Cina, dopo le proteste chiudono le fabbriche chimiche inquinanti
Dopo i violenti scontri tra manifestanti e polizia, le autorità locali cinesi hanno annunciato la chiusura di numerose attività.
Numerose fabbriche chimiche nel Nord della Cina dovrebbero chiudere a breve i battenti. Ad annunciarlo è stato il Centro di informazione sui Diritti dell’uomo nella Mongolia del Sud, un’associazione che si occupa di difendere i membri dell’etnia locale. La decisione di bloccare le fabbriche arriva dopo una grande manifestazione di protesta contro le emissioni inquinanti, sfociata in gravi scontri tra la popolazione e la polizia.
I manifestanti si erano riuniti per denunciare, in particolare, i danni provocati dagli elementi nocivi provenienti dalle raffinerie e diffusi su un territorio utilizzato come pascolo dagli allevatori locali. Una battaglia che, almeno per ora, sembra vinta, vista la promessa delle autorità locali di accogliere le richieste dei contadini.
Non si tratta della prima volta che proteste di questo genere vengono organizzate in Cina. La rapida crescita economica che ha conosciuto lo Stato asiatico negli ultimi anni si è basata anche su attività fortemente dannose per l’ambiente. Al contempo, però, i cittadini – ed in particolare la classe media emergente – sono diventati sempre più coscienti dell’importanza della questione ecologica e dei rischi per la salute.