Il balletto della tassa sulle transazioni finanziarie
Da anni reti e organizzazioni della società civile di tutto il mondo chiedono l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF). Uno degli strumenti ...
Da anni reti e organizzazioni della società civile di tutto il mondo chiedono l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF). Uno degli strumenti più semplici ed efficaci per frenare la speculazione e per generare un gettito da destinare alle spese sociali, alla cooperazione internazionale, alla lotta contro i cambiamenti climatici. In Italia la campagna Zerozerocinque riunisce oltre cinquanta associazioni, reti, sindacati, Ong e altri soggetti che lavorano per una sua introduzione.
Poche settimane fa una dozzina di Paesi chiedono ufficialmente alla Commissione europea l’avvio della procedura di cooperazione rafforzata, che prevede che anche in assenza di unanimità nell’UE, un certo numero di nazioni possono procedere per dotarsi di regole comuni. Finalmente la TTF vede un processo istituzionale verso una sua introduzione. In parallelo il governo italiano va avanti, ed elabora una propria proposta di TTF arrivando anche a prevedere un gettito di un miliardo di euro per il prossimo esercizio fiscale.
Tutto bene, quindi? Non proprio. Come al solito, il diavolo si nasconde nei dettagli.
La proposta di TTF italiana è in discussione in questi giorni al Parlamento, all’interno della legge di stabilità. E le notizie si accavallano, segnalando di volta in volta aspetti positivi o peggioramenti inaccettabili. Tra questi, si ventila l’esclusione dei derivati (tranne quelli sulle azioni) dalla base imponibile della tassa. Un assurdo da tutti i punti di vista, se la TTF è pensata per frenare la speculazione, generare un gettito e controllare i mercati. I derivati sono infatti i principali strumenti utilizzati per speculare e hanno conosciuto negli ultimi anni una crescita ipertrofica e ingiustificata.
Da quando si parla di TTF i rappresentanti del mondo finanziario continuano a ripetere che in Italia i mercati sono di dimensione molto ridotta e non potrebbero sopportare una tassa come quella proposta, in particolare a causa della riduzione del volume dei derivati che comporterebbe. Il mercato dei derivati non regolamentati (OTC) in Italia è passato, tra il 2000 e il 2009, da 1.400 a oltre 10.000 miliardi di dollari. Una crescita del 642% in un decennio. Nello stesso periodo il PIL è aumentato del 26%. A cosa è dovuta questa crescita abnorme? Tutte operazioni di copertura di un rischio o lo sviluppo di un gigantesco mercato speculativo?
E ancora a monte, nel 2000, quando la massa di derivati era “unicamente” paragonabile al PIL del Paese, le imprese italiane non esportavano? Vivevamo tutti in misera o eravamo più in balia della speculazione? O è vero esattamente il contrario?
Uno degli obiettivi della TTF è proprio quello di ridurre la dimensione dei mercati finanziari, riportandoli a essere uno strumento al servizio dell’economia e della società e non un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile.
Per questo la campagna Zerozerocinque sta lavorando in questi giorni per chiedere al governo e al Parlamento il coraggio e la lungimiranza di approvare una proposta che sia efficace, fondandosi su alcuni punti irrinunciabili. Tra questi, in maniera non esaustiva:
⁃ contrastare l’high frequency trading (il commercio di titoli ad alta frequenza che esaspera l’instabilità sui mercati) andando a colpire le operazioni intraday;
⁃ tassare tanto il residente quanto la nazionalità del titolo, mettendo in piedi misure in grado di limitare le possibilità di elusione dell’imposta;
⁃ allargare il più possibile la base imponibile e in particolare includere tutti gli strumenti derivati;
⁃ assicurarsi che il gettito venga destinato agli obiettivi richiamati in precedenza nell’articolo.
La campagna Zerozerocinque ha prodotto alcuni mesi fa un proprio testo di legge che potesse servire da riferimento per le forze politiche. Al suo interno erano già presenti tutti questi elementi, più altri ancora che sarebbero di grande importanza. Uno tra tutti la creazione di un osservatorio permanente sulle tasse globali che possa consentire uno scambio di informazioni e un monitoraggio continuo tra le forze sociali che sostengono la proposta e quelle politiche.
Come detto all’inizio sono anni che, prima come Tobin Tax unicamente sulle valute e poi come TTF, questa misura viene richiesta a gran voce dalla società civile di tutto il mondo. Forse se avessero dato retta ai movimenti quando sono state proposte questa ed altre idee per chiudere la finanza-casinò, oggi non saremmo sprofondati nella crisi che stiamo vivendo. La speranza è che il mondo politico abbia imparato la lezione e che sia pronto ad ascoltare e recepire le domande e le istanze che dal basso stanno provando a costruire un diverso modello finanziario, economico e sociale.