Coronavirus & crisi: un mercato ai confini della realtà
Sguardo settimanale sulla corona-crisi. Seconda puntata dedicata agli aspetti surreali del mercato attuale: petrolio negativo, eurobond "immortali" e acquisti reali
Ci sono più cose in cielo e in terra di quante se ne sognino nella nostra economia, soprattutto in questo mercato. La crisi regala fenomeni inediti o quasi, segnali di anomalie persistenti, presagi di soluzioni future. Almeno si spera. Una curiosa novità, per dire, la offre la Danimarca che nei giorni scorsi ha deciso di escludere dagli aiuti post coronavirus le imprese che hanno sede in un paradiso fiscale. Sulla stessa linea la Polonia che sosterrà solo le aziende che pagano le tasse in patria. Un messaggio all’Olanda? Chissà. Ma gli eventi nuovi sono molteplici e multiformi, sorprendenti, surreali. Una gioia per gli occhi, insomma.
I primi effetti della #crisi sanitaria sui #mercati pic.twitter.com/jUl3s9xF3P
— Luca Gualtieri (@Luca_Gualtieri1) April 19, 2020
Petrolio sottozero
Lunedì i futures sul greggio WTI a un mese hanno perso oltre il 100% del loro valore entrando per la prima volta nella storia in territorio negativo. Il prezzo di un barile di petrolio in consegna a maggio, in altre parole, si è trasformato in un ricavo per l’acquirente. Basta farsi carico del petrolio fisico, ovvero sottrarlo ai produttori che al momento si ritrovano con i magazzini pieni e una domanda di mercato talmente debole da non riuscire a sgravare il peso delle scorte. Lo spazio di stoccaggio è praticamente terminato e data la situazione è preferibile pagare i gestori delle raffinerie perché si facciano carico della materia prima con tutti i costi che ne derivano.
One oil price went negative on Monday, signaling that there is no place to store all the crude the world is producing but not using https://t.co/EFQGZkRiRk
— The New York Times (@nytimes) April 21, 2020
Mercato in crisi prolungata
Come è normale che accada, nota qualcuno, con l’approssimarsi della scadenza del contratto il prezzo del barile di carta – ovvero il titolo future – è destinato a convergere con quello del barile vero e proprio, tornando così in territorio positivo. Ma il fenomeno registrato dal WTI (West Texas Intermediate, il petrolio USA insomma) racconta in modo chiaro l’eccezionalità del momento. Nel mondo bloccato dal coronavirus il settore petrolifero è destinato a sperimentare una crisi prolungata.
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Bond perpetui, perché no?
Un bene “fisico” sottozero – sebbene sulla carta – fa il suo effetto. Ma anche un’obbligazione perpetua non scherza, specie nel contesto europeo dove le proposte sembrano sempre alludere a qualcos’altro. L’idea l’ha lanciata la Spagna: istituire un fondo continentale da 1,5 trilioni di euro, il triplo di quanto previsto finora dall’Eurogruppo, da finanziare con titoli perpetual. Di che si tratta? Essenzialmente di bond che non scadono mai, ovvero non rimborsabili. Si comprano e si rivendono sul mercato secondario senza arrivare mai a una conclusione e, nel frattempo, si incassano gli interessi. È come comprare una casa senza poterci mai abitare: sembra un controsenso ma fintantoché si può incassare un affitto prima di rivenderla a un nuovo investitore perché rinunciare?
Cancellare il debito, un’idea evergreen
L’idea è sostenuta con forza anche da George Soros (ma non ditelo ai sovranisti, per carità) che per i titoli in questione ipotizza un rendimento (e quindi un costo per l’Europa) dello 0,5% annuo. La proposta, ad oggi, appare lievemente fantascientifica. Non tanto per la categoria dei titoli in questione (i perpetual bond esistono da sempre sul mercato) quanto per il campo di applicazione. L’idea che l’Europa possa emettere debito senza scadenza evoca inevitabilmente scenari di monetizzazione ovvero di cancellazione del debito. Cosa accadrebbe, per esempio, se i perpetual finissero in mano alla Bce e quest’ultima rinunciasse, attraverso qualche tecnicismo, ad incassarne i rendimenti? Delirante ipotesi da quarantena, d’accordo. Ma l’idea aleggia discreta e incombente da una vita. Chiedere ai giapponesi…
Bce generosa /1: i bond spazzatura
Dalla fantasia (per ora) alle ipotesi intermedie, scenari sempre più concreti sebbene un tempo impensabili. Pensieri ai confini della realtà, per così dire, con la Bce nel ruolo di protagonista. L’ultima suggestione viene da Bank of America: la banca centrale europea, sostiene l’istituto citando i verbali dell’ultima riunione di Francoforte, potrebbe estendere il programma di acquisti alle obbligazioni spazzatura. Anche i titoli ad alto rendimento, in altre parole, potrebbero essere acquistati sul mercato generando un sostegno di prezzo a beneficio degli emittenti (ovvero le società quotate maggiormente in crisi). Le resistenze non mancano; per la Bce d’altra parte si tratterebbe di abbattere un ulteriore tabù.
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Ma non sarebbe un caso isolato: la Fed, per dire, ha già iniziato ad acquistare i cosiddetti fallen angels, ex titoli investment grade (semplificando, quelli più sicuri) appena retrocessi in area junk dopo l’ultimo declassamento da parte delle agenzie di rating. Il mercato, d’altra parte, pullula di esponenti della categoria. Nel mondo, a conti fatti, ci sono oltre 3 trilioni di dollari di bond spazzatura emessi dalle imprese non finanziarie. Metà dei titoli investment (circa 5 trilioni) ha un rating BBB, l’ultimo scalino prima del declassamento in “discarica”. Prendere nota.
Bce generosa /2: i titoli italiani
Dalle ipotesi alla realtà, con tanto di numeri. Nello spazio di un mese la Bce avrebbe acquistato dai 30 ai 40 miliardi di euro di titoli italiani, alla faccia dell’Europa «che ci lascia soli» (ma quando mai?). Lo segnala Goldman Sachs precisando che la somma equivale a una quota compresa tra il 35% e il 45% degli acquisti totali. Piccolo particolare: la Banca d’Italia partecipa al capitale della Bce per il 13%. Con le vecchie regole del QE, Francoforte avrebbe potuto comprare sul mercato un ammontare di bond italiani decisamente più ridotto visto che gli acquisti venivano realizzati per ogni Paese su base rigorosamente proporzionale (in pratica si acquistavano più titoli tedeschi che francesi, più titoli italiani che spagnoli e così via).
#ECB bought €34bn of debt in one week. Pandemic purchase program (PEPP) kicks off w/€30bn. Emergency measures & existing programs skewed toward Italy. March data showed ECB bought €11.9bn of Italian govt bonds vs €2bn of German bonds, ignoring cap key. https://t.co/56bWP7pQe2 pic.twitter.com/k1SaTPygrD
— Holger Zschaepitz (@Schuldensuehner) April 6, 2020
Oggi, al contrario, si segue un criterio di necessità aiutando in primo luogo il Paese più bisognoso. Spiegarlo ai sovranisti (di lotta e di governo), prego.