«Potete essere complici della distruzione della Terra, oppure nostri alleati»
Intervista a Juan Mancias, che si batte contro i progetti fossili nelle terre dei nativi del Texas, finanziati anche da Intesa Sanpaolo
«Penso che sia importante che sappiate quanto siete coinvolti. Potete essere complici della distruzione della Terra, o potete essere nostri alleati. Queste banche stanno prendendo il vostro denaro e lo stanno mettendo in progetti pericolosi: in questo caso, diventate colpevoli come loro». È quello che ci risponde Juan Mancias, il portavoce della tribù di nativi americani Carrizo/Comecrudo, quando gli chiediamo se c’è un messaggio che vorrebbe lasciare a chi, dall’Italia, leggerà le sue parole. È arrivato dal Texas, ospite dell’associazione ReCommon, per portare avanti la sua lotta contro i due mega-terminal per il gas naturale liquefatto che rischiano di deturpare le terre del suo popolo.
Due terminal per il gas naturale liquefatto nelle terre dei nativi
La comunità Carrizo/Comecrudo abita da secoli nella Rio Grande Valley, la pianura lungo la riva nord del Rio Grande, il fiume che fa da confine naturale tra Stati Uniti e Messico. «I nostri sono tutti vecchi villaggi di pescatori. Ci sono tante persone sepolte qui, tante cerimonie che facciamo, per esempio quando nasce un bambino», ci racconta Juan Mancias. «Noi siamo qui da secoli, prima dei contatti con gli spagnoli. Siamo connessi a questa terra, è importante per noi mantenere questa connessione. Non significa che noi possediamo la terra, ma che la terra possiede noi: noi ne facciamo parte».
Proprio quei territori sono stati però designati per i siti di costruzione di due mega-terminal per il gas naturale liquefatto. Di Texas LNG si parla da più di dieci anni. Di proprietà di Glenfarne Energy Transition, mira a produrre fino a 4 milioni di tonnellate di gas naturale all’anno. Rio Grande LNG consisterà di 6 treni di liquefazione, con una capacità stimata di circa 39 miliardi di metri cubi l’anno. Energia fossile, con tutto ciò che comporta per il clima. La multinazionale NextDecade promette di catturare e stoccare fino al 90% delle emissioni di gas serra. Affidandosi dunque a una tecnologia pionieristica, costosa, dai risultati incerti.
L’altro capitolo a dir poco delicato è la sicurezza. A una decina di chilometri di distanza sorge la piattaforma di lancio di SpaceX, la società spaziale di Elon Musk. Ad aprile 2023, quando un lancio è fallito e il veicolo spaziale Starship è stato fatto esplodere in volo, i pezzi sono atterrati proprio nel luogo scelto per il futuro terminal.
La resistenza di Juan Mancias e dei Carrizo/Comecrudo: «Non abbiamo mai dato il consenso»
«Loro non hanno valori, vogliono solo il denaro», commenta amaro Juan Mancias. Da anni si fa portavoce del popolo dei Carrizo/Comecrudo, con il supporto di varie organizzazioni non governative. «Il governo federale ha preso decisioni basandosi sulle loro ricerche, non ci hanno mai chiesto niente. Sedersi con noi e parlarci significa consultarsi con noi; inviarci delle lettere non significa consultarsi con noi. Loro dicono di averci chiesto il consenso, ma non abbiamo mai detto di sì», ribadisce.
Per ora, questa strenua resistenza dà i suoi frutti. I due progetti, infatti, sono ancora formalmente attivi ma scontano anni di ritardo sulla tabella di marcia. Tanti gli aspetti su cui i nativi ritengono di non avere tutele a sufficienza: l’impatto sull’ambiente, sui luoghi sacri, sulla salute. Per non parlare del fatto che, per azzerare le emissioni entro il 2050, bisogna smettere immediatamente di investire nell’estrazione di nuovi combustibili fossili. Lo dice l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA).
«La scorsa estate è stata una delle più calde da tempo», testimonia Juan Mancias. «Le persone hanno problemi di salute, i bambini soffrono di asma. Nessuno ci fornisce statistiche sull’impatto sanitario prima di fare tutto questo. Loro vanno nei posti in cui c’è meno resistenza, perché le persone sono totalmente inconsapevoli di ciò che succede. Noi stiamo cercando di educare le persone, di farglielo capire, di riportare l’orgoglio nativo nelle nostre terre e far sì che le nostre terre siano nuovamente sane. Noi non possediamo la terra, noi siamo la terra e questo ci dà un’identità, perché noi sappiamo quali sono i siti sacri, dove sono sepolti i nostri antenati».
Altre banche battono in ritirata, Intesa Sanpaolo resta fedele alle fossili
Incontriamo Juan Mancias a Torino, mentre a qualche chilometro di distanza è in corso il G7 Ambiente. Noi, invece, siamo di fronte all’imponente grattacielo di Intesa Sanpaolo. E non è un caso. Se le delegazioni indigene si sono recate a più riprese in Europa, infatti, è anche per convincere le banche occidentali a non finanziare i progetti fossili nella Rio Grande Valley.
BNP Paribas, Société générale, Crédit Mutuel, UniCredit e La Banque Postale hanno accolto l’invito. Intesa Sanpaolo, invece, ha concesso per Rio Grande LNG un prestito generoso: 1,08 miliardi di dollari, circa un miliardo di euro. Quando le organizzazioni internazionali e le comunità locali hanno chiesto spiegazioni, si è trincerata dietro un muro di silenzio. «Noi non abbiamo mai ricevuto un riscontro da nessuno e questo è uno dei problemi», commenta amaro Juan Mancias.
Banche fossili
Clima e finanza, è l’ora dell’estremismo di buon senso
Il nuovo rapporto Banking on Climate Chaos conferma che il sistema finanziario, semplicemente, è incapace di affrontare la crisi climatica
Insieme a Unicredit, Intesa Sanpaolo è una delle due banche italiane che compaiono nel report Banking on Climate Chaos, con cui una coalizione di ong fa il punto sui finanziamenti erogati alle fonti fossili nel mondo. L’istituto torinese è particolarmente munifico proprio nei confronti del gas naturale liquefatto, con 3 miliardi di dollari di finanziamenti tra il 2016 e il 2022 alle prime venti società coinvolte nell’espansione del GNL e 890 milioni di investimenti al 1° gennaio 2023.
«In Texas c’è un grande consenso nei confronti dei combustibili fossili. Stiamo cercando di fare capire che noi non stiamo protestando, stiamo proteggendo il nostro popolo, i nostri valori, la nostra terra, la nostra identità, la nostra lingua, è questo che stiamo cercando di proteggere», conclude Juan Mancias. «Loro ritengono che le pompe per il petrolio, gli oleodotti e altri impianti per i combustibili fossili siano infrastrutture critiche. Per noi, la terra, l’aria e l’acqua sono infrastrutture critiche. Gli esseri umani sono infrastrutture critiche».