Per i ministri della Difesa europei le armi sono «sostenibili»
In un documento congiunto i ministri della Difesa europei chiedono apertamente che gli investimenti nelle armi siano considerati sostenibili
«Se ci sono anche le armi, allora vale tutto!». Verrebbe da rispondere così a quello che di fatto è un vero e proprio attacco alle fondamenta e quindi alla credibilità della finanza sostenibile. Già ampiamente compromessa a causa del greenwashing dilagante, che norme, regolamenti, standard, pur proliferando soprattutto in Europa, non riescono a contrastare.
La posizione netta sulle armi assunta dai ministri in una nota congiunta
L’attacco è stato sferrato in modo deciso da chi sa bene cosa significhi attaccare, condurre battaglie, guerre. Stiamo parlando dei ministri della Difesa dell’Ue, che a metà novembre si sono riuniti a Bruxelles nell’ambito dell’Agenzia europea per la Difesa. E hanno emanato una nota congiunta che, in riferimento al settore EDTIB (European Defence Technological and Industrial Base), reclama un trattamento speciale da parte della finanza che si muove in base a considerazioni Esg (ambientali, sociali e di governance). Perché la situazione per com’è oggi rischia d’incidere negativamente sulla capacità del settore di attrarre risorse finanziarie pubbliche e private. E, dicono, ci andrebbe di mezzo la sicurezza di tutti noi.
Il tono della comunicazione è forte e chiaro, autoritario. Fin dal titolo, che sottolinea come rafforzare quell’accesso alle risorse equivalga a rafforzare la capacità di EDTIB di contribuire a pace, stabilità e sostenibilità nel continente europeo. L’equazione è bell’e che fatta: più risorse per difesa, armamenti, capacità militare, è uguale a più possibilità di avere pace, stabilità e sostenibilità. Se non ci si prepara alla guerra, cioè, è a rischio anche la sostenibilità. Con quest’ultimo termine, «sostenibilità», che non a caso ricorre sei volte nel documento, quattro paginette con 20 punti suddivisi in quattro paragrafi, premesse a parte.
«L’efficacia operativa delle forze armate» è il primo obiettivo
Illuminante sull’approccio dell’intero documento è quanto si legge al punto 5, all’interno del paragrafo che elenca i motivi per cui un EDTIB «forte, competitivo e resiliente è essenziale per la sicurezza europea»: si dice che sebbene gli sforzi per migliorare la sostenibilità del comparto possano anche contribuire alla resilienza dell’Europa, essi non possono andare a scapito dell’efficacia operativa delle forze armate degli Stati membri. Un concetto del resto già avanzato nelle premesse, con il punto F che sottolinea come gli sforzi per rendere l’economia europea più sostenibile non possano andare a scapito della sicurezza dei suoi cittadini. Si faccia il possibile, insomma, per diventare più sostenibili, anche nell’industria della difesa; ma sia chiaro che ciò che conta davvero è la sicurezza, la sostenibilità viene dopo. Con buona pace, se non altro dal punto di vista logico, dell’equazione di cui sopra.
Ma il vero uppercut, dopo aver ricordato quanto il settore si stia sforzando per integrare i criteri Esg specie nella reportistica per soddisfare le richieste degli investitori, lo tira il punto 11: EDTIB non può essere trattato come un qualsiasi altro settore e le sue peculiarità devono essere considerate quando si tratta di valutarne le performance in termini Esg. Tradotto: non siamo noi a doverci adattare, siano i criteri Esg ad adattarsi a noi. Perché se investitori e indici Esg continuano a escluderci (questo, almeno, viene riconosciuto), le conseguenze per EDTIB sono negative in termini di accesso alle risorse, di capacità di attrarre talenti, si parla persino – udite, udite! – di rischi reputazionali. Come fosse un sillogismo: la finanza Esg rema contro EDTIB; ma EDTIB tutela la sicurezza dei cittadini; perciò la finanza Esg è contro la sicurezza dei cittadini.
La scusa del clima e i velati “avvertimenti”
Da qui l’appello finale. Investire in EDTIB rientra negli sforzi per la neutralità climatica (punto 16). Si tenga conto delle sue specificità quando l’Ue elabora regole per la finanza sostenibile (punto 18). Le istituzioni finanziarie evitino di discriminare EDTIB e modifichino le loro policy (punto 19). Continueremo a monitorare l’impatto su EDTIB della finanza Esg (punto 20), cioè vi terremo d’occhio.
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La strada è spianata e si attende ora con ansia che altri settori storicamente esclusi dalla finanza etica, ad esempio tabacco, alcol, gioco d’azzardo, rivendichino un trattamento Esg speciale. Del resto, farsi una fumatina, un goccetto ogni tanto o un paio di mani alla slot machine dopo il caffè, non impatta (in positivo, ovvio!) sul nostro benessere? E allora venghino, signori, venghino, l’era della sostenibilità “à la carte” è iniziata. E pazienza se il suono che si sente in lontananza è quello delle campane a morto per la finanza sostenibile.