Il futuro degli NFT, tra non fungibilità e agnosticismo
Quali prospettive aprono gli NFT e quale sarà la loro evoluzione? L'opinione di Mariano Carozzi, fondatore della piattaforma Prestiamoci
Quando nel mondo delle valute digitali e delle tecnologie decentralizzate emerge qualche nuovo fenomeno i due effetti collegati ed opposti sono, da un lato, un grande interesse economico. Dall’altro, la conseguente reazione di quelli che una volta venivano definiti “benpensanti”, pronti ad evocare immediatamente la “bolla” delle crypto, erede della molto romanzata ma poco conosciuta bolla dei tulipani. Sta succedendo lo stesso con gli NFT, sigla che sta per non-fungible token, incomprensibile ma non nuova anzi piuttosto vecchiotta.
Gli NFT: qualche aspetto tecnico
Facciamo un po’ di storia. Si è infatti cominciato a parlare di NFT nel 2017 quando viene proposto un nuovo standard di utilizzo della blockchain Ethereum consistente in un token denominato comunemente ERC 721. Progettato con l’obiettivo di rendere il token scambiabile ma unico, quindi non fungibile.
In un certo senso se volessimo un po’ romanzare la storia potremmo dire di essere di fronte alla reazione alla nascita, circa due anni prima, di un altro standard che stava facendo parlare molto di sé. Parliamo del token ERC 20, ancora oggi il più utilizzato nel mondo grazie invece alla sua grandissima flessibilità.
Qui i lettori più preparati si annoieranno ma i critici potrebbero dire che a partire dal Bitcoin la grande innovazione delle valute cripto è di essere un bene digitale non replicabile. Ma occorre essere precisi e dire che non replicabile non vuol dire non fungibile. Infatti ogni biglietto da 50 euro, come ogni Bitcoin, è unico (in forza di un numero di serie o di una stringa alfanumerica) ma quando paghiamo, tutti controllano che sia una banconota da 50 euro non il numero di serie. Ovvero le banconote da 50 euro sono fungibili. E lo stesso nel mondo decentralizzato quando devo pagare, versare o depositare viene verificato il corretto ammontare di token, non quello specifico token.
Perché i token NFT non sono certamente monete
Nella storia sono stati gli oggetti fungibili ad essere le prime forme di moneta: conchiglie, riso. E la fungibilità è una delle caratteristiche peculiari della moneta. Nel mondo dei nativi americani i cavalli erano ritenuti una moneta. Ma un cavallo di razza che ha vinto un Gran Prix è unico, non fungibile. Ovvero non vale un cavallo ma vale per essere il cavallo che ha vinto.
Il più classico dei beni non fungibili è l’opera d’arte. Ma anche un oggetto di collezionismo molto raro. Nel mondo delle tecnologie digitali i token ERC 721 rappresentano le opere d’arte, oggetti digitali tanto unici che, quando anche ne avessi in tasca più di uno, non dovrei farne la somma ma l’elenco. Il che, parlando ad esempio di economia, è un problema, perché un oggetto non fungibile non è di sicuro un’unità di conto. E difficilmente è un mezzo di pagamento, con la conseguenza che i token NFT non sono sicuramente monete.
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Abbiamo cosi da un lato i token unici (ERC721) che possono essere la trasfigurazione digitale di un’opera di Picasso. E dall’altro i token (ERC20) basati su uno schema abbastanza ampio per ricondurre allo stesso tipo di smart contract un numero così grande di token da gareggiare con quello delle lattine della più nota bevanda gasata mondiale.
Un nuovo standard “agnostico” rispetto alla fungibilità
Fortunatamente la tecnologia non si ferma. E per semplificare potremmo dire che recentemente è stata fatta una sintesi tra questi due standard creandone uno nuovo. Denominato ERC115, ha la caratteristica di essere agnostico riguardo alla fungibilità. E in aggiunta di consumare poco gas (per chi non lo sapesse ancora il gas è il carburante virtuale che fa funzionare la blockchain Ethereum ma per tutti colgo l’occasione per invitare alla lettura online di definizioni e casi d’uso di alcuni dei termini utilizzati finora).
Essere agnostici rispetto alla fungibilità per questi nuovi token non vuol dire essere indifferenti e lontani dal tema. Anzi, i token generati con questo standard possono coordinare i due mondi, per così dire, raggruppando i token simili. Ed ordinandoli, aiutarci a trovare il token unico disperso in mezzo a mille altri.
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Ovviamente quando la tecnologia fa un passo in avanti il valore attratto è significativo soprattutto nel mondo delle tecnologie decentralizzate dove le aspettative sono molto alte. Questa evoluzione, poi, sembra essere molto promettente proprio perché supera con molte sfumature il binomio token fungibile-token non fungibile, dando una libertà non banale. Che è stata subito sfruttata da tanti artisti che non sono Picasso, ma vivono di produzioni originali. Magari con una forte componente digitale legata all’arte contemporanea. Poi quando un artista ha fatto sold out vendendo ad un’ asta di Christie’s un file jpg per 69 milioni di dollari tutti hanno cominciato ad interessarsene.
I nuovi token duttili, sicuri ed economici
Come si suole dire, l’arte e la bellezza non hanno prezzo. Ma questa tecnologia ha un valore? Si diffonderà tra di noi oltre al mondo di arte e collezionismo? Personalmente penso di sì. I token ERC1155 sembrano essere duttili, sicuri ed economici. Un buon metodo per trasferire valore o token che rappresentano dati di valore. Rendendoli disponibili a terzi, aumentando il tasso di libertà e di decentralizzazione delle tecnologie oggi disponibili. Sembra inoltre che possano contribuire anche aumentando le occasioni di uso di tecnologie in via di affermazione come quelle legate all’ identità digitale ed al salvataggio di dati su protocolli decentralizzati.
Quindi verranno usati per dati, numeri, impronte digitali. E se poi saranno la versione digitale delle figurine dei calciatori a favorire la diffusione dei token NFT, come sta capitando negli USA per le star dell’ NBA, saremo tutti contenti di aver trovato un tocco di leggerezza nelle tecnologie decentralizzate. La cui diffusione è frenata innanzitutto dall’essere ostiche, come tutte le materie multidisciplinari e frequentate da un pubblico di addetti anche un po’ snob.
Mariano Carozzi, dopo aver lavorato presso Banca Sella, ha fondato Prestiamoci, prima piattaforma di P2P landing in Italia.