I trentasei rischi climatici che spaventano l’Europa
Il primo report di valutazione sui rischi climatici presentato dall’Agenzia europea dell’ambiente presenta risultati abbastanza allarmanti
Trentasei è un traguardo ambizioso per l’Unione europea. Con ventisette Paesi membri e nove candidati ufficiali a farne ingresso, si tratterebbe di un allargamento assai importante. E forse definitivo. L’ipotesi è che questo possa avvenire entro il prossimo decennio. Ma trentasei sono anche i rischi climatici seri, tra cui caldo estremo, siccità, incendi boschivi e inondazioni, a cui l’Europa deve rispondere con urgenza. Altrimenti non è nemmeno detto che ci si arrivi, alla data prevista per l’allargamento a trentasei.
L’ennesimo allarme sugli effetti immediati e devastanti della crisi climatica lo lancia l’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) nel suo primo report di valutazione sui rischi climatici, l’European Climate Risk Assessment, pubblicato a marzo 2024, dove confluiscono diversi studi. Le relazioni del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), quelle del servizio relativo ai cambiamenti climatici di Copernicus (C3s) e del Centro comune di ricerca della Commissione europea (Jrc). Nonché i risultati di progetti di ricerca e sviluppo finanziati dalla Ue e le valutazioni dei rischi climatici a livello nazionale.
Il report dell’Agenzia europea dell’ambiente
Il report dell’Aea parte dal presupposto che fattori di rischio come caldo estremo, siccità, innalzamento dei mari, incendi boschivi e inondazioni, che già hanno colpito diverse zone di molti Paesi – dall’Italia alla Germania, dal Belgio alla Slovenia – con rilevanti danni alle cose e alle persone, sono destinati ad acuirsi nei prossimi anni. E questi fattori continueranno «a incidere sempre più sulle condizioni di vita degli abitanti di tutto il continente». Inoltre, precisano gli studiosi, «l’aumento di questi fenomeni di rischio sarà tale anche se considerassimo gli scenari più ottimistici in materia di riscaldamento globale».
L’altro aspetto allarmante della ricerca è che emerge come le politiche e gli interventi di adattamento non tengano il ritmo con la rapida evoluzione dei suddetti rischi. In molti casi, «nonostante notevoli progressi nella comprensione dei rischi climatici e nella preparazione ad affrontarli», il previsto adattamento incrementale non sarà sufficiente. «Poiché numerose misure volte a migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici richiedono molto tempo, possono essere necessari interventi urgenti anche per rischi non ancora critici».
Il report individua cinque macro-aree di rischio: ecosistemi, alimenti, salute, infrastrutture, economia e finanza. E in ciascuna di queste i trentasei rischi climatici di cui sopra. Con l’avvertenza che sono già necessari interventi più incisivi per oltre la metà (ventuno su trentasei) dei principali rischi climatici individuati dalla relazione, «di cui otto da attuare con particolare urgenza, principalmente per preservare gli ecosistemi, limitare l’esposizione umana al calore, proteggere la popolazione e le infrastrutture da inondazioni e incendi boschivi e garantire la sostenibilità dei meccanismi di solidarietà europei, come il Fondo di solidarietà dell’Ue».
Le macro-aree di incidenza degli impatti climatici
Ecco nello specifico a cosa si riferiscono le macro-aree di rischio, che possono incidere direttamente o anche, e in maniera assai più pericolosa, indirettamente («a cascata») sulla vita delle persone. Ad esempio in «alimenti» si sottolinea come gli impatti climatici sulla produzione alimentare «in particolare nell’Europa meridionale» possano incidere «a cascata sui mezzi di sussistenza rurali e costieri, sull’uso del territorio e sulla salute delle persone socialmente vulnerabili, sull’economia in generale». O in «salute» si considera come questi influenzino, oltre al benessere psicofisico delle persone, anche «la produttività del lavoro e il fabbisogno di risorse del sistema sanitario, e quindi l’economia in generale».
Poi ci sono gli «ecosistemi», dove gli impatti climatici agiscono «a cascata sulla produzione e la sicurezza alimentare, sulla salute umana e animale, sulle infrastrutture, l’uso del territorio e l’economia in generale». E infine «infrastrutture» e «economia e finanza» dove risulta più evidente a tutti come questi possano «influenzare quasi tutti gli aspetti della società, dalla salute all’economia in generale». Fino a «estendersi ulteriormente ad altre aree politiche che potrebbero essere private delle risorse finanziarie». Mettendo a serio rischio la tenuta della democrazia, aggiungiamo noi.
I trentasei rischi climatici che spaventano l’Europa
All’interno della macro-area «ecosistemi» troviamo una serie di fattori a rischio. Tra cui «ecosistemi costieri», «ecosistemi marini» e «biodiversità/”depositi” di CO2 a causa degli incendi (in particolare nell’Europa meridionale)», che sono considerati i più pericolosi e i più urgenti. Senza dimenticare però altri fattori, come «salute del suolo». Che unito a «produzione agricola», «sicurezza alimentare» e «sicurezza alimentare dovuta all’aumento dei prezzi», presenti nella macro-area «alimenti», spiega davvero molte cose. A partire dalle ragioni che hanno infiammato le proteste degli agricoltori in tutto il continente.
I fattori «salute» a rischio a causa dei cambiamenti climatici più urgenti da risolvere sono quelli relativi allo «stress da caldo». Mentre per l’area «ecosistemi» ecco arrivare «inondazioni pluviali e fluviali», «inondazioni costiere», «danni a infrastrutture e edifici», «interruzione energetica dovuta al caldo e alla siccità». Tutte con particolare attenzione alla regione hotspot dell’Europa meridionale. Infine, per «economia e finanza» ecco che sono a forte rischio per l’effetto a cascata addirittura i «meccanismi di solidarietà europei». Nonché le «finanze pubbliche» dei vari Stati membri, i «mercati immobiliari e assicurativi», le «filiere farmaceutiche» e quelle di «fornitura di materie prime e componentistica».
«Dalla nostra analisi si evince che l’Europa si trova di fronte a rischi climatici urgenti che si acuiscono più rapidamente di quanto le nostre società riescano a prepararsi. Per garantirne la resilienza i responsabili politici europei e nazionali devono agire immediatamente con interventi volti a limitare i rischi climatici. Sia mediante una rapida riduzione delle emissioni, sia con l’attuazione di politiche e di interventi di adattamento forti», conclude Leena Ylä-Mononen, direttrice esecutiva dell’Aea. Non c’è che dire, quello presentato non è certo un bel quadro. È necessario non solo agire, ma farlo al più presto.