Registri centrali pubblici per le società europee: la svolta possibile per la lotta al riciclaggio dei proventi illeciti
Gli Stati membri dell’UE potrebbero presto essere tenuti a creare e gestire appositi registri centrali nei quali siano identificati i titolari effettivi di imprese, ...
Gli Stati membri dell’UE potrebbero presto essere tenuti a creare e gestire appositi registri centrali nei quali siano identificati i titolari effettivi di imprese, entità legali e trust.
Si tratta di una misura che renderebbe conoscibili i reali proprietari delle imprese (beneficial ownership), realizzando così una richiesta che da diversi anni reti ed organizzazioni della società civile internazionale avanzano per contrastare il sistema delle società anonime, le quali troppo spesso nascondono fenomeni criminali quali riciclaggio dei proventi illeciti ed evasione fiscale
A prevedere questo passo avanti è un accordo raggiunto lo scorso 17 dicembre tra i negoziatori del Parlamento Europeo e del Consiglio UE nell’ambito delle discussioni sulla riforma della disciplina antiriciclaggio comunitaria.
Come specificato nella nota diffusa dall’Europarlamento, tali registri non erano stati previsti nella proposta inizialmente presentata dalla Commissione per la definizione di una Quarta Direttiva Antiriciclaggio, ma è stata introdotta grazie all’azione dei membri del Parlamento di Strasburgo, con l’intento di favorire la trasparenza, la lotta al riciclaggio dei proventi illeciti ed ai reati fiscali.
In base all’accordo raggiunto, i registri dovrebbero essere accessibili a tutti coloro i quali dimostrino di avere un interesse legittimo a conoscere informazioni rilevanti quali i dati anagrafici del beneficiario effettivo della società ed i dettagli sulla sua titolarità. Ciò comporta che il diritto di accesso potrà non solo essere esercitato senza restrizioni da autorità investigative, Financial Intelligence Units (unità antiriciclaggio dei Paesi membri) ma anche da istituti di credito (che potranno così più efficacemente espletare i propri obblighi di adeguata verifica della clientela) e giornalisti investigativi.
L’accesso pubblico al registro potrebbe tuttavia essere vincolato a una preventiva registrazione on-line e al pagamento di una tassa per la copertura dei costi amministrativi. Ogni eccezione all’accesso definito dagli Stati membri sarebbe possibile solo su casi specifici e in circostanze eccezionali.
I membri del Parlamento Europeo hanno peraltro inserito, negli emendamenti alla Direttiva antiriciclaggio in discussione, diverse previsioni per la tutela dei dati personali.
Il Rapporteur del Comitato per gli affari Economici e Monetari del Parlamento UE, Krišjānis Kariņš, ha ricordato come «per anni i criminali in Europa hanno beneficiato dell’anonimato di compagnie e conti off-shore allo scopo di oscurare i propri rapporti finanziari», dicendosi convinto che la creazione di registri di titolari effettivi «aiuterà a sollevare il velo di segretezza dei conti offshore e contribuirà significativamente alla lotta al riciclaggio e alla vistosa evasione fiscale» .
Il Comunicato dell’Europarlamento sottolinea come l’accordo raggiunto con il Consiglio riguarda anche il chiarimento delle misure antiriciclaggio da applicare alle cosiddette “persone politicamente esposte”, ossia a quei soggetti maggiormente esposti a rischio di corruzione a causa del loro ruolo politico (capi di Stato, membri dei Governi, giudici delle Corti Supreme, parlamentari). Tali misure si applicheranno anche ai membri delle loro famiglie.
L’accordo dovrà ora essere vagliato dal COREPER (Comitato dei Rappresentanti degli Stati membri presso l’UE), nonché dai Comitati dell’Europarlamento su “Giustizia e Affari Interni – Libertà Civili” e “Affari Economici e Monetari”, prima di essere sottoposto al voto della plenaria dell’Europarlamento.
Tra i primi commenti positivi si segnala quello del Global Financial Integrity (GFI), che ha sottolineato come l’accordo del 17 dicembre abbia conciliato le idee inizialmente molto diverse di Parlamento e Consiglio: infatti, nonostante entrambe le istituzioni avessero presentato proposte di emendamento alla Direttiva che includevano la previsione di registri nazionali, solo in quella votata a larga maggioranza dal Parlamento lo scorso marzo si prevedeva il libero accesso pubblico alle sue informazioni. L’accordo raggiunto rappresenta dunque un compromesso, peraltro non privo di criticità, considerando come non siano adeguatamente definiti gli “interessi legittimi” che danno titolo ad accedere al registro. La proposta, peraltro (ricorda sempre Global Financial Integrity), non esclude la possibilità per singoli Paesi di varare misure anche più avanzate a livello nazionale, scelta che pare potrebbe essere fatta da Danimarca e Regno Unito, Paesi che hanno annunciato l’intenzione di rendere pienamente accessibili i propri futuri registri nazionali.
Intanto appare evidente come, di fronte ai passi avanti che vanno propiziandosi su scala comunitaria, appaia ancora meno sostenibile la posizione assunta su questi temi dagli Stati Uniti, Paese noto per la disponibilità offerta alla creazione di società anonime . Esperti del GFI, come Joshua Simmons, ritengono che solo in Kenya sia più facile costituire tali società anonime e sottolineano l’esigenza di dare seguito a quelle iniziative legislative che vanno nella direzione ora tracciata dall’accordo Europarlamento – Consiglio.
Le valutazioni di Simmons appaiono importanti soprattutto perché esprimono la rilevanza che potrebbero assumere questi registri qualora la loro adozione venisse approvata in via definitiva all’interno della Quarta Direttiva Antiriciclaggio oggi in discussione.
Si tratta di una occasione importante per realizzare un salto di qualità nella lotta a evasione fiscale, riciclaggio e corruzione nell’UE, che potrebbe così dare vita a un precedente capace di influenzare anche le scelte di altri importanti attori della scena internazionale, dando un grande contributo anche alla lotta alle organizzazioni criminali transnazionali.
Per tutte queste ragioni le organizzazioni della società civile impegnate sui temi della trasparenza e della finanza etica devono sollecitare una rapida approvazione definitiva di queste misure, nonché un pieno e rapido recepimento della normativa da Parte dei Paesi membri, possibilmente in una versione anche più vicina alle iniziali proposte dell’Europarlamento e più netta rispetto alla necessaria trasparenza sui trust (sulle cui titolarità l’accordo sembra per ora escludere la piena trasparenza pubblica, come rilevato da Re-Common).