Troppi combustibili fossili: a rischio i sistemi energetici e il clima
Il nuovo rapporto dell'IEA spiega quanto il mondo sia ancora indietro sulla transizione energetica e indica quanti investimenti servano
La transizione verso l’energia pulita? «Sta avvenendo in tutto il mondo ed è inarrestabile. Non è una questione di “se”, è solo una questione di “quanto presto”. E prima è, meglio è per tutti noi». Parola di Fatih Birol, executive director della IEA (International Energy Agency). Il time handicap, dunque, è ormai cruciale, almeno secondo il WEO 2023 (World Energy Outlook), pubblicato dall’organizzazione internazionale intergovernativa, fondata nel 1974.
Da questo report emergono nuovi processi, diversi sviluppi e un’urgenza: i dati dimostrano che sul Pianeta è ancora troppo alta la domanda di combustibili fossili. Domanda destinata ad aumentare ancora, tra l’altro, tanto da rendere irraggiungibile l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi: limitare a non oltre 1,5 gradi centigradi la crescita della temperatura media globale, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali.
La grande nemica? L’inazione
La IEA mette in guardia sulle conseguenze dell’inazione. Infatti – si legge sul WEO 2023 – il raggiungimento di emissioni compatibili con l’asticella a 1,5 gradi non può essere legato all’attesa di nuove forme e/o tecnologie di approvvigionamento di energia. Per prima cosa, servirebbe acclarare che, perseverando nell’utilizzo di combustibili fossili, si continua ad inasprire gli impatti climatici. Annate di caldo estremo, che hanno sempre più rarefatto i benefici delle escursioni termiche, lo dimostrano.
A ciò si aggiungano i conseguenti stress per il sistema energetico, minato nella propria sicurezza perché ideato su parametri di ambiente più fresco e con eventi meteorologici meno estremi. Senza una ferma presa d’atto di tutto questo, rischiano di diventare meno incisive (se non inutili) le progettualità e le politiche atte allo sviluppo di energie alternative. In sintesi, «le emissioni globali rimarrebbero sufficientemente elevate da far aumentare la temperatura media globale di circa 2,4 gradi in questo secolo, ben al di sopra della soglia-chiave stabilita dell’Accordo di Parigi».
I pilastri chiave individuati dal rapporto dell’IEA in vista del 2030
«Ogni Paese deve trovare il proprio percorso, ma la cooperazione internazionale è fondamentale per accelerare la transizione verso l’energia pulita», aggiunge Fatih Birol. In sintesi, agite ognuno per proprio conto, ma agite per l’obiettivo comune.
In questo senso, il WEO 2023 avanza una proposta globale e migliorativa per la deadline del 2030. Cinque i pilastri chiave: triplicare la capacità rinnovabile mondiale; raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica; ridurre del 75% le emissioni di metano derivanti dalle attività legate ai combustibili fossili; meccanismi di finanziamento innovativi e su larga scala per triplicare gli investimenti in energia pulita nelle economie emergenti ed in via di sviluppo; misure per garantire un declino ordinato nell’uso dei combustibili fossili, inclusa la fine delle nuove approvazioni di centrali elettriche alimentate a carbone.
L’inestricabile nodo: economia e processi burocratici
«La velocità con cui diminuiranno le emissioni dipenderà in gran parte dalla nostra capacità di finanziare soluzioni sostenibili per soddisfare la crescente domanda di energia da parte delle economie mondiali in rapida crescita», prosegue Birol. Per l’IEA, quindi, economia e processi burocratici sono da mettere sotto osservazione.
Transizione al contrario
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Non a caso, nel rapporto si sottolinea un nodo che numerose economie avanzate non sanno (o non vogliono?) sciogliere. Tra queste, Italia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti, Paesi che constatano code di connessione alla rete per progetti eolici e solari. Un freno a mano tirato, dunque, fin tanto non saranno migliorate le norme di autorizzazione, la pianificazione, la remunerazione degli investimenti. A ciò si aggiunga il sonoro scarto tra le attuali tendenze di spesa per le reti ed i finanziamenti necessari per raggiungere gli obiettivi climatici. Nelle economie emergenti e nei Paesi in via di sviluppo, questo stato dell’arte diventa macroscopico.
Cosa sono gli scenari STEPS, APS e NZE
Per IEA, esistono infatti tre scenari. Lo STEPS (Stated Policies Scenario) che, sulla base di un’analisi dettagliata dell’attuale panorama politico, delinea la direzione prevalente della progressione del sistema energetico. L’APS (Announced Pledges Scenario), creato nel 2021, che misura ambizioni ed obiettivi annunciati al fine di conseguire le riduzioni delle emissioni per raggiungere quelle nette, pari a zero, entro il 2050. L’NZE (Net Zero Emissions by 2050 Scenario), che offre il quadro normativo relativo all’iter del settore energetico globale, con obiettivo emissioni nette zero di CO2 entro il 2050, e con le economie avanzate chiamate ad essere le prime a farlo.
Ebbene, a livello mondiale, nel 2023 gli investimenti annuali nelle reti dovrebbero raggiungere i 330 miliardi di dollari. Nello scenario STEPS, la cifra dovrebbe salire a 565 miliardi di dollari entro il 2030. Nell’APS, però, dovrebbe toccare 620 miliardi circa, mentre nel NZE l’incremento dovrebbe alzarsi a 680 miliardi. Ecco, sulla base delle attuali tendenze, nel 2030 la spesa reale per le economie emergenti e per i Paesi in via di sviluppo è nettamente ridotta; appare inferiore alla metà del fabbisogno di investimento dello scenario APS, cioè 335 miliardi di dollari. Nelle economie avanzate, invece, il divario è più contenuto: gran bella consolazione.