G20, le promesse e quei 3.300 miliardi di dollari alle fossili
Si è chiuso il G20 ambiente, clima e energia tenuto a Napoli. Il ministro Cingolani esulta, ma nessuno parla dei sussidi concessi alle fossili
Il G20 che si è tenuto giovedì 22 e venerdì 23 luglio a Napoli ha affrontato numerosi temi legati a clima e ambiente. L’impressione è, tuttavia, che manchi ancora una volta la concretezza. Sono state avanzate iniziative come workshop per le buone pratiche. O l’introduzione di un network per sostenere gli enti gestori di aree protette e territori di eccellenza e ad elevato valore naturalistico riconosciuti dall’Unesco.
Le critiche delle organizzazioni non governative
È stata quindi riconosciuta l’esistenza di un legame tra la perdita di biodiversità e il riscaldamento globale. E si è affermata la volontà, ma su base volontaria, di incrementare la quantità di risorse incanalate in un sistema di economia circolare. In tema di finanza sostenibile i governi hanno sottolineato che occorre «rafforzare gli investimenti nelle attività del capitale naturale. Promuovere sinergie tra i flussi finanziari destinati al clima, alla biodiversità e agli ecosistemi. E allineare gli investimenti verso lo sviluppo e la crescita sostenibili. In particolare, attraverso il lavoro su una roadmap pluriennale sulla finanza sostenibile portato avanti dal Sustainable Finance Working Group».
Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha commentato i risultati con grande soddisfazione. Un nutrito gruppo di organizzazioni non governative (tra le quali A Sud, Fridays for future, Urgenda, Campagna Giudizio Universale, Réseau Action Climat e Global Legal Action Network) hanno sottolineato invece che «i Paesi membri del G20 continuano a ritardare colpevolmente l’adozione di azioni climatiche significative».
Il comportamento «sconsiderato» dei governi del G20
Inoltre, «sedici dei membri del G20 hanno affrontato, o stanno attualmente affrontando, cause legali come risultato della loro inadeguata azione climatica. Parliamo di Argentina, Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia. E ancora di Giappone, Repubblica di Corea, Messico, Sud Africa, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea».
A ciò non può non essere aggiunto che un recente rapporto pubblicato da Bloomberg Nef e Bloomberg Philanthropies ha quantificato il totale di sussidi pubblici concessi dagli stessi governi del G20 al settore delle fonti fossili. A partire dal 2015, ovvero dall’anno dell’Accordo di Parigi, il totale è di 3.300 miliardi di dollari. Un atteggiamento definito “sconsiderato” dagli autori del rapporto. Finché alle parole non seguiranno i fatti non sarà possibile porre le basi affinché la battaglia climatica possa essere vinta.