Nei piani per il clima delle banche statunitensi c’è «un enorme buco a forma di mucca»
Mentre firmano impegni per il clima, gli istituti finanziano le industrie produttrici di carne, latticini e mangimi, tra i maggiori emettitori al mondo.
Negli Stati Uniti le banche boicottano i propri stessi impegni per il clima finanziando le aziende che producono carne, latticini e mangimi. Un nuovo studio di Friends of the Earth e del gruppo di ricerca Profundo dimostra che gli istituti di credito con una mano firmano impegni climatici, con l’altra elargiscono finanziamenti a imprese che generano una importante quota delle emissioni globali di metano.
Le grandi banche sono troppo legate all’industria della carne
Il report Bull in the Climate Shop mette nero su bianco la grande contraddizione nelle politiche climatiche di 58 banche statunitensi. Nel 2021 gli istituti di tutto il mondo si sono impegnati a ridurre le emissioni generate dai progetti che finanziano, firmando la Net Zero Banking Alliance. Dal 2016 al 2023 hanno però fornito prestiti e fondi per più di 134 miliardi di dollari all’industria della carne e dei prodotti lattiero-caseari. Una delle più deleterie per il clima.
Più della metà delle cifre investite provengono dalle Big Three: Bank of America, JPMorgan Chase e Citigroup. Le emissioni finanziate da questi tre istituti ammontano a 24,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. All’incirca come 5,4 milioni di auto in circolazione per un anno. Gran parte dei loro finanziamenti ha riempito le casse di pochi gruppi, che rappresentano la maggioranza emissioni finanziate: i produttori di materie prime Cargill, ADM, Bunge, il gigante della carne JBS e Nestlé.
Il supporto all’industria alimentare intensiva è uno dei principali ostacoli al raggiungimento degli obiettivi climatici che le stesse banche hanno assunto. Secondo Monique Mikhail del programma Agriculture & Climate Finance di Friend of the Earth Usa, le banche stanno ignorando «un enorme buco a forma di mucca» nei loro stessi piani.
Alle banche basterebbe rinunciare a una parte residuale dei loro finanziamenti per salvare il clima
I 56 principali produttori di carne e prodotto lattiero-caseari generano da soli più emissioni di quanto faccia il Giappone, l’ottavo grande emettitore del mondo. Nel solo 2022 i soldi forniti dalle banche statunitensi hanno finanziato quasi settanta milioni di tonnellate di emissioni CO2 equivalenti, quanto prodotto in un anno dai 14 milioni di auto che circolano in California.
Lo studio ipotizza inoltre che le emissioni effettive siano fino a quattro volte superiori a quelle dichiarate. «Le aziende produttrici di carne, latticini e mangimi – sottolineano i ricercatori – omettono o sottovalutano le proprie emissioni, mascherando il proprio impatto sugli obiettivi Scope 3 delle banche Usa». Di tutte le società analizzate, infatti, meno della metà dichiara le proprie emissioni. Solo il 22% fornisce dati su quelle generate dalla propria catena di valore. Queste ultime, che in gergo si chiamano appunto emissioni Scope 3, sono circa il 90% dell’impronta di CO2 del settore agroalimentare.
Il supporto a queste aziende rappresenta appena lo 0,25% degli investimenti delle banche, ma ben l’11% delle emissioni totali connesse alle loro attività. Eliminando questa quota residuale, gli istituti potrebbero contribuire a una forte riduzione delle emissioni globali. Il fatto che si tratti di metano e non di anidride carbonica non è un’obiezione valida. Come ribadisce la ricerca, il metano ha un potenziale di riscaldamento globale fino a 80 volte superiore a quello della CO2.