Un gruppo di investitori a Nestlé: «Riduca la vendita di prodotti non salutari»

Una risoluzione ha cercato di spingere Nestlé ad aumentare la vendita di prodotti salutari e ridurre quella di prodotti meno sani. Ecco com’è andata

Nestlé è la più grande azienda di prodotti alimentari al mondo © Imma Santiago/Unsplash

ShareAction, un’organizzazione non governativa britannica che si occupa di azionariato attivo e investimenti responsabili, ha sfidato il colosso svizzero Nestlé. L’obiettivo? Spingere l’azienda ad aumentare la vendita di prodotti salutari e ridurre contemporaneamente quella di prodotti meno sani, cioè ricchi di zuccheri, sale e grassi. Ecco com’è andata.

Gli obiettivi di Nestlé? Insufficienti, ancora troppi prodotti non salutari

Tutto nasce dagli obiettivi annunciati da Nestlé lo scorso settembre. Il colosso svizzero, la più grande azienda di prodotti alimentari al mondo per vendite, si poneva l’obiettivo di aumentare le vendite di prodotti più salutari del 50% entro il 2030. Obiettivo che, però, secondo ShareAction non era abbastanza ambizioso e all’altezza delle aspettative. E discutibili sotto diversi punti di vista, come, ad esempio, il fatto di includere tra i prodotti salutari – quelli di cui dovrebbe aumentare le vendite – alcuni prodotti come il caffè e i prodotti alimentari per l’infanzia. E il fatto che non fossero previsti obiettivi specifici relativi ai prodotti meno salutari.

Inoltre, a dicembre 2023 è stato pubblicato uno studio che mostra come il 75% delle vendite di cibo e bevande di Nestlé in sette mercati fosse riconducibile a prodotti non salutari. Un’altra ricerca, invece, ha evidenziato che il 70% delle vendite (considerando solo i prodotti strettamente alimentari) di Nestlé nel Regno Unito deriva da prodotti ricchi di grassi, zuccheri e sale. Che sarebbe comunque meno della percentuale di Ferrero, Mondelez, Unilever, Kellogg’s e Mars.

La risoluzione di ShareAction che chiede più prodotti salutari

Tutto ciò, ha spinto ShareAction a preparare una risoluzione da presentare all’assemblea generale degli azionisti insieme ad una coalizione di azionisti di Nestlé. Per supportarla, la ONG britannica ha persino pubblicato un documento di 19 pagine per illustrare tutti i rischi (e le evidenze) derivanti dall’investire in un’azienda che fa affidamento sulla vendita di prodotti non salutari. Nello specifico, la risoluzione chiede di modificare lo statuto dell’azienda aggiungendo un articolo (perché così è previsto dalla legislazione svizzera per quanto riguarda le proposte degli azionisti). Il testo dell’articolo, tra le altre cose, prevede l’obbligo per l’azienda di stabilire un obiettivo temporale vincolante entro cui aumentare la porzione di vendite di prodotti salutari a discapito di quelli più deleteri per la salute umana.

Insomma, l’obiettivo di ShareAction era spingere Nestlé a diminuire la dipendenza dalle vendite dei prodotti più dannosi per la salute umana. Se non per proteggere la salute pubblica, almeno per andare incontro alla crescente domanda di prodotti più sani. O per evitare rischi di lungo periodo (derivanti da possibili future regolamentazioni al riguardo) e rischi reputazionali.

La risposta dell’azienda e l’esito della risoluzione

La risposta di Nestlé non si è fatta attendere. Con un articolo sul loro sito, l’azienda ha tenuto a far sapere che Nestlé e ShareAction «condividono l’obiettivo comune di aumentare la disponibilità di alimenti più nutrienti nel mondo», ma che sono in disaccordo «su alcuni punti». Quali sono questi punti? Beh, prima di tutto, che le persone possono anche mangiare prodotti meno sani, l’importante è che lo facciano con moderazione. D’altra parte, «non c’è nulla di sbagliato in questo». Poi, che il caffè e i prodotti alimentari per l’infanzia hanno benefici per la salute riconosciuti, quindi va bene inserirli tra i prodotti più salutari. Infine, e forse soprattutto, Nestlé non è d’accordo nel dover aumentare la porzione di vendite dei prodotti salutari rispetto a quelli meno sani. D’altra parte, questo creerebbe «opportunità per i concorrenti senza portare benefici alla salute pubblica». Insomma, se non lo fanno gli altri, perché dovrebbe farlo Nestlé?

Infine, l’azienda tiene a evidenziare che sta già facendo la sua parte attraverso un programma per incoraggiare un consumo bilanciato. Un approccio che sarebbe “rovinato” dalla proposta di ShareAction. Ciò che servirebbe, piuttosto – sempre secondo il colosso svizzero – è uno sforzo per aver maggior trasparenza nel settore e target relativi esclusivamente all’aumento della vendita di prodotti salutari in termini assoluti. Come a dire che sono loro, Nestlé, il miglior esempio da seguire. Tanto che tengono a precisare che «ShareAction sta prendendo di mira l’azienda sbagliata».

Il 18 aprile, finalmente, si è tenuta l’assemblea generale degli azionisti. La risoluzione presentata da ShareAction – e sostenuta poi da altri investitori oltre a quelli iniziali – ha ricevuto l’11% di voti a favore (contro l’88% di contrari e l’1% di astenuti), nonostante il parere contrario del management. Ma, purtroppo, non abbastanza da essere approvata.