Gli aerei europei volano con l’olio usato in cucina. Ma potrebbe essere una farsa

Il consumo di biocarburante aereo derivato da oli usati in cucina è aumentato del 40%. Una quantità troppo esagerata per essere vera

Il consumo di biocarburanti per gli aerei potrebbe celare una truffa © Bao Menglong / Unsplash

Il settore dei trasporti europeo, soprattutto quello aereo, si sta dirigendo verso il consumo di biocarburanti sostenibili. Grazie alle varie direttive europee (in particolare la Red – Direttiva sulle energie rinnovabili) l’utilizzo di carburanti non fossili è destinato ad aumentare sempre più. Già oggi i voli in partenza dal territorio europeo devono utilizzarne almeno il 2% di biocarburante nel loro pieno. Percentuale che dovrà aumentare progressivamente, fino al 20% nel 2035 e poi al 70% nel 2050. E questa sembra un’ottima notizia. Ma una ricerca della Ong Transport & Environment spiega che, purtroppo, non è così.

Innanzitutto perché i biocarburanti non sono buoni in sé. Molti di questi sono estratti dalla natura. Richiedono campi coltivati apposta, che producono deforestazione e perdita della biodiversità. E spesso sono prima estratti e poi raffinati con procedimenti inquinanti e tossici per l’ambiente. Quelli che invece provengono dai materiali avanzati e di scarto, e sarebbero quindi a costo ambientale quasi zero, non sono sufficienti. E, per farli sembrare tali, vengono alterati. L’esempio più clamoroso è quello dei presunti scarti degli oli da cucina, che in realtà sarebbero pieni di olio di palma. Un liquido altamente nocivo per l’ambiente.

I biocarburanti buoni e quelli cattivi

Andiamo con ordine. Le varie direttive europee sulle energie rinnovabili distinguono tra biocarburanti estrattivi e biocarburanti avanzati e di scarto. I primi sono, in buona sostanza, quelli cattivi. Perché provengono da materiali come legno, paglia, cortecce. Tutti elementi che richiedono processo di produzione e lavorazione tossici e inquinanti. Oltre a emettere, in fase di combustione, una quantità tale di gas serra che rimane nell’atmosfera per anni. I secondi invece sono quelli buoni. E sono sostanzialmente formati con combustibili, oli da cucina e grassi animali, tutti usati o avanzati. Essendo materiali di scarto, si tratta di riciclo, e quindi l’impatto ambientale è assai ridotto.

Quello che però nota la coalizione di ong Transport & Environment (T&E) nella sua ricerca è che, negli ultimi anni, l’uso dei cosiddetti biocombustibili buoni è cresciuto in modo significativo. Troppo significativo. Nel solo 2022 il loro utilizzo è aumentato a dismisura, fino a raggiungere il 40% di tutti i biocarburanti consumati in Europa. Il che vuol dire che sta quasi sostituendo i biocarburanti estrattivi. Ma questo non è possibile. Perché non ci sono abbastanza avanzi e scarti disponibili. Il consumo di una materia sarebbe quindi di troppo superiore alla disponibilità della materia stessa. Un paradosso che dimostra chiaramente che c’è qualcosa che non va. Ecco allora che T&E parla espressamente di «frode».

La frode dell’olio di palma nei biocarburanti per gli aerei

Secondo la ricerca di T&E, il solo settore dell’aviazione ogni giorno consumerebbe in Europa una quantità vicina ai 130mila barili di oli da cucina usati. Ma è una cifra lontanissima da quella che può fornire il Vecchio Continente. Per questo oggi ne importa l’80%, e i due mercati principali dai quali si approvvigiona sono la Cina, che ne fornisce il 40%, e la Malesia. Ma questi presunti avanzi di oli da cucina, che poi l’Europa si vanta di utilizzare come carburanti a impatto zero, non lo sono davvero. Potrebbero essere qualsiasi cosa. Tanto che la Commissione europea ha dovuto aprire un’inchiesta dopo che la European Waste-based & Advanced Biofuels Association (Ewaba) ha rilevato «un’impennata delle esportazioni cinesi di biocarburanti, con volumi considerati potenzialmente fraudolenti».

Il caso della Malesia, per quanto le quantità siano minori, è ancora più esemplificativo. Secondo i dati analizzati, le esportazioni malesi di oli usati sono tre volte superiori alla loro produzione. E non è finita qui. Perché la Malesia è uno dei principali produttori mondiali di olio di palma, un materiale altamente tossico e nocivo per l’ambiente. «Poiché la Malesia è uno dei maggiori produttori di olio di palma, è evidente che gran parte del cosiddetto olio da cucina usato è in realtà olio di palma, la cui coltivazione aumenta la deforestazione», scrive senza mezzi termini nell’inchiesta Jérôme du Boucher di T&E.

Figuriamoci quando, seguendo le direttive europee, il consumo di biocarburanti per aerei sarà destinato a aumentare fino a raggiungere nel 2035 il 20%, rispetto al 2% attuale. Vorrà dire che il biocarburante usato sarà in realtà olio di palma. «Anche se recuperassimo il 100% dell’olio usato, l’Europa non ne avrà mai abbastanza per far volare tutti i suoi aerei», continua Jérôme du Boucher. «E anche aggiungendo le esportazioni non sarà possibile decarbonizzare contemporaneamente l’aviazione, le automobili e i camion del continente. Gli oli usati possono svolgere solo un ruolo limitato, e in nessun caso essere una soluzione miracolosa». Come spiega T&E, invece di fingersi verde approfittando di importazioni da mercati poco controllati, l’Europa dovrebbe ripensare l’idea di transizione ecologica. A partire dalla sostenibilità di produzioni e consumi.