere pacificato.

Karim Benzema nasce negli anni Ottanta a Lione, da padre algerino e madre figlia di algerini, in una Francia in cui discriminazione e razzismo sono all’ordine del giorno. Il Front National sta crescendo in maniera esponenziale nelle urne e le banlieue certificano in maniera plastica l’esclusione dei migranti dalla vita sociale del Paese. Ancora bambino assiste al trionfo dei Mondiali del 1998, la favola dei black, blanc e beur (bianchi, neri e maghrebini) che come tutti i sogni costruiti a tavolino si sgretola e si trasforma in un incubo.

Lotte intestine, divisioni tra clan basati sulla provenienza e sul colore della pelle: quella squadra si disfa nella maniera peggiore. E a farne le spese, come da tradizione repubblicana transalpina, sono i beur. I giocatori di origine maghrebina sono allontanati dalla nazionale, accusati di non impegnarsi, tra i delatori c’è Lilian Thuram, il nero, il campione dell’antirazzismo. Come nel più perverso sogno del capitale, la lotta è infatti tra black e beur, a favore dei padroni blanc. Solo tre anni dopo la vittoria Mondiale, nel 2001, durante un’amichevole allo Stade de France tra Francia e Algeria, le seconde e terze generazione sono tutti per l’Algeria. Fischiano l’inno nazionale tricolore. Invadono il campo.

Sono gli anni Zero, e mentre Karim Benzema a suon di gol si sta affermando come calciatore professionista nel Lione, le banlieues s’incendiano reagendo all’esclusione socio economica e alla sistematica repressione poliziesca. Il Front National arriva ai ballottaggi presidenziali, e in breve diventerà il primo partito. Non c’è alcuna favola, alcuna redenzione. Men che meno in Nazionale. Benzema oramai è uno dei più forti giocatori in circolazione, passa al Real Madrid. Ma i beur continuano a dare fastidio.

Benzema è messo ai margini della Nazionale per una vicenda di rapporti consensuali con una escort minorenne, poi per una storia di presunti ricatti ai danni di un altro giocatore. Per i tribunali sarà sempre innocente, per il calcio francese no. Dal 2015 è escluso del tutto. Nel 2018 la Francia vince il Mondiale con centravanti Olivier Giroud, zero gol nella competizione. Mai successo prima. Benzema intanto continua a vincere campionati e Champions col Real, segnando e facendo segnare. Fino a che torna per gli Europei e la vittoriosa Nation League del 2021.

17 ottobre 1961 – 17 ottobre 2022. Sessantuno anni dopo uno dei più tragici e violenti massacri razzisti compiuti sul suolo europeo, la Francia chiede scusa e perdona, giusto in tempo per intestarsi il nuovo Pallone d’oro. Karim Benzema no. In nome delle centinaia di migliaia di beur colonizzati, violentati, trucidati, esclusi e sfruttati, lui non perdonerà mai.