Voto storico verso una Convenzione sulla tassazione in sede Onu
Va (inaspettatamente) avanti il percorso verso una Convenzione quadro dell’Onu che possa stabilire delle regole sulla tassazione globale
«In ballo ci sono 5mila miliardi di dollari di soldi pubblici». Cosi, il giorno prima del voto, la rete internazionale Tax Justice Network spiegava la portata di una risoluzione definita “storica”. Lo scorso 22 novembre, l’Assemblea generale dell’Onu ha approvato, con 125 voti favorevoli e 48 contrari, «la promozione di una cooperazione inclusiva ed efficace sulla tassazione a livello internazionale».
Come nasce la risoluzione Onu sulla tassazione
Era stata la Nigeria a proporre la risoluzione, per conto del Gruppo dei Paesi africani. I 48 Paesi contrari sono praticamente tutti quelli del Nord del mondo: i 27 membri dell’Unione europea all’unisono, poi Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone. Con pochissime eccezioni, invece, tutte le nazioni di Africa, America Latina e Asia hanno votato a favore.
L’approvazione della risoluzione permette di proseguire il percorso della comunità internazionale verso una Convenzione quadro dell’Onu che possa stabilire delle regole sulla tassazione globale, in primo luogo per contrastare i flussi finanziari illeciti e i paradisi fiscali.
Il tentato boicottaggio da parte dei Paesi ricchi
Fino a oggi tale discussione è stata portata avanti in sede Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), spesso definita “il club dei ricchi“. L’Ocse vede la partecipazione di 38 Paesi, quasi tutti europei e nordamericani, con pochissime eccezioni (Giappone e Corea del Sud per l’Asia, Messico e recentemente Costa Rica per l’America). Non è un caso che proprio le nazioni europee e nordamericane che controllano l’Ocse siano quelle che maggiormente hanno provato a bloccare e hanno votato contro l’adozione della risoluzione Onu. Un articolo di Euractiv titolava esplicitamente che «prosegue il percorso verso un organismo Onu sulle tasse dopo che Stati Uniti, Unione europea e Regno Unito non sono riusciti a sconfiggerlo».
Un ricercatore del Tax Justice Network che ha seguito i negoziati ha affermato che «è una vittoria storica dei Paesi del Sud del mondo e a beneficio delle persone di tutto il Pianeta. Paradisi fiscali e lobbisti delle grandi imprese hanno avuto troppa influenza sulle politiche fiscali discusse all’Ocse, e per troppo tempo. Oggi iniziamo a togliere tale potere, riportando in sede Onu le regole che governano il sistema di tassazione e che ci riguardano tutti direttamente».
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Cosa significa spostare il dibattito sulla tassazione in sede Onu
Per quanto importante, la questione non riguarda unicamente l’accusa di un peso sproporzionato di lobbisti e industria in sede Ocse. Spostando il dibattito in sede Onu, le regole dovranno sottostare all’insieme dei principi dell’Onu stessa riguardo ad esempio l’uguaglianza, le politiche di genere, l’ambiente. In maniera ancora più importante, ovviamente, tutte le nazioni del mondo sono rappresentate, non unicamente quelle con un maggiore peso economico. 14 economisti, tra i quali Thomas Piketty e il premio Nobel Joseph Stiglitz, hanno sottolineato questi e altri argomenti in una lettera aperta. Il testo si apriva dicendo che «questa settimana assisteremo o a un successo storico nella creazione di un’economia mondiale più giusta, o a un terribile fallimento».
Il voto degli scorsi giorni, fino a poco tempo fa, appariva impossibile. Di fatto l’ultimo tentativo di portare la discussione in materia di tasse sotto l’egida Onu risale agli anni ‘70 del secolo scorso. Il percorso verso la risoluzione votata ieri è stato decisamente in salita, con ripetuti tentativi di Stati Uniti, Unione europea e Regno Unito di stoppare il processo. Ancora negli ultimissimi giorni, proprio la Gran Bretagna aveva provato a svuotare il senso della risoluzione, chiedendo di rimuovere qualsiasi riferimento a una “Convenzione Onu” in materia di tassazione come obiettivo della risoluzione stessa. Anche il voto su questo emendamento è stato respinto con un’ampia maggioranza.
Un segnale di speranza per i Paesi del Sud del mondo
L’esito del voto, ma anche solo il fatto di essere arrivati a votare una simile risoluzione, dimostra quindi come gli equilibri di potere si siano decisamente spostati negli ultimi anni. In un comunicato, l’Unione africana ha dichiarato che «la lotta durata decenni dei Paesi del Sud del mondo per mettere in piedi un processo inclusivo in sede Onu e partecipare all’agenda e alla regolamentazione in materia di tasse è oggi una realtà». Il presidente del Gruppo africano all’Onu aveva dichiarato alla vigilia del voto che «l’idea di una convenzione quadro [in materia di tasse] non è solo un percorso politico. È un segnale di speranza per i Paesi del Sud che a lungo hanno chiesto di avere voce nel disegnare le regole internazionali in materia di tasse e contrastare gli attuali vuoti nella legislazione».
Un segnale di speranza pensando sia alle gigantesche cifre sottratte agli Stati a causa dell’esistenza dei paradisi fiscali e dei flussi finanziari illeciti, sia – in generale – alla governance e gli assetti di potere su scala globale. E alla possibilità che anche le nazioni fino a oggi più deboli possano partecipare alla costruzione dell’agenda internazionale.