Cambiamo la finanza per cambiare la Ue. La parola agli Eurocandidati
Quattro candidati di diversi partiti alle prossime elezioni europee rispondono alle domande di Valori sull'appello lanciato da Banca Etica per una riforma della finanza
La finanza può essere uno strumento di cambiamento, per affrontare grandi sfide di questo momento storico, come i cambiamenti climatici e le disuguaglianze che generano sofferenza sociale e ondate migratorie globali. Lo sostiene Banca Etica, che, in collaborazione con le reti europee della finanza sostenibile Gabv, Febea e Finance Watch, ha lanciato un appello, intitolato “Cambiamo la finanza per cambiare l’Europa”: un pacchetto di proposte su cui ha chiesto alle candidate e ai candidati al Parlamento di Strasburgo di prendere posizione. La riforma dei mercati finanziari, l’equità fiscale, in particolare la lotta ai paradisi fiscali e l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie. Sono alcune delle proposte contenute nell’appello.
«Cambiare il sistema finanziario, al di là dell’importanza in sé, significa dotarsi di strumenti per affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali che abbiamo davanti. Dal clima alle diseguaglianze, dalla giustizia fiscale al lavoro, abbiamo bisogno di un sistema finanziario che si metta al servizio della società e del Pianeta, e che passi dall’essere una parte rilevante del problema a parte della soluzione – sostiene il Presidente della Fondazione Finanza Etica, Andrea Baranes – Chiediamo ai candidati al Parlamento Europeo un impegno per lavorare in questa direzione!».
Andrea Baranes durante l’incontro con gli eurocandidati organizzato da Banca Etica il 20 maggioLe interviste di Valori
Abbiamo intervistato quattro candidati all’Europarlamento (scelti perché avevano aderito all’appello di Banca Etica o comunque interagito con la banca). Con loro abbiamo analizzato le potenzialità della finanza etica e in generale di una riforma della finanza in Europa.
Ecco le domande:
– Ritiene che la finanza possa essere uno strumento per affrontare le grandi sfide di oggi?
– Ritiene che contrastare l’evasione e l’elusione fiscale, il riciclaggio e la criminalità debba essere una priorità per il Parlamento europeo?
– Separazione tra banche di investimento e banche commerciali; tassa sulle transazioni finanziarie sono priorità?
– L’action plan redatto dall’Ue per definire e promuovere la finanza sostenibile considera solo requisiti ambientali. Ritiene che sia necessario rafforzarlo?
– Ritiene che alle banche etiche debba essere dedicato un trattamento diverso dalle altre banche?
Chi sono i 4 candidati (in ordine alfabetico)
Laura Agea, europarlamentare del Movimento Cinque Stelle Europa. Candidata anche alle prossime elezioni europee.
Massimo Amato, docente di Storia Economica all’Università Bocconi di Milano, candidato alle Elezioni Europee con “La Sinistra”, nella circoscrizione Nord-Ovest.
Nicoletta Dentico, giornalista ed esperta di salute globale, nel Cda di Banca Etica dal 2013 al 2019. Candidata alle elezioni europee con Europa Verde.
Patrizia Toia, eurodeputata dal 2004. Si candida per il Pd alle prossime elezioni europee.
La finanza come strumento di cambiamento
1) Ritiene che la finanza possa essere uno strumento per affrontare le grandi sfide di oggi: i cambiamenti climatici e le disuguaglianze che generano sofferenza sociale e ondate migratorie?
MASSIMO AMATO: La finanza è fondamentale perché può determinare le sorti dell’economia reale: può alimentarla come distruggerla, come è accaduto dopo la crisi del 2008. Al momento, e in Europa in particolare, siamo di fronte al predominio di quella forma particolare di finanza che sono i mercati finanziari, che per il loro modo di operare non possono non influenzare le decisioni politiche e di fatto hanno rafforzato in Europa la tendenza, già ampiamente inscritta nei trattati, a privilegiare politiche di austerità, che a loro volta hanno provocato lo scoppio di un’emergenza sociale e ambientale.
La finanza dovrebbe invece essere un mezzo per raggiungere scopi che non possono che essere in ultima istanza politici. Il rilancio dell’economia comporta politiche d’investimento. Nuove politiche sociali e del lavoro, per combattere il problema della disoccupazione necessitano investimenti. Nuove politiche ambientali necessitano di nuove linee di finanziamento. Pensare che nuovi obiettivi possano essere perseguiti con vecchi strumenti è un errore.
Dobbiamo pensare a nuove forme di finanza in cui la dimensione pubblica sia presente e abbia peso. E anche agenzie esistenti, come per esempio la Banca Europea per gli investimenti, devono essere messe in condizione di sostenere strutturalmente i cambiamenti. Agenzie pubbliche dovrebbero investire in modo sistematico per far ripartire economia e imprimerle direzioni nuove.
NICOLETTA DENTICO: La finanza, ovvero il denaro, è sicuramente uno strumento che, se ben utilizzato, può essere riformativo. Lo è purtroppo anche se usato male. La prima grande crisi globale, nel 2008, dimostra che questo strumento quando diventa un fine ed è usato senza nessuno scrupolo, può provocare danni enormi. Può distruggere intere economie: ha provocato la perdita del lavoro per 9 milioni di persone. E in India il suicidio di quasi 300 mila contadini e pescatori, che si erano ritrovati in condizioni di vita peggiori rispetto a quelle seppure frugali che avevano prima della crisi.
La finanza ha enormi potenzialità di cambiamento. La sfida per la politica è trasformarle in positivo. Oggi gli asset finanziari globali raggiungono i 300 mila miliardi di dollari. Di tutto questo oceano di finanza solo 873 miliardi dollari sono dedicati alla lotta al riscaldamento climatico. Si potrebbe fare molto di più, per il Pianeta e non solo.
Dopo 10 anni di crisi queste elezioni arrivano al momento giusto. Abbiamo ancora 20 anni per poter invertire rotta. Poi non ci sarà più nulla da fare per salvare il Pianeta.
Nicoletta Dentico all’incontro organizzato da Banca Etica con i candidati alle elezioni europeePATRIZIA TOIA: Sì, decisamente. La finanza non ha mai goduto di buona fama presso l’opinione pubblica e con il crollo della Lehman Brothers e lo scoppio della crisi finanziaria ed economica le cose sono decisamente peggiorate e la parola “finanza” viene immancabilmente associata alle tante ingiustizie di un sistema capitalistico che si è globalizzato senza globalizzare le autorità di governance necessarie per gestirlo a beneficio di tutti. La finanza però è uno strumento di progresso, se gestita bene con correttezza e trasparenza. Come sa bene chiunque si sia occupato di cooperazione e sostenibilità, la finanza può essere un prezioso strumento di cambiamento e di giustizia sociale, basti pensare al Piano Ue per gli investimenti o al Piano per l’Africa che abbiamo varato in questa legislatura europea.
LAURA AGEA: Certamente, non solo può, ma dovrebbe diventarlo. Stiamo sprecando risorse che potrebbero essere usate per affrontare le grandi sfide economiche, sociali e ambientali e che, se non incanalate correttamente, rischiano tra l’altro di far scoppiare nuove bolle e crisi finanziarie. La finanza ha un enorme potenziale per diventare un vero strumento di cambiamento anziché essere fine in se stessa. Se sinora non è stato così, è perché la maggior parte delle risorse finanziarie finiscono nel circuito della grande speculazione o in attività insostenibili. È quindi sempre più urgente e necessario reindirizzare i capitali dalle attività improduttive e insostenibili verso progetti utili e sostenibili a beneficio dei cittadini e del pianeta. Ma perché questo accada la finanza stessa deve essere riformata profondamente.
Io credo che le proposte promosse dal Gruppo Banca Etica vadano nella direzione giusta e che siano anzi una condizione indispensabile per realizzare un cambiamento concreto e significativo. A partire dall’anno scorso ho avuto modo di collaborare in modo molto costruttivo con Banca Etica promuovendo varie proposte volte a sostenere la finanza etica e a riconoscerne il ruolo fondamentale per la nostra economia e la stabilità, dalla legislazione sui requisiti di capitali, o il programma InvestEU, alla tassonomia europea sulle attività economiche sostenibili.
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Per una giustizia fiscale
2) In Europa esistono territori che agiscono come veri paradisi fiscali. Ritiene che contrastare l’evasione e l’elusione fiscale, il riciclaggio e la criminalità debba essere una priorità per il Parlamento europeo?
NICOLETTA DENTICO: I paradisi fiscali sono un cancro che distrugge ogni possibilità politica di intervento sull’economia globale. È inaccettabile che esistano uffici in Svizzera che danno consulenza su come spostare i capitali nei paradisi fiscali. Non sono isolette sperdute, sono Stati in Europa.
Mi occupo di accesso ai farmaci essenziali. I proventi che le grandi aziende fanno dalla vendita di farmaci innovativi – non solo il brevetto che è depositato in un paradiso fiscale – ma anche i proventi della vendita dei farmaci vengono depositati nei paradisi fiscali. Tax jstice network stima che ci siano tra 21 e 32 mila miliardi di dollari nei paradisi fiscali.
Politici europei potrebbero mettere mano a questo problema, e gli anni scorsi ci hanno provato, ma i meccanismi di voto vigenti in Europa, per cui anche solo un governo può bloccare un processo decisionale, impedisce questo tipo di decisioni.
In questa partita dei paradisi fiscali gioca un ruolo importante il Regno Unito, tanto più quando uscirà dall’Ue.
Ma il dossier dei paradisi fiscali non riguarda solo l’Europa ma il G20. L’Europa però ha un compito importante, se approvasse una norma per eliminarli darebbe un segnale forte da un punto di vista geopolitico. È un player economico e finanziario enorme.
Il Parlamento dovrà proseguire il lavoro di istruttoria di questo dossier. E, in parallello, dovrà lavorare perché certe decisioni si assumano a maggioranza, non all’unanimità.
PATRIZIA TOIA: Il fisco è ad oggi il grande buco nero della costruzione comunitaria. Nei sessant’anni trascorsi dal discorso di Robert Schuman che ha avviato la Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio abbiamo fatto tanti progressi in molti settori, ma il fisco è rimasto una materia di competenza strettamente nazionale su cui qualsiasi decisione deve essere presa all’unanimità. Questo significa che in un’Unione europea con 28 Stati membri qualsiasi normativa sull’elusione fiscale può essere bloccata da Paesi piccolissimi come Malta, Cipro o il Lussemburgo, che su questi temi hanno tutto da perdere.
Il Gruppo dei Socialisti e Democratici, di cui faccio parte come eurodeputata Pd, denuncia da anni il fatto che in Europa ci sono più di mille miliardi di evasione fiscale. Questa legislatura europea ha comunque segnato una svolta perché dopo gli scandali dei Panama Papers e dei Lux Leaks siamo riusciti a migliorare e rendere obbligatorio lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali dell’Ue, in modo che esse possano conoscere in quali Paesi le multinazionali realizzano i loro profitti, impedendo loro di eludere le tasse. Ci siamo battuti anche per ottenere che la rendicontazione fiscale annuale Paese per Paese delle multinazionali nell’Ue sia resa pubblica, anche se questa riforma rimane ferma in Consiglio, a causa del blocco posto da alcuni Stati membri. Dovrà essere la prima cosa da fare nella prossima legislatura.
Anche sulla lotta al riciclaggio sono già stati fatti molti passi avanti, con un maggiore livello di trasparenza rispetto ai beneficiari effettivi di società e trust. Le norme adottate renderanno pubbliche le informazioni riguardanti i beneficiari effettivi delle società, e permetteranno a chi ne abbia un interesse legittimo (tra cui giornalisti investigativi e ONG) di avere accesso alle informazioni sui trust e sugli altri omologhi istituti giuridici. Nella sessione plenaria di marzo, infine, abbiamo approvato una tabella di marcia dettagliata con proposte per affrontare i reati finanziari, l’evasione e l’elusione fiscale, in particolare migliorando la cooperazione in tutti i settori tra le molteplici autorità coinvolte, e l’istituzione di nuovi organismi a livello UE e mondiale. Ora dobbiamo realizzare concretamente le proposte di questa tabella di marcia.
MASSIMO AMATO: Certo che dovrà essere una priorità. Proprio attraverso il dumping fiscale l’“Europa sociale” del progetto originario si è trasformata in un’Europa minacciosamente anti-sociale.Che si debba lavorare sul tema della giustizia fiscale è prioritario. Lo dicono tutti, a parole, e nessuno è contrario. Ma bisogna agire sulle cause, non sugli effetti. E allora vale la pena dirlo con chiarezza e semplicità: i paradisi fiscali esistono perché esiste una mobilità indiscriminata dei capitali.
La vera questione da affrontare è l’introduzione di forme mirate di restrizione della mobilità dei capitali. Finché in Europa gli stati saranno sotto lo scacco di un “Senato virtuale” formato dai creditori che hanno la possibilità di “votare” le politiche nazionali vendendo e comprando, nessuna decisione politica potrà eliminare i paradisi fiscali.
La Commissione Europea ha come mandato legislativo la salvaguardia del mercato unico e del benessere dei cittadini attraverso la piena occupazione. Entrambi gli obiettivi sono messi in pericolo proprio dalla mobilità dei capitali, che ha contribuito a spingere l’economia europea verso la deflazione. È necessario, e soprattutto possibile, rivedere la logica della mobilità indiscriminata, e proprio in nome della salvaguardia del mercato unico. Andare in questa direzione ci darebbe la possibilità di avere un’Europa nuova, unita e non discriminatoria.
Se non si toccano i meccanismi vigenti in Europa, anche e soprattutto quelli monetari (che sono riformabili), il predominio dei mercati finanziari proseguirà. Non si tratta di abolire l’euro, ma di riformarlo. L’euro no né un dato di natura: è stato fatto, quindi può essere rifatto senza essere disfatto. Mettere mano alla riforma dell’euro è possibile.
LAURA AGEA: Assolutamente sì. Nella scorsa legislatura è stato fatto tanto in Parlamento su questo fronte, e tuttavia i nodi principali rimangono scoperti. Questo perché, da una parte, non si è mai affrontato a viso aperto il problema dei paradisi fiscali dentro l’UE (vale sempre la pena ricordare che l’attuale Presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, è stato il principale fautore della trasformazione del Lussemburgo in uno dei sistemi offshore più importanti del mondo). D’altra parte, perché le principali riforme del sistema fiscale adottate dal Parlamento sono al momento bloccate in Consiglio dell’UE da alcuni Stati membri che hanno tutto l’interesse a mantenere lo status quo arricchendosi alle spese di altri Stati membri. Tra queste, le più importanti sono la tassa europea sulle transazioni finanziarie, la riforma del sistema di tassazione delle società multinazionali (basata sull’idea che la società multinazionale debba essere giustamente tassata come se fosse un’entità unitaria ovunque operi), la tassa sui colossi del web e l’obbligo di rendicontazione pubblica Paese per Paese dei dati contabili e fiscali. È quindi ancora più indispensabile che il contrasto all’evasione e elusione fiscale internazionale, la lotta al riciclaggio e alla criminalità finanziaria siano tra le più alte priorità del Parlamento europeo e le altre istituzioni UE, a partire dalla Commissione. È importante che il Parlamento europeo continui a esercitare forti pressioni perché le riforme avviate vengano portate a termine e a promuovere una vera giustizia fiscale.
Una riforma del sistema finanziario
3) Separazione tra banche di investimento e banche commerciali; tassa sulle transazioni finanziarie. Ritiene che il prossimo parlamento europeo debba mettere mano a queste 2 riforme? Le considera prioritarie?
LAURA AGEA: A dieci anni dalla crisi c’è da chiedersi, cosa è stato fatto per impedire alle banche di continuare a speculare ai danni di contribuenti e risparmiatori? Cosa protegge oggi i cittadini da una futura crisi finanziaria e dagli eccessi della speculazione? La riforma chiave per affrontare questi problemi è stata abbandonata senza un motivo valido, e credo debba tornare ad essere una delle priorità del prossimo parlamento. La separazione bancaria era stata pensata come un pilastro della nuova regolamentazione bancaria, una misura complementare e indispensabile per porre fine al problema delle banche ‘too-big-too-fail’ per la quale il Movimento Cinque Stelle si è battuto fortemente per tutta la durata di questa legislatura. Credo che l’importanza di questa riforma per la stabilità finanziaria sia ancora più rilevante, soprattutto da quando l’introduzione del meccanismo infernale del bail-in ha creato un’illusione di sicurezza che espone in modo ancora più drammatico risparmiatori e contribuenti ai costi di nuove crisi bancarie di dimensione sistemica. Non escludo che il cambio legislatura possa offrire un’opportunità per rilanciare la proposta, ma sono necessarie condizioni politiche favorevoli che dipendono anche dalle future elezioni europee.
Per quanto riguarda poi la tassa sulle transazioni finanziarie, ritengo che sia una misura di straordinaria efficacia per contrastare la speculazione, oltre che un mezzo per generare importanti risorse utili a finanziare politiche di contrasto alla povertà, alle diseguaglianze e alla disoccupazione. Credo che – nonostante la difficoltà a raggiungere un accordo sugli aspetti tecnici – la TTF sia in fondo nell’interesse di numerosi Stati membri e della stessa UE, se non altro per il significativo potenziale a livello di gettito. Il rischio è piuttosto che, dopo anni di duri negoziati, si vada verso un modello molto annacquato di TTF così da vanificare del tutto l’originaria funzione anti-speculativa.
NICOLETTA DENTICO: È fondamentale reintrodurre la separazione tra banche d’affari e banche commerciali. Separazione che esisteva, ma che Bill Clinton nel ‘92 ha eliminato. Bisogna invece tornare alle vecchie regole pre deregulation.
Dobbiamo trovare il modo di premiare le banche che si differenzino. Quelle che hanno come aspetto fondamentale la trasparenza, e che portano avanti una finanza buona e sana, non tanto finanza etica. Le persone devono sapere cosa fanno le banche con i loro soldi.
Ed è necessario introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie: si recupererebbero miliardi di euro come hanno dimostrato Finance watch , Tax justice network. Fondi indispensabili per l’agenda 30 30, un’agenda ambiziosa che necessita fondi. E le Nazioni Unite hanno denunciato che al momento è stato racconto circa un terzo scarso dei fondi necessari.
Sulla tassa sulle tassazione transazioni finanziarie c’è stato grandissimo lavoro in Ue, sfociato nella cooperazione forzata. Oggi il gioco è diventato bilaterale, con la Germania e la Francia che la fanno da padrone. Regno Unito e Svezia hanno forme simili alla Tassa sulle transazioni finanziarie. Che funzionano benissimo. Sono la dimostrazione che sio può fare, senza danneggiare nessuno, anzi, con enormi benefici.
MASSIMO AMATO: L’abolizione negli Usa del Glass Steagall Act, che imponeva la separazione tra banche d’investimento e banche commerciali, e le liberalizzazioni ancora più radicali messe in atto negli anni Novanta in Europa, ha aperto la strada alle banche universali, che, al contrario di quelle tradizionali, ha un reddito che non deriva più prevalentemente dall’attività di prestito, ma sempre più dal trading. Sono nati dei colossi “too big to fail”. Durante la crisi le attività di tali banche sono entrate in conflitto e la possibilità di investire in porti sicuri piuttosto che finanziare l’economia europea ha spesso avuto la meglio. È necessario reintrodurre la distinzione tra banche commerciali e banche di investimento. A tutela del risparmio e del lavoro.
Sono favorevole all’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, che ridurrebbe l’elemento speculativo della finanza. Questa tassa infatti colpisce chi compra titoli non per tenerli, in attesa di un rendimento legato ai fondamentali, ma per rivenderli scommettendo su guadagni speculativi. Con una tassa di questo genere, l’high frequency trading scomparirebbe.
PATRIZIA TOIA: Il Parlamento europeo può approvare tutti i testi normativi che vuole ma se non c’è il via libera del Consiglio, dove sono rappresentati i governi europei, non si va da nessuna parte. Purtroppo i governi europei sono sempre più restii ad approvare norme di questo tipo, soprattutto ora che la pressione della crisi finanziaria è passata. Dobbiamo tenere presente che ci sono diversi governi sovranisti, o alleati con i sovranisti, e che la nuova leadership della Cdu dopo la Merkel sembra poco europeista. Queste due misure vanno ridiscusse e riproposte, ma tenendo presente che non esauriscono le tantissime riforme di cui ha bisogno il sistema finanziario, né possiamo illuderci che siano la bacchetta magica per assicurarci contro il ripetersi di crisi future. Servono tante misure di trasparenza e serve una politica attenta e presente, che non deleghi le decisioni ai tecnici di comitati semi-sconosciuti.
Definire la finanza sostenibile: solo criteri green?
4) L’action plan redatto dall’Ue per definire e promuovere la finanza sostenibile considera solo requisiti ambientali. Ritiene che sia necessario rafforzarlo?
PATRIZIA TOIA: Sì, l’action plan per la finanza sostenibile va rafforzato. A marzo al Parlamento europeo siamo riusciti a far passare il pacchetto normativo sulla finanza sostenibile, con la definizione dei criteri necessari per definire “sostenibile” uno strumento di investimento. Si tratta di un’iniziativa importante perché sarà la cartina di tornasole di molti operatori economici che dovranno smettere di finanziare la distruzione dell’ambiente. Un impianto nucleare, una miniera di carbone o una piattaforma petrolifera non possono essere definite attività economiche sostenibili. Ora è scritto nero su bianco e non c’è attività di greenwashing che tenga. Purtroppo però non è passata la richiesta di includere anche i requisiti etici e sociali, tra cui elementi come la speculazione, l’evasione e l’elusione fiscale. Penso invece che la valutazione dell’impatto sociale sia la nuova frontiera della finanza e che l’Unione europea debba approvare delle normative ambiziose su questi temi.
LAURA AGEA: Ritengo assolutamente necessario il rafforzamento dell’action plan per la finanza sostenibile in quanto credo che la promozione efficace della finanza sostenibile richieda l’adozione di un approccio pienamente integrato e coerente che metta sullo stesso piano fattori ambientali e sociali. Con i miei colleghi mi sono impegnata per sostenere l’integrazione della dimensione sociale e di criteri più rigorosi nella nuova normativa che introduce una tassonomia delle attività sostenibili. Tuttavia, queste istanze, perfettamente in linea con le proposte del mondo della finanza etica, sono state rinviate alla prossima legislatura.
Credo comunque che la normativa adottata dal parlamento, anche con il nostro sostegno, rappresenti un passo importante per la promozione di un modello positivo di finanza, per quanto fosse per noi chiaramente auspicabile un approccio più ambizioso. Nel testo finale sono stati introdotti per esempio criteri volti a impedire che possa essere definita come ‘sostenibile’ un’attività economica che per esempio viola i diritti umani o che utilizza il carbone (diversamente dalla proposta iniziale).
NICOLETTA DENTICO: Per dare una definizione di sostenibilità non è sufficiente considerare le variabili ambientali. E lo dico anche io, da candidata dei verdi. Leggendo il rapporto dell’Ipcc mi sono convinta che sia tardi anche per parlare di sostenibilità. Ma di certo questo concetto non può prescindere da nessuna delle sue 3 gambe: quella economico-finanziaria, quella ambientale e quella sociale. Se ci limitiamo ai requisiti ambientali prestiamo il fianco a operazioni di maqullage. Consentiremmo alle aziende di calpestare i diritti, purché, per esempio, diminuiscano le proprie emissioni inquinanti.
Il Parlamento europeo deve essere molto più coraggioso di quanto è stato finora. Lo sforzo fatto dai diversi gruppi di lavoro è stato piuttosto fiacco. Come Verdi chiediamo di riprendere in mano il dossier e inserire la componente sociale e quella finanziaria ed economica.
Come ho scritto nel mio slogan, difendere i diritti della Terra e quelli delle persone è la vera sfida della democrazia moderna.
MASSIMO AMATO: Criteri di sostenibilità che considerano solo aspetti ambientali e non anche quelli sociali e di buona governance sono zoppicanti. È evidente che solo un mix di criteri può fornire indicazioni equilibrate.
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5) Ritiene che alle banche etiche debba essere dedicato un trattamento diverso dalle altre banche? In particolare condizioni per facilitare l’erogazione di credito a progetti con impatti positivi per la società?
LAURA AGEA: Sono convinta di sì. Intanto perché ritengo che le regole bancarie debbano tener conto anche dei fattori sociali e ambientali e premiare le attività finanziarie che contribuiscono a un sistema finanziario più sano e sostenibile. In secondo luogo perché, come dimostrano i dati presentati nei recenti rapporti sulla finanza sostenibile, la finanza etica è meno rischiosa della finanza tradizionale. Negli ultimi anni le banche etiche hanno superato le grandi investment bank nei principali indicatori di performance. Ciò significa che un trattamento diverso, per esempio attraverso l’introduzione di un supporting factorper le attività “verdi” e quelle “sociali”, sarebbe non solo utile per incentivare attività a beneficio della collettività, ma anche giustificato dal punto di vista prudenziale, nonché in linea con il principio di proporzionalità. Il quadro normativo dovrebbe quindi tener conto della minore rischiosità della finanza sostenibile e adeguare i requisiti di capitale in modo tale che non vadano oltre quanto necessario per conseguire gli obiettivi prudenziali.
A questo proposito, nel corso dei lavori sul pacchetto bancario, insieme ai miei colleghi ho sostenuto l’introduzione di un green e social supporting factor nella legislazione sui requisiti di capitale per le banche, promuovendo specifici emendamenti in linea con le proposte di Banca Etica. Siamo riusciti per ora ad ottenere l’approvazione di un articolo che impegna l’EBA a condurre uno studio che giustifichi l’introduzione di un trattamento preferenziale per le attività sociali e ambientali sostenibili. Si tratta di un primo riconoscimento della finanza etica e sostenibile in Europa, ma sarà necessario nel prossimo parlamento continuare a spingere per l’effettiva adozione dei supporting factore di un quadro normativo in grado di sostenere un sistema finanziario sostenibile veramente al servizio della società e dell’ambiente.
Laura Agea durante l’incontro organizzato da Banca Etica con gli Eurodeputati il 20 maggio
PATRIZIA TOIA: All’interno dell’intergruppo parlamentare sull’economia sociale mi batto da anni proprio per far passare il concetto che le banche etiche, le imprese sociali e le associazioni no profit debbano essere considerate in modo differente rispetto agli altri operatori economici che hanno il profitto come unico parametro di riferimento. Bisogna integrare la sostenibilità, ambientale ma anche sociale, nei requisiti prudenziali richiesti alle banche e ricalibrare su questi parametri i requisti patrimoniali. Non si tratta solo di difendere e far crescere il settore delle banche etiche e del no profit accanto all’economia “normale”, ma di ripensare il nostro sistema economico alla luce delle esperienze importanti dell’economia sociale.
MASSIMO AMATO: Non c’è alcun dubbio. Sono necessarie nuove categorie e nuove norme che tengano conto delle differenze nel mondo del credito. Anche perché per le banche di credito cooperativo e le banche etiche la rischiosità è più che compensata dalla loro finalità sociale. Esiste un’ampia letteratura che mostra come durante la crisi le banche cooperative abbiano registrato performance migliori sotto il profilo di redditività e capitalizzazione. Si tratta di uscire dall’incubo di un “mondo alla rovescia” dove gli operatori a vocazione speculativa sono protetti proprio dal loro costituire una minaccia per la società, e gli operatori a vocazione sociale sono trattati sulla base di criteri di efficienza che della loro vocazione sociale non tengono conto.
Se l’Europa non riesce a distinguere fra credito e speculazione, le nozioni di solidarietà e cooperazione che sono alla sua base, tanto quanto quelle di libertà di circolazione delle persone e delle merci, rischiano di resta lettera morta.
NICOLETTA DENTICO: Assolutamente sì. È assurdo che al momento avvenga il contrario: è favorito chi specula, ed è penalizzato chi finanzia l’economia sociale. È fondamentale che venga riconosciuto il merito di chi la sostenibilità prova da tempo a declinarla concretamente: dà credito a certi settori dell’economia ed esercita la trasparenza e la partecipazione. E va premiato. Anche per invogliare altri a fare lo stesso.
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