I veri padroni del calcio
Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio
Nel 2019 la Fifa ha fatturato 766 milioni di dollari. Gli agenti dei calciatori 653,9 milioni solo per i trasferimenti internazionali. Se poi si contano anche i trasferimenti interni la cifra guadagnata dai procuratori nel calciomercato 2019, che ha raggiunto un giro di affari complessivo da 7,3 miliardi di dollari, supera facilmente il miliardo. E questi sono solo i soldi puliti, dichiarati. Sono loro i padroni del calcio, gestiscono vere e proprie scuderie che valgono decine o anche centinaia di milioni e inevitabilmente decidono le sorti del pallone. Lo sono da ben prima che la Fifa nel 2015 desse il via libera: per fare l’agente non c’è nemmeno bisogno di essere iscritto ad alcun albo, basta mettere due firme sui contratti e si intascano commissioni milionarie. Se decido le composizioni delle squadre, ne influenzo i risultati. Senza bisogno di scomodare Rui Pinto, il whistleblower del pallone che aveva dimostrato con i suoi leak come gli agenti fossero in grado di creare o distruggere interi campionati, basta limitarsi a chiedersi cosa succede quando in un match di fine stagione si incontrano allenatori e calciatori che appartengono allo stesso procuratore. Da un paio di anni le federazioni nazionali sono corse ai ripari, mettendo inutili (in quanto facilmente aggirabili) tetti massimi del 3% alle commissioni degli agenti, e la stessa Fifa poche settimane fa ha dichiarato che riformerà la deregulation totale del 2015. Ma forse l’idea migliore per arginare lo strapotere dei procuratori nel calcio è venuta al governo italiano: nel “decreto Ristori” del 28 ottobre 2020 è infatti scritto che anche gli agenti dei calciatori (senza limiti di fatturato, quindi anche chi guadagna più di 5 milioni di euro l’anno) potranno accedere a contributi a fondo perduto se, poverini, hanno guadagnato meno dello scorso anno.